Ore 12, il cuore di Fellini si ferma di Maria Corbi

Anche il presidente Scalfaro alla camera mortuaria per rendere omaggio al regista Anche il presidente Scalfaro alla camera mortuaria per rendere omaggio al regista Ore 12, il cuore di Fellini si fermo La lunga discesa verso il buio ROMA. Federico Fellini è morto. Ha lottato per due settimane tentando, come faceva sempre per i suoi film, di modificare la sceneggiatura della sua fine. E in parte c'è riuscito arrivando, contro tutte le previsioni, alla data del suo cinquantesimo anniversario di matrimonio con Giulietta, sabato scorso. Poi, ieri, ha detto addio. Erano da poco passate le undici quando il fischio della macchina che lo teneva in vita ha avvertito gli infermieri che la situazione stava precipitando. Maurizio Bufi, aiuto del reparto di rianimazione è subito tornato al reparto. Ma ormai non c'era più nulla da fare. A mezzogiorno un arresto cardiocircolatorio ha messo fine al lungo calvario del regista. Il primo ad accorrere al policlinico è stato Gianfranco Turchetti, il medico di fiducia e amico di Fellini. Poi, disperati, sono arrivati gli amici più cari. Gli angeli custodi che hanno vegliato la lunga discesa verso il buio di Fellini. Pietro Notarianni, Roberto Mannoni, Marco Sperduti, Maurizio Mein non hanno mai abbandonato il loro amico e compagno di set. «Non ti preoccupare te lo proteggiamo noi», diceva Notarianni alla Masina che al telefono voleva continuamente notizie. Ma l'ultima notizia, la più amara, l'attrice la ha saputa seccamente dalla televisione. Fellini è stato portato, subito dopo il decesso, alla morgue del Policlinico protetta da un cordone di polizia. Là in una sala spo. glia il corpo di Federico Fellini dovrà rimanere per ventiquattro ore, il tempo degli accertamenti medico legali. Ma senza autopsia. Così ha chiesto Giulietta Masina e così probabilmente sarà fatto visto che - hanno spiegato i medici della rianimazione - sulla malattia di Fellini «non esistono quesiti clinici sostanziali». Molte le visite alla camera mortuaria. Ma pochi hanno avuto il permesso di vedere il maestro. Vittorio Taviani è arrivato, commosso, nel pomeriggio. «Io Federico Fellini non lo voglio pensare morto», ha detto. «Lo immagino vivo e vestito di bianco che cammina su una passerella inondata di luce». Proprio come facevano i parenti redivivi nell'ultima scena del film «Otto e mezzo». Davanti alla morgue anche Paolo Villaggio che ha lavorato con Fellini nel film «La voce della luna». «Ricordare il maestro ha dichiarato con voce rotta dall'emozione - in un minuto è impossibile. Mi riempie di gioia, però, che gli italiani, in genere descritti come un popolo ''i cinici, questa volta avvertono che è morto uno dei grandi italiani del secolo. E' come se i fiorentini si accorgessero che che non c'è più il campanile di Giotto». Il presidente della Repubblica Scalfaro ha voluto essere presente. Una visita breve, il tempo di una preghiera, densa di commozione. All'uscita dalla camera mortuaria Scalfaro - accompa- gnato dal rettore dell'Università La Sapienza, Giorgio Tecce aveva le lacrime agli occhi. Domani la salma di Federico Fellini sarà esposta per tutta la giornata nel teatro cinque di Cinecittà. Uno dei posti in cui il regista è stato più felice. E per questo Giulietta Masina, la sua compagna di una vita, vuole riportarcelo per l'ultima volta. Ad accogliere il maestro ci sarà una delle scenografia del film «L'intevista». Un enorme cielo azzurro e una grande foto dove Fellini appare di spalle con il cappotto e la solita sciarpa, illuminato da una lama di luce. «Solo nel capannone del teatro cinque - disse una volta Fellini posso riprodurre il mondo dove qualunque rischio io affronti trovo sempre a proteggermi dai precipizi delle cadute la grande rete delle mie radici, dei miei ricordi, delle mie abitudini, la mia casa, insomma, il mio laboratorio». I funerali di Fellini verranno celebrati mercoledì alle 11 dal cardinale Silvestrini nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Poi il regista verrà portato a Rimini dove c'è la tomba di famiglia. Quello di Federico Fellini è stato un lungo addio alla vita. I medici da subito, da quando il 16 ottobre il regista è entrato in coma, avevano lasciato poche speranze. I danni al cervello erano troppo gravi e il fisico non avrebbe retto a lungo. Al momento del ricovero in rianimazione ci si aspettava la fine del regista in poche ore, al massimo qualche giorno. E invece il tempo si è moltiplicato. «Federico è sempre stato un gran lottatore», diceva il medico personale del regista Gianfranco Turchetti per spiegare quello che per tutti, anche "per i medici era incomprensibile. Un'incredibile resistenza che la scorsa settimana ha portato addirittura a un accenno di miglioramento. Sabato 23 un'operazione, la tracheostomia, aveva permesso a Fellini di respirare meglio, anche se sempre aiutato. «Non ci aspettavamo segni di tanta vitalità. Siamo su un crinale su cui tutto può accadere», spiegava il direttore del dipartimento di neurologia del policlinico Cesare Fieschi. Ma il miracolo non c'è stato e dal crinale è iniziata la discesa. Lunedì scorso per la prima volta il bollettino ha parlato di peggioramento. Un' infezione che ha colpito reni e polmoni è stato il primo segnale della fine. Giovedì poi, l'elettroencefalogramma di Fellini è risultato piatto. Solo una leggera capacità respiratoria separava oramai il regista dalla morte clinica. La febbre ha accelerato la fine. E il lungo calvario di Fellini ha fatto insorgere chi combatte l'accanimento terapeutico. Un punto, questo, su cui i medici che curano il regista sono stati molto chiari da sempre: non spettava a loro «staccare la spina». Maria Corbi Domani la salma sarà esposta a Cinecittà con la scenografia dell'«Intervista» Il presidente Scalfaro e il rettore dell'Università di Roma, Tecce, si recano alla camera ardente. A destra, il regista, premiato con l'Oscar alla carriera

Luoghi citati: Rimini, Roma