KAROL WOJTYLA E IL VITELLO D'ORO di Barbara Spinelli

KAROL WOJTYLA E IL VITELLO D'ORO KAROL WOJTYLA E IL VITELLO D'ORO NELLA intervista concessa ieri alla Stampa, Papa Giovanni Paolo II dice qual è la sua più grande preoccupazione, dopo la caduta del Muro: «Non adorate i falsi idoli - chiede alla Polonia, e a tutti i popoli che hanno vissuto sotto il giogo comunista -non adorate l'Occidente incondizionatamente, senza vederne i rischi mortali, i mali». E il Pontefice enumera i mali: il capitalismo selvaggio, l'ossessione consumistica, la svalutazione di tutti i valori; e l'egoismo, l'indifferenza al prossimo che possono crescere, come piante avvelenate, sul culto democratico dell'individuo. Non per questo siete usciti dalla cattività sembra ammonire il Papa -, non per adorare il vitello d'oro, e assimilarvi a questa Europa che non ha altro nella mente se non l'adorazione del vitello. E' molto duro il Pontefice con l'Europa e l'Occidente, e ambedue meritano questo giudizio severo. Cosa potrebbero dire d'altronde gli occidentali, a propria difesa: da due anni c'è una guerra in Europa - prima contro la Croazia, poi contro la Bosnia - e gli aggressori serbi hanno potuto agire indisturbati. Come può dare lezioni di civiltà e ritenersi vincente moralmente, un Occidente che ha negato sistematicamente, ai popoli aggrediti, quello che era un diritto fondamentale: il diritto di difendersi. Un diritto riconosciuto dalla Chiesa cristiana fin dai tempi di Sant'Agostino, rammenta il Papa. Un diritto che figura nella Carta delle Nazioni Unite, e che l'Onu ha deliberatamente violato, permettendo a Belgrado di monopolizzare l'esercito ex jugoslavo, e colpendo poi con lo stesso embargo i serbi superarmati, e i bosniaci disarmati. E che dire delle sofferenze che procura il passaggio dal comunismo al libero mercato, COMMENT Sull'intervista del Papa alla «Stampa», intervengono: Bobbio, Romiti, Occhetto e Martinazzoli Commenti di Guido Ceronetti e Domenico Del Rio INTERVISTE Parlano il filosofo Jean Guitton e MIE PA\ \ che dire del capitalismo quando degenera, diventa selvaggio, e non si cura di chi non ce la fa a correre come gli altri, di chi cade vittima ed è lasciato solo, senza protezione, ai margini della promessa prosperità. Anche qui il Pontefice dice i mali che l'Occidente tende a minimizzare, o addirittura ignorare. Soprattutto quando parla dei Paesi post-comunisti il Pontefice ha ragione: in nome di quali princìpi preferire il capitalismo al comunismo, se entrambi non riescono ad avere un volto umano? Leggendo l'intervista a Jas Gawronski non ho trovato purtroppo una risposta chiara a questa domanda: in nome di che, appunto? In nome di che tutti questi sforzi spesso fallimentari, e queste sofferenze e ingiustizie? Sento la voce profetica del Pontefice - non uscirete dalla cattività senza conversione interiore, non basta il crollo del comunismo perché la democrazia e l'Occidente vincano moralmente - ma non riesco a intendere la voce del profeta-legislatore, la voce di Mose, nell'esodo dal comunismo che viviamo. Anche Mose diceva al popolo dell'esodo: non adorate il vitello d'oro, e sempre doveva rispiegare il motivo della fuga, il perché di tante tribolazioni e di tanto deserto: non dimenticate la cattività - così ripeteva continuamente -, non dimenticate le prigioni d'Egitto. Questo era il suo argomento più forte, nei momenti di massima crisi spirituale di Israele, e il popolo ascoltava e si pentiva. Il ricordo del male vissuto in Egitto: a questa certezza negativa Israele s'aggrappava, assai più che alla certezza positiva della terra promessa. Tanto lontana appariva a volte la terra, e incerta e contestabile. Una sola cosa restava incontestabile ed era questa: non si voleva tor- Barbara Spinelli CONTINUA A PAG. 2 PRIMA COLONNA I E REAZIONI e il biografo di Wojtyla André Frossard PAGINE 4 e 5

Luoghi citati: Belgrado, Croazia, Egitto, Europa, Israele, Polonia