C'è ma non si vede La materia oscura del cosmo

C'è ma non si vede C'è ma non si vede La materia oscura del cosmo GLI astronomi misurano la quantità di materia luminosa che esiste sia nelle galassie sia nell'intero universo. Ma la materia luminosa non può essere la sola materia esistente: molte osservazioni sul moto della materia luminosa indicano che la quantità complessiva di materia che esiste nelle galassie e nell'univeso è ben maggiore: fino a 10 volte di più nella nostra galassia e forse fino a 100 volte nell'universo intero. E' un problema appassionante sia per la cosmologia sia per la fisica delle particelle: esiste materia oscura in misura da 10 a 100 volte la materia visibile. La quantità totale di materia determina il tipo di grandi strutture che si sono formate nell'universo (galassie, ammassi di galassie), il loro moto e la loro evoluzione; inoltre, la relatività generale ci dice che la sorte dell'universo (fine nel freddo o nel caldo?) dipende dalla quantità di materia che vi è contenuta; e benché sia lontano, il nostro destino finale ci appassiona. Il punto di separazione tra i due destini si situa proprio intorno a 100 volte la massa visibile. Può la materia oscura essere composta dallo stesso tipo di materia ordinaria (barionica) che forma le cose che vediamo intorno a noi, la materia visibile? C'è un limite: la materia oscura di tipo barionico non può essere più di 10 volte quella visibile. Questo si ricava dalla teoria della formazione dei nuclei nell'universo primitivo: se la materia barionica fosse stata più abbondante, oggi l'universo sarebbe diverso. Per quanto riguarda la nostra galassia, la materia ordinaria potrebbe costituire gran parte della materia non visibile ed essere distribuita in un alone sferico (di raggio di circa centomila anni luce) intorno alla galassia stessa. Ma sotto quale forma di aggregazione? Non certo come stelle normali, o polvere o gas, che possono essere osservati. La materia oscura galattica potrebbe invece essere costituita da oggetti massicci compatti, detti Machos (massive compact halo objects). Rientrano in questa categoria i grossi buchi neri, le stelle già combuste e le stelle mancate, non accese perché la loro massa non è sufficiente a innescare la combustione nucleare. In questo ultimo caso si tratterebbe di quasi-stelle poco o niente luminose e di corpi simili ai pianeti; la massa sarebbe inferiore a 1/10 della massa del Sole. Come osservarli, dal momento che non emettono luce? Qualche anno fa un astronomo di Princeton, Bohdan Paczynski, ha proposto di utilizzare il principio della lente gravitazionale. Questo è appunto il metodo che è stato seguito da due gruppi sperimentali, uno francese e uno americano-australiano, i quali hanno riferito a un congresso tenuto recentemente al Laboratorio del Gran Sasso dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di avere trovato finora tre possibili corpi oscuri nell'alone della nostra galassia. Se i risultati saranno confermati potremmo aver scoperto la natura di buona parte della materia oscura galattica. Vediamo come. Il principio: un raggio luminoso che passa in prossimità di un corpo pesante si incurva verso di esso per effetto gravitazionale. E' una nota conseguenza della teoria della relatività generale di Einstein. La scena. Teniamo sotto osservazione alcuni milioni di stelle della galassia più vicina, la Grande Nube di Magellano (Gnm), distante circa 160.000 anni luce. Supponiamo che tra una di queste stelle e l'osservatorio terrestre passi un corpo oscuro che si trova nell'alone della nostra galassia. L'effetto. Al passaggio, il corpo oscuro agisce da lente gravitazionale. Per via delle distanze in gioco l'effetto consiste in un graduale aumente della luminosità apparente della stella nella Gnm, seguito dal ritorno alla normalità quando il corpo intermedio esce daU'allineamento stella-osservatore. Proprietà caratteristiche di questa variazione transitoria della luminosità sono la simmetria tra aumento e diminuzione dell'intensità della luce osservata e la sua acromaticità. Quanto alla durata del fenomeno, dipende dalla massa del corpo oscuro che si interpone. Si va da circa tre ore per un corpo come la Terra fino a 70 giorni per un corpo di massa pari a quella del Sole. Osservazioni. Il gruppo francese (dopo aver analizzato la luminosità di 3 milioni di stelle della Gnm in tre anni) ha riferito di aver visto due eventi di aumento di luminosità che non sembra possano essere causati da fenomeni noti; il gruppo americano-australiano ha un caso su 1,8 milioni di stelle osservate per un anno. La durata dell'aumento di luminosità per i tre casi osservati è intorno a 2634 giorni, il che fa pensare a corpi intorno a 0,1 masse solari. Questi risultati sono considerati preliminari perché i fenomeni in questione anziché a un effetto di lente gravitazionale potrebbero essere dovuti ad aumenti di luminosità intrinseca delle stelle osservate. Una conferma dell'esistenza dei Machos nell'alone galattico potrà venire dal proseguimento dell'analisi. Il gruppo francese deve ancora esaminare le foto di quasi 5 milioni di stelle; il gruppo americano-australiano ne ha ancora 10 milioni e continuerà l'osservazione fino al 1996. Se i dati troveranno conferma, la conclusione sarà che per la prima volta è stata osservata materia oscura galattica sotto forma di Machos, cioè, come si è detto, di corpi oscuri aggregati di materia barionica ordinaria. Potremmo così dire di avere risolto il problema della materia oscura nell'universo? Sembra proprio di no. Le osservazioni a scale maggiori di quelle della singola galassia indicano che la quantità di materia oscura globale è ben maggio¬ re di 10 volte la materia visibile, e quindi la materia barionica non può da sola costituire la materia oscura dell'universo. Inoltre la cosmologia teorica, per spiegare la durata e le caratteristiche dell'universo, suggerisce che la materia oscura complessiva sia addirittura dell'ordine di 100 volte quella visibile. Se c'è tanta materia oscura, i Machos, anche se presenti nella quantità forse osservata attualmente, non bastano certo. Su questo tema la fisica delle particelle ha la sua da dire: le teorie attuali prevedono la possibilità di particelle non ancora osservate e di caratteristiche nuove, e di particelle già note (i neutrini). Ne segue che il cosmo potrebbe essere pieno di particelle la cui massa globale sarebbe anche 100 volte la massa visibile nell'universo. Queste particelle sarebbero un residuo (un fossile) di un tempo assai prossimo al Big Bang, la grande esplosione da cui tutto sarebbe originato. La possibilità della loro osservazione è legata anche ad esperimenti in corso presso il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso. Avere conferma dell'esistenza di queste particelle fossili sarebbe di grandissimo interesse sia per la cosmologia sia per la fisica fondamentale. C'è spazio (e tempo) per imparare dal cosmo quali particelle costituiscono la maggior parte del suo (oscuro) contenuto. Alessandro Bottino Vittorio de Alfaro Università di Torino

Persone citate: Alessandro Bottino Vittorio, Alfaro, Bohdan Paczynski, Einstein

Luoghi citati: Torino