La nostra arte cade a pezzi: facciamone case per gli sfrattati di Igor Man

La nostra arte cade a pezzi: facciamone case per gli s; AL GIORNALE La nostra arte cade a pezzi: facciamone case per gli s; Siamo accecati da troppi tesori Leggendo su La Stampa del 12 ottobre l'articolo di Federico Zeri non mi sono affatto meravigliata o scandalizzata. Vivo in quest'Italia da «appena» vent'anni, eppure mi sono ben resa conto quanto questo Paese sia incapace di mantenere in vita il suo patrimonio artistico. Sono convinta che ciò sia dovuto al fatto che noi italiani siamo talmente immersi nell'arte da non rendercene nemmeno conto. I nostri occhi ne sono viziati mentre la nostra mente ne è stata offuscata ed ora fatica a comprendere che se non ci preoccupiamo di curare le bellezze che ci circondano rimpiangeremo di non averlo fatto. Io in particolare mi sento molto coinvolta in questo problema perché vivo in una città che reputo in tutto il suo insieme un monumento meraviglioso e unico: Venezia. Questa capitale artistica che ha suscitato e suscita tuttora un mare di polemiche e controversie, continua ad essere vittima dell'ignoranza. Scritte sui muri, sui monumenti; musei trascurati o chiusi; chiese abbandonate a se stesse, senza nessuno che le controlli e le curi. Moltissimi palazzi sono lasciati nell'incuria totale, hanno intonaci decadenti e fondamenta instabili; un loro restauro sarebbe invece utile non solo per tutti i cittadini sfrattati dalle loro case e mandati in un albergo aspettando che il Comune metta a disposizione nuovi domicili, ma anche per ridare una luce di splendore a quella che un tempo era la Repubblica più potente di tutti i mari. Da circa una settimana sono tornata da Londra. L'avevo già visitata 5 anni fa, ma questa volta l'ho osservata da un punto di vista più adulto e critico, notando pregi e difetti. La cosa che mi ha colpito maggiormente è stato proprio il fatto di trovare monumenti e musei ottimamen- te mantenuti e attrezzati, in alcun modo deturpati da atti di vandalismo. Io turista mi sono sentita lusingata da tale rispetto, ma io veneziana e italiana ho provato un senso di sdegno e fastidio pensando a come nel mio Paese si sciupava tanta bellezza. Ursula Zancarlin, Venezia Enrico Ameri e il fascismo Ho letto con molto dispiacere l'articolo pubblicato il 16/10/93 a pagina 2 su Enrico Ameri «Io fascista...». Il contenuto mi sembra molto vicino all'apologia fascista, mi sento personalmente offeso del fatto che vi sono tutt'oggi in Rai tali personaggi di simil rango, che come Ameri si vantino dell'esperienza della Rsi, che tranquillamente si vanti e si dichiari fascista, che si permetta di dire non sapevo. Sia chiaro che: 1 ) Tutti coloro che hanno responsabilità dirette o indirette (nel caso della Gnr sono dirette!) non meritano nessuna pompa magna quale voi avete attribuito al camerata Ameri (mi vergogno che esistano ancora tali termini). 2) Non può il signor Ameri dirsi fuori dalla lotta ai partigiani, dai crimini dei nazifascisti, non si può non provare ribrezzo ai nomi di Marzabotto, Frassinelle Polesine, Caiazzo. Fossoli, i Fratelli Cervi! Diego Da Lio, Spinea (Vercelli) Celibato e castità dei sacerdoti A proposito del celibato ecclesiastico le statistiche citate dai suoi contestatori (su La Stampa del 19.10.93) enunciano che ben l'80% dei sacerdoti, cioè la stragrande maggioranza di essi, si sforzerebbe con coraggio e buon volere di osservare il voto di castità e che soltanto il 50% dei preti incorrerebbe saltuariamente in infrazioni ai voti, contro un 20% di trasgressori abituali. A parte la fondatezza dei dati in esame, la situazione prospettata pare sia, nell'attuale società libertina, abbastanza tollerabile e tale da non giustificare recriminazioni al Papa che nella recente enciclica non avrebbe par¬ lato delle condizioni dolorose del clero deviante (che ovviamente non rappresentano una novità), per limitarsi a «bacchettare» soltanto le posizioni (nuove) dei laici divorziati, dei separati e dei conviventi non sposati in fatto di moderna etica sessuale cattolica. Che vi siano pecore nere è umano, come esistono tra i poli¬ tici, tra i magistrati e dovunque, purtroppo, in mezzo a tanti onesti. La Chiesa accoglie tutti noi peccatori, purché ci pentiamo, affidandoci alla misericordia divina. Il peccato è sempre tale, sia commesso da un laico che da un prete (che come uomo di carne è soggetto ai nostri stessi istinti), ma ciò che è non ammissibile è il pretendere di voler far passare per giustificabile la violazione d'una legge in sé inderogabile per tutti, che si vorrebbe far modificare perché non osservata per debolezza da alcuni. Diversamente dagli Stati che «impongono» sacrifici (servizio militare, tasse, limitazioni varie, ecc) a tutti indistintamente i cittadini, volenti o meno (contro minoranze, obiettori, anarchici, ecc), la Chiesa «propone» la propria dottrina (oggi almeno), unicamente a chi spontaneamente desidera aderirvi; in particolare per il clero il periodo di preparazione è lungo appunto per ponderare seriamente il severo impegno cui volontariamente il postulante intende tener fede, in nome di un ideale altissimo. E' una scelta di vita responsabile e libera, dalla quale si può anche recedere, senza per altro poter colpevolizzare altri all'infuori di se stessi per non essersi sentiti capaci nel corso della vita di continuare a perseguire l'ideale vagheggiato negli entusiasmi di gioventù. Voler censurare il Papa perché richiederebbe un sacrificio troppo arduo, non accettabile da tutti (ma ben noto prima di prendere liberamente il voto della rinuncia al mondo per dedicarsi soltanto a Dio), è quanto meno fuori luogo, se non altro per rispetto a quelle legioni di volontari (né idioti, né masochisti) «che sin fatti eunuchi per amore del Regno dei Cieli», ben sapendo dell'irrisione dei contemporanei «non tutti in grado di comprendere» (Mt. 19.12) la sublimità della loro privazione, apparentemente assurda in base al pensiero cosiddetto moderno materialistico. Emilio Cerrato, Genova Verìtatìs Splendor Dopo tante parole spesso confuse, non sempre, forse, in buona fede, finalmente una voce autorevole e chiara. Desidero ringraziare per aver dato spazio all'articolo sulla Encliclica Veritatis Splendor, a firma Monsignor Alvaro del Portillo. Serena Bianchi, Milano Verrà l'inverno e avrà le pellicce Vediamo che, ancora in piena estate, è incominciata l'infame propaganda dei pellicciai. Ai quali evidentemente non basta il massacro di centinaia di milioni di animali fatti vivere tra le sofferenze e uccisi in modo orribile. Abbiamo da dire che non si può continuare a fingere di ignorare che questa propaganda offende la sensibilità dei lettori, almeno di quelli che possiedono, oltre ad un tubo digerente e ad un apparato genitale, anche una coscienza. La propaganda dei pellicciai insinua l'idea che gli animali sono da considerare come oggetti da «usa e getta», la cui vita e le cui sofferenze non meritano nessuna considerazione. E tutto questo è barbarie, arretratezza, sottosviluppo mentale e ignoranza. Filippo Sosti, Genova seguono 6 firme Diamo a Valli quel che è di Valli Nella mia analisi sull'integralismo islamico (La Stampa di ieri, p. 12) qualcosa ha fatto saltare un inciso. A proposito dell'Algeria scrivo che «l'attuale tragedia è il proseguimento della guerra di indipendenza». Qui doveva esserci: «Come ha scritto bene Bernardo Valli». Con di seguito: «Allora era in giuoco la nascita di una nazione, oggi è in giuoco l'identità di quella nazione». Questa mia precisazione spontanea nasce da un'esigenza di doverosa correttezza verso il caro nostro collega Bernardo. Diamo a Valli quel ch'è di Valli. Igor Man