Blitz nella prigione segreta di Palla di Neve di Emilio Nessi

Blitz nella prigione segreta di Palla di Neve Blitz nella prigione segreta di Palla di Neve Ha ottenuto la libertà dai russi, ma il suo amico Egor resta in cella ntananza si vedono sottomarini ero nel delfinario di Kazachi Bay stato disposto il suo trasferimento nel delfinario di Kazachi Bay a Sebastopoli. Decisi allora che dovevo far di tutto per ottenere un visto per Sebastopoli. Ma nonostante il mio impegno fosse concentrato su questo preciso obiettivo nessun consolato, nessuna ambasciata po¬ teva rilasciarmi lo speciale permesso per entrare nella piazzaforte e base della Marina da guerra ru?~a. Eppure un modo doveva esserci. A Yalta, con l'aiuto di alcuni amici, studiamo a tavolino un «piano operativo». Se alla frontiera dovessero sorgere problemi, Alexei mi mostra sulla cartina un sentiero poco conosciuto che, attraverso la montagna, in tre ore di cammino dovrebbe consentirci di entrare in città. Tutta l'operazione è comunque rischiosa: non oso pensare cosa mi sarebbe accaduto se fossi stato scoperto. Ma il desiderio di rivedere e abbracciare il piccolo Egor è troppo forte. Percorro con i miei accompagnatori i 90 chilometri che mi separano da Sebastopoli con il cuore in gola. Ricevo le ultime raccomandazioni: non devo parlare. Valodi prepara con cura i quattro passaporti facendo attenzione a mettere per ultimo il mio. Al posto di blocco i tre rappresentanti delle varie armi controllano la vettura e i passaporti. Primo, se¬ condo, terzo... poi, all'improvviso, mentre trattengo il fiato, ecco spuntare un gmppo di ciclisti impegnati in allenamento. Tutti si distraggono, anche il poliziotto che restituisce i documenti ordinando al collega di alzare la sbarra. Siamo a Sebastopoli. Mentre ci dirigiamo verso il delfinario osservo questo luogo così misterioso: nascosti da alti sbarramenti, ecco i primi campi militari, le torrette, i mezzi corrazzati e cingolati abilmente mimetizzati. E poi impianti radar, piste di decollo e bunker sotterranei. Quindi, navi da guerra e sottomarini. Davanti a noi, finalmente, il triste delfinario, separato dal mare da un alto muro in cemento armato e da spesse reti metalliche. Decine di cellette di pochi metri quadrati allineate l'ima accanto all'altra aspettano i nuovi «ospiti» che lontano da occhi indiscreti faranno il loro ingresso fra pochi giorni. Ma in mezzo a tutto questo grigiore, ecco apparire all'improvviso Egor: pim¬ pante e simpatico. Sul suo corpo, a ricordo delle terribili ferite, solo lunghe cicatrici. La sua allenatrice russa gli sta accanto: sta forse preparando un nuovo esercizio per la prossima stagione? Il prof. Mukhametov mi conferma che da un paio di mesi il beluga è seguito da un team di scienziati per una nuova ricerca. Il progetto consiste nell'insegnare a Egor ad uscire in mare aperto e ubbidire a precisi comandi impartiti sott'acqua con speciali apparecchiature ad ultrasuoni. Fra un paio di mesi una speciale commissione deciderà il suo futuro. Sarà portato in un nuovo delfinario di Mosca o rimarrà per sempre nella base di Sebastopoli? Tutto ciò ci rattrista, ma noi saremo sempre presenti perché il suo domani (come quello di Palla di Neve) sarà anche il nostro. Tutti noi faremo il possibile e l'impossibile perché la parola «libertà» non sia solo per lui un sogno. Emilio Nessi

Luoghi citati: Mosca, Sebastopoli, Yalta