Gli Usa si scoprono orfani di Fellini di Furio Colombo
Grande spazio nei giornali e in televisione, eppure lui non aveva mai corteggiato questo Paese Grande spazio nei giornali e in televisione, eppure lui non aveva mai corteggiato questo Paese Gli Usa si scoprono orfani di Fellini FNEW YORK ORSE soltanto Disney, come Fellini. Inizia così il saluto del Washington Post («Ciao Federico!»), con un tributo impensabile per un non americano che non ha mai corteggiato l'America. Il riferimento a Disney ci dà una misura di quel che gli americani vedono in Fellini: un personaggio che appartiene alla loro vita, alla loro immaginazione. Lo confermano i telegiornali, quelli locali, che di solito dovrebbero essere immersi nelle elezioni comunali e hanno dedicato a Fellini le notizie di apertura. Ma il grande test in America sono i tre telegiornali nazionali. Tutti e tre - Abc, Cbs e Nbc hanno dedicato a Fellini non solo la prima notizia, ma un montaggio delle scene più belle e più care dei suoi film e di sue frasi, da interviste lontane alla consegna del- l'ultimo Oscar, a Hollywood, lo scorso febbraio. Nessuna intervista, nessun servizio da Roma. Fellini, sembrava dire il modo in cui era presentata la notizia,, è nostro. Fellini non è cittadino americano. Ma gli americani hanno fatto sapere di sentirsi cittadini del mondo di Fellini. La sera dell'inaugurazione di «Tutto Fellini», al Film Forum (sessanta sere, tutto esaurito nel cinema d'essai più prestigioso di New York, organizzate da Cinecittà e dall'Istituto di Cultura) Spike Lee, di solito stizzito e irritato, ha parlato come uno che deve la sua vita di cinema a Fellini, un allievo affettuoso, un amico fedele. E ha fatto ciò che non fa mai: ha letto la lettera di Martin Scorsese, di un altro regista, di un italiano, di un bianco, lui che racconta solo storie di conflitto urbano. Ma è stato il New York Times a passare tutte le misure del tributo che tradizionalmente si deve a un grande. Il servizio dedicato a Fellini, sul giornale di lunedì, comincia in tre colonne al centro della prima pagina. Ma continua, e non ricordo che sia mai accaduto, occupando l'intera ultima pagina, dedicando a Fellini e ai suoi film quattro grandi fotografie, violando lo stile della sua impaginazione e la misura tradizionale delle sue illustrazioni. «Visionario, surreale, personale» dice il titolo. Per dire che è unico. Ma il giornale vi torna il giorno dopo, martedì, nella colonna degli editoriali. Il primo parla di elezioni, ma il secondo è dedicato a Fellini e anche questo non si ricorda: un editoriale dedicato al cinema, dedicato a un non americano. E anche in questa pagina si vede il fenomeno della estensione del territorio. Coloro che scrivono conoscono i sentimenti di coloro che leggono, e si ispirano a questa idea: Fellini è nostro, i confini fra lui e noi non si vedono. Si è detto spesso (anche a Venezia, durante il Festival nel grande consesso di autori convocato da Gillo Pontecorvo) che la cultura americana è prepotente e protezionista, che guarda da lontano, non sempre aperta al lavoro degli altri. Il nome di Fellini ha abbattuto la barriera. Non illudiamoci, non per sempre. Ma questa celebrazione è un segnale. Ci dice che un uomo di cinema ha fatto per l'Italia, con i suoi venti film, i suoi cinque Oscar e soprattutto la forza della sua ispirazione, del suo gesto creativo, delle sue immagini, ciò che decenni di promozioni di tutti i generi, di viaggi politici, di missioni di affari, di dispendiose iniziative, non hanno fatto. Il Paese America riconosce la grande forza di questo italiano di provincia e sembra dire: possibile che voi italiani non abbiate mai riflettuto sulla grandezza, sul patrimonio, sul valore internazionale del vostro cinema? Possibile che lo abbiate abbandonato come si abbandona un oggetto usato e passato di moda? Se dite qui - che Fellini non trovava più soldi per fare un film, in Italia, non vi credono. Furio Colombo Un addio così solo per Disney New York Times con pagine mai viste prima A sinistra Spike Lee, a destra Martin Scorsese
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