«Prima il carcere poi l'interrogatorio» di Francesco Grignetti

L'Ingegnere dovrebbe rientrare in Italia e presentarsi ai giudici. I legali: parlerà dei ricatti L'Ingegnere dovrebbe rientrare in Italia e presentarsi ai giudici. I legali: parlerà dei ricatti «Prima il carcere poi l'interrogatorio» Cordova: De Benedetti si consegni ROMA. Finalmente arriva la giornata della verità per Carlo De Benedetti. Riaprono gli uffici giudiziari, dopo il lungo ponte di Ognissanti. E oggi l'Ingegnere dovrebbe essere a Roma. Il patron dell'Olivetti lascerà quindi la villa sulla Costa Azzurra, che è stato il suo rifugio in questi giorni, per affrontare l'interrogatorio con i giudici di Roma che lo accusano di corruzione. Ancora una volta, ieri, la Cir ha ribadito che l'Ingegnere è pronto. E gli avvocati hanno invocato un rispetto «deontologico» per il loro assistito, che ha dimostrato davanti al pool di Milano di collaborare lealmente con la magistratura. Carlo De Benedetti spiegherà ancora una volta, insomma, di essere stato vittima di un ricatto. Di aver pagato dieci miliardi di tangente al «racket» delle Poste pena l'esclusione da ogni appalto. Ma la sua sarà una strada tutta in salita. Il pm Maria Cordova, infatti, come anche il gip Augusta Iannini, sono convinte che si tratta di corruzione. E qui nasce la questione centrale: a Carlo De Benedetti si addebitano i soliti fatti, già ben conosciuti, o ci sono elementi nuovi? Non è un interrogativo da poco, perché l'Ingegnere secondo i giudici milanesi era una vittima. Viceversa, secondo i romani, è un colpevole. Il procuratore capo, Vittorio Mele, intanto ha ripetuto di condividere l'accusa. Ha smentito anche ogni incrinatura nei rapporti interni. «La procedura è stata corretta». E per quanto riguarda il ritardo nelle informazioni, ha detto: «E' una solenne sciocchezza che il Procuratore debba conoscere ogni cosa. Ciò doveva accadere con il vecchio codice, non con il nuovo. Le cose sono cambiate. Il Procuratore non è più l'unico titolare dell'azione penale, lo sono anche tutti i sostituti titolari di indagine. Quando hanno rispettato la circolare interna, che dice di riferire all'aggiunto, o al capo se lo ritengono, io debbo concludere che tutto è stato regolare». Ed ecco che gli ambienti della Procura di Roma, indispettiti dalle polemiche di questi giorni, sottolineano alcuni aspetti del mandato di cattura. A prova dell'attitudine «corruttrice» dell'Olivetti, portano ad esempio la questione dei registratori di cassa. Alcuni funzionari hanno ammesso di aver elargito tangenti a diversi esponenti socialisti e democristiani «prima per l'appoggio, poi in riconoscimento dell'appoggio prestato». Quale appoggio? Facile: tra l'altro, la legge che ha reso obbligatoria l'adozione dei registratori di cassa. Poi la questione dei costi per le forniture alle Poste. «Prezzi notevolmente superiori - scrivono i giudici - a quelli praticati ad altri uffici pubblici e in particolare al Provveditorato generale dello Stato». Insomma, secondo la Procura, le tangenti servivano non tanto a sbloccare delle commesse ferme dall'avidità dei politici, quanto a gonfiare prezzi e quantità negli acquisti. Risultato, sempre secondo l'accusa: «La società Olivetti trasse dagli illeciti rapporti con Parrella e Catapano guadagni enormi e inequivocabilmente non dovuti». La situazione di stallo in questa inchiesta preoccupa non poco imprenditori, sindacati, operai e investitori. L'idea che Carlo De Benedetti debba finire in una cella spaventa il segretario della Fiom-Cgil di Ivrea, Giancarlo Moia: «L'Olivetti - sostiene - rischia di seguire le sorti di De Benedetti, con ripercussioni gravi per l'occupazione». E c'è la Borsa. Ieri c'è stata la difficile prova di Londra. Oggi si aspetta con il fiato sospeso la contrattazione a Milano. Ecco perché gli ambienti vicini all'Ingegnere premono per una «rapidissima» definizione della vicenda. Tanto più che Carlo De Benedetti riteneva di aver chiuso la questione con il suo famoso memoriale, con il quale si assumeva la responsabilità di ogni atto illecito commeso dai suoi dirigenti. Allo stesso tempo aveva rivelato fatti ancora sconosciuti ai giudici. E qui collegano una questione di coerenza: finora gli imprenditori hanno collaborato perché c'erano alcune garanzie. Se cadono le certezze, potrebbero chiudersi le bocche. Francesco Grignetti Secondo la Procura le tangenti sarebbero servite a gonfiare prezzi e quantità negli acquisti dello Stato L«C Da sinistra: il giudice per le indagini preliminari Augusta Iannini e l'ingegner Carlo De Benedetti

Luoghi citati: Ingegnere, Italia, Ivrea, Londra, Milano, Roma