AUSCHWITZ

AUSCHWITZ AUSCHWITZ Io e Primo Levi sorrideva con bontà. Una volta mi raccontò che in Italia aveva studiato chimica, ma in pratica non parlavamo mai di argomenti intimi. Era impossibile, in quel contesto. Innanzitutto perché dopo il lavoro, dopo l'appello - che poteva anche durare più di un'ora - dopo aver ricevuto la minestra, cadevamo stremati sui nostri pagliericci e piombavamo subito nel sonno. Mi ricordo anche che Primo Levi ammirava il modo in cui ogni mattina facevo il "letto". Per me era facile, perché la Legione era stata una buona scuola. Sistemare bene il pagliericcio e la coperta, entrambi disgustosi, era molto importante ad Auschwitz. Non riuscire a farne un perfetto parallelepipedo poteva attirare sevizie fisiche che potevano portare alla morte. Era raro trovare la stessa persona sulla cuccetta per diversi giorni, e addirittura per settimane. Le persone apparivano e sparivano subito senza che neppure se ne conoscesse il nome. Ha 87 anni, vive a Parigi faceva il sarto a Varsavia: «Non credevo che ce l'avesse fatta» (malato, destinato a soccombere rapidamente, ndr) e per la malnutrizione mi ero preso una foruncolosi. A Krankenbau, il professor Georges Wcllers mi procurò una pomata allo zolfo, il Kapo mi lasciava fare una doccia calda tutte le sere e così i foruncoli maturarono, si aprirono e guarirono. Poi ho avuto la fortuna di essere nominato dal nostro capo-baracca "sarto della baracca" e grazie ai miei lavori di cucito, per lui e per gli ariani che ricevevano i pacchi, guadagnavo un litro al giorno di zuppa supplementare e il mercoledì doppia razione di pane. di paia di occhiali. Mi aveva in simpatia - se così possiamo dire - perché ero allo, forte e cucivo per lui. Alcuni occhiali li aveva rubati mentre i prigionieri si lavavano, altri erano appartenuti a compagni selezionati pei la camera a gas. Li passai in rassegna e ne scelsi alcuni con le lenti spesse che potevano andare bene per Primo Levi, che io chiamavo "Il pensatore di Rodin" perché spesso, la sera, si metteva a pensare, con la test a appoggiata sulla mano. Effettivamente, in iiuel tesoro, ho trovato un paio di occhiali che gli è servito moltissimo, anche si! non era esattamente adatto ai suoi occhi. «Primo Levi non è arrivato sul mio giaciglio per caso. 1 grandi venivano sempre sistemati con i piccoli, perché non c era abbastanza spazio per due grandi insieme. Ho subito capilo che non era un uomo come gli altri. Quando mi parlava, non sarebbe sopravvissuto a lungo in un Komando così duro. Era piccolo e magro e non riusciva neppure a sollevare le traversine dei binari del treno del nostro cantiere, che non pesavano meno di cinquanta chili. Occorreva che qualcuno di noi lo aiutasse e io l'ho fatto. Altri lo avrebbero mandato via perché era troppo piccolo, ma poiché era questione di vita o di morte, io gli posavo meglio che potevo la traversina sulla spalla e portavo quasi tutto il peso. Ma anche così ora una prova dura per lui. Una volta, chinandosi per prendere una di quelle terribili traversine, die servivano per far rotolare un cilindro di ghisa appena scaricato da un vagone e pesante parecchie tonnellate, perse gli occhiali. Era una catastrofe, non vedeva più niente Allora la sera sono andato a trovare il Kapo polacco che sorvegliava le docce, perché sapevo che possedeva una cinquantina «Quando perse gli occhiali» «Vidi il libro e allora capii...» «Gli ariani, quando riparavo i loro indumenti, mi davano anche cibo, che qualche volta ho potuto dividere con i compagni, come Primo Levi. «Il contatto fra di noi ò stato immediato perché parlava francese. Anzi, lo parlava cento volte meglio di me. Era molto riservato, timido e gentile. In un contesto così violento, attirava la simpatia e mi ricordo che nella baracca lo amavano tutti. Ho subito notato la sua fragilità fiI sica e sapevo che, senza aiuto, «Per la verità, non ci facevamo gran caso. Erano malati, erano stati selezionati per la camera a gas, o trasferiti a un'altra baracca, a un altro Komando. Fatto raro, per tutto il tempo che ho passato a Buna-Monowitz, sono stato nella stessa baracca e nello stesso Komando, perché il "Vorarbeiter" (detenuto-capo, ndr) e gli ariani avevano bisogno di me come sarto. Primo Levi è rimasto nella Baracca 30 con me fin quando non ha passato l'esame

Luoghi citati: Auschwitz, Italia, Krankenbau, Parigi, Varsavia