Wojtyla, una domanda lunga 15 anni

Grande eco in Polonia Nella Chiesa che marcia verso il Duemila il giudizio sugli uomini e la Storia Wojtyla, una domanda lunga 15 anni «E noi dove abbiamo deviato dal Vangelo?» CM ROMA m E' una risposta del Papa, la più breve, la più sbrigativa, l'ultima, nell'intervista di Jas Gawronski, che è forse quella maggiormente rivelatrice dell'uomo Wojtyla. E' una brevissima annotazione che riguarda lui personalmente, incastrata dentro un vasto panorama di riflessioni che toccano l'Europa, la guerra, il comunismo, il capitalismo. Chiede Gawronski: «Lei, Santo Padre, scrive un diario?». «No - risponde il Papa -, ho altro da pensare e da fare». Karol Wojtyla non è un intimista, non è uno che affida i propri pensieri a un diario, in un colloquio rituale e romantico con una pagina bianca. E, tuttavia, si sa, c'è il Karol Wojtyla poeta che riversa il suo animo in accenti lirici e mistici, che fa vivere nei versi le sue aspirazioni verso una città celeste e le sue nostalgie per la patria terrena. Ha descritto se stesso, rivolto a Dio, in una lirica: «Sono un viandante sullo stretto marciapiede della terra,/ e non distolgo il pensiero dal tuo volto,/ che il mondo non mi svela...». La Polonia, la patria, che affiora in qualità di forza e di ispirazione anche in questa intervista, è nel suo animo con un intenso ricordo e un sofferto rimembrare. C'è una sua poesia, intitolata «Il pino polacco», che egli ha dato al cardinale Glemp: parla di un albero, sradicato dalla sua terra, portato in dono in Vaticano. Quell'albero è come lui: lontano dal mare Baiti - co, dal fiume Vistola, dalla regale Cracovia. Wojtyla gli si rivolge: «Tu non sopporti né l'esilio né la nostalgia./Verranno le ondate dell'autunno e dell'inverno/ e tu cadrai senza vita/ e riposerai in questa terra straniera./ 0 albero valoroso, avrò io destino più felice?». Io non so quale differenza ci sia tra dire in un diario e dire in una poesia. Forse un diario è soltanto per sé, per chi è solo e vuole star solo; la poesia è anche per gli altri. «Le capita mai di sentirsi solo?», chiede Gawronski. «Veramente no», è la risposta secca del Papa. Chi lo conosce o lo osserva sa che c'è in lui una ricerca costante di compagnia, un desiderio di comunicare: avere un commensale a tavola; incamminarsi, fuori del protocollo, verso un interlocutore ai bordi della strada; sollevare in alto un bambino; fare una battuta con i giovani; andare a cercare i giornalisti nei viaggi in aereo. E c'è, sempre visibile, la ricerca costante di un'altra compagnia: è il proiettarsi, a volte improvvisamente, a volte con lungo desiderio, in una comunicazione con il soprannaturale. Mi è rimasto nella memoria un giorno dell'ultimo viaggio in Brasile. Era il 16 ottobre di due anni fa. Ricorrevano tredici anni dalla sua elezione al Pontificato. Si era nel Mato Grosso. Il sole picchiava inesorabile. La gente sveniva alla Messa del Papa. I pompieri versavano una pioggia d'acqua sulla massa dei fedeli. Giovanni Paolo II aveva il viso infuocato. Tutto il giorno aveva faticato in incontri e cerimonie. Aveva avuto un lungo colloquio con i capi degli indios, che denunciavano ingiustizie. I vescovi gli avevano fatto festa e presen- tato gli auguri per il suo anniversario di Pontificato. Quando, la sera tardi, disfatto dal caldo e dalla fatica, rientrò alla residenza vescovile, dove alloggiava, chiese che gli preparassero l'altare nella cappella. Voleva immergersi, lui solo con Dio, in una Messa di ringraziamento. E c'è un altro passo dell'intervista dove è percepibile questa proiezione interiore di Wojtyla verso un punto oltre l'orizzonte terreno. E' quando egli parla del Duemila. Per lui, la fine di questo secolo non è una data di interesse politico o sociale, non è un giorno di tremori o di preoccupazioni per il futuro. Il Duemila è una semplice data di trapasso, come lo è stato l'anno Mille, verso la fine del mondo. E' il normale fluire della storia verso la sua meta finale: Dio. «La Chiesa, il cristianesimo - spiega Wojtyla - ha la propria visione della fine del mondo, ha la sua escatologia molto chiara. In questa prospettiva l'anno Mille o l'anno Duemila è una data come qualsiasi altra». Ma dalla visione escatologica balza quello che, per il Vangelo, è un punto centrale della fine del mondo: il Giudizio sugli uomini e sulla storia. Ed ecco, allora, per Wojtyla, il Duemila diventa un'occasione per un giudizio su se stessi: «Alla fine di questo secondo millennio si deve fare un esame di coscienza: [...] dove noi abbiamo deviato dal Vangelo?». E' la domanda semplice, ma dura, che una volta ancora il Papa pone alla cristianità in questa intervista, dopo averla posta tante altre volte in quindici anni di Pontificato. Domenico Del Rio wm g Foto piccola: il cardinale Joseph Glemp Sotto il titolo: Papa Wojtyla

Luoghi citati: Brasile, Cracovia, Europa, Polonia, Roma