Processione del dolore a casa Fellini

Roma, folla di vip e gente comune al Policlinico e in via Margutta, assediata dai fotografi Roma, folla di vip e gente comune al Policlinico e in via Margutta, assediata dai fotografi Processione del dolore a casa Fellini La Masina non esce: «Ma domani voglio rivederlo» ROMA. Giulietta Masina ha vissuto il suo dolore in «stato d'assedio». L'occhio delle telecamere e i fotografi, infatti, per tutta la giornata sono rimasti fissi sul portone del palazzo di via Margutta, dove al quarto piano vive l'attrice. Ma giornalisti, fotografi e curiosi non hanno portuto scrutare negli occhi di «Gelsomina» lo strazio per la perdita del suo compagno. La Masina non si è fatta vedere. Le imposte delle finestre sono rimaste chiuse a nascondere il grande vuoto che ha invaso la sua vita. Seduta sui divani di velluto del salotto fine Ottocento, l'attrice trova conforto dalle parole degli amici più cari, dei nipoti, della sorella Maria Luisa, e della governante Mariolona. Ieri a farle visita è andata anche la poetessa Maria Luisa Spaziane che ha ricordato una delle ultime conversazioni avute con il Maestro. In particolare, ha citato una frase: «Non dirlo a nessuno ma io sono un vecchio pagliaccio sfiatato». «Ditemi ha commentato la Spaziani quale dei nostri contemporanei avrebbe detto una cosa del genere. Sapeva benissimo di essere il migliore di tutti». Giulietta Masina è molto forte. Parla del marito come se ci fosse ancora e si preoccupa di tutto. Ha scelto le musiche che accompagneranno, oggi, a Cinecittà, l'addio degli amici e della gente comune al regista. Ha preparato anche il vestito che Fellini indosserà nella sua ultima scena terrena. E' lo stesso, quello scuro, che il regista portava il 29 marzo di quest'anno, quando a Los Angeles ha ritirato il premio Oscar alla carriera. La Masina, inoltre, intende andare a visitare oggi la camera ardente allestita a Cinecittà. «Ci ha detto che vuole essere presente», hanno raccontato Nino Za e la moglie Germana, da anni amici dei Fellini, che ieri sono saliti nell'alloggio di via Margutta intorno alle 16,30. «Non si fermerà molto - hanno aggiunto perché non si sente in grado di sopportare la calca. Giulietta sa che la gente vuole bene a lei e a Federico, ma dice che in certe occasioni questo affetto può essere faticoso da sopportare». Il campanello del telefono nell'appartamento di via Margutta squilla in continuazione. Il portiere fa su e giù per consegnare fiori, telegrammi, biglietti, lettere. Tutte testimonianze di affetto per Federico. Giù, in strada, regna la confusione. C'è tanta gente che vorrebbe vedere Giulietta Masina. Ci sono anche due comparse di Cinecittà. Una ragazza, piccola piccola, Rossella, veste un «chiodo» nero e ricorda piangendo la sua breve apparizione nell'ultimo film del regista «La voce della Luna», di tre anni fa. Vicino c'è Giuseppina. Adesso la sua casa è la strada - «barbona», la apostrofa qualcuno -, ma un tempo ha vissuto la ma¬ gia della fantasia felliniana. «Ero una delle donne velate ne "Le notti di Cabiria"», racconta commossa la donna. Pochi i volti famosi che si sono affacciati a via Margutta. Hanno preferito non aumentare, con la loro presenza, la curiosità invadente dei cronisti. Un'eccezione l'ha fatta il regista Ugo Gregoretti, arrivato nel palazzo di via Margutta per lasciare una lettera a Giulietta. Senza riuscirvi. «Mi legava a Fellini un'amicizia idealizzata ed epistolare», ha raccontato Gregoretti. «Ogni volta che vedevo un suo film io gli scrivevo e lui mi rispondeva. Un giorno mi scrisse: "Forse è meglio che non ci frequentiamo perché rischieremmo di deluderci"». Ieri la salma di Federico Fellini è rimasta fino alla mezzanotte al Policlinico. E anche qui un pellegrinaggio continuo di gente ha voluto rendere omaggio al regista. Qualche autorità, - fra cui il prefetto della città, Sergio Vitiello - e molta gente comune. Sono venuti da tutte le parti di Roma. E molti sono arrabbiati con i giornalisti. «Siete spietati. Perché non avete aspettato che Giulietta Masina sapesse prima di "sparare" in televisione lanotizia della morte di Fellini?», chiedono. La stessa domanda che circola fra i capannelli di reporter in cerca di notizie. Un perché amaro, cui il medico di fiducia di Fellini, il professor Gianfranco Turchetti - «svuotato, spremuto, mutilato» dalla perdita del paziente amico - dà una risposta. «Volevo che Giulietta venisse informata dal nipote medico. Ma non l'ho trovato e prima che riuscissi io stesso a mettermi in contatto con lei era partita l'edizione speciale del telegiornale. La tv ha fatto prima del telefono, anche perché ha saputo la notizia con anticipo rispetto all'ufficialità». Tra la folla al Policlinico c'era anche Gigi Proietti. Ha chiesto di poter dare l'ultimo saluto Fellini, ma neppure a lui è stato concesso. «E' morta una persona giovane», ha detto Proietti. «Avrebbe avuto molte altre cose da dire. Mi sembra ingiusto che debbano morire sempre i migliori». Mario Segni, insieme alla moglie Vicki, ha sostato nel cortile davanti alla camera mortuaria in un attimo di raccoglimento: «Sono venuto a rendere omaggio ad una grande figura». «Ci siamo conosciuti ha raccontato l'uomo politico solo qualche mese, ma nei miei confronti si era dimostrato molto affettuoso». Un fuori programma - quasi una scena felliniana - ha visto protagonista «Cavallo pazzo», al secolo Mario Appignani. «Fatemelo vedere, fatemelo vedere», urlava Appignani in pigiama e con una elegante giacca da camera mentre veniva caricato di forza su una autoambulanza. Maria Corbi La gente accusa i giornalisti «Perché avete dato la notizia prima che la sapesse la moglie?» ,...PA <*0AW?o £ ARRIVALO I » V /ani iiv\ *f">^Jp£(,LO- -*1 La vignetta di «Le Monde» e Maria Luisa Masina, sorella di Giulietta

Luoghi citati: Los Angeles, Roma