Settecentomila in piazza per chiedere più lavoro di Gian Carlo Fossi
Settecentornila in piazza per chiedere più lavoro Settecentornila in piazza per chiedere più lavoro ROMA. Il Paese è rimasto ieri parzialmente bloccato per alcune ore dallo sciopero generale indetto da Cgil-Cisl-Uil contro la finanziaria '94 ed oggi la sanità pubblica rischia la paralisi, per lo stesso motivo, in seguito a una pesante astensione proclamata da alcune organizzazioni dei medici ospedalieri (Cimo), medici di famiglia (Fimmg), medici delle usi, specialisti e pediatri. Non si esaurisce qui la protesta contro gli interventi «assolutamente inadeguati» adottati dal governo Ciampi per l'occupazione, la sanità, le pensioni, ma anche contro provvedimenti giudicati gravemente lesivi del diritto alla contrattazione e alla tutela della salute. Dai molti comizi svoltisi ieri in tutta Italia è partito un preciso ultimatum: se la politica economica e sociale non verrà rapidamente cambiata, salteranno i rapporti con l'esecutivo e si renderanno necessarie altre forme di pressione ancor più incisive. Le prime avvisaglie, dopo le decisioni di ieri del Consiglio dei ministri, non sono certamente confortanti. 11 ministro del Lavoro Giugni, pur manifestando dubbi sull'effettiva riuscita dello sciopero generale, si è affrettato a rilasciare dichiarazioni rassicuranti sulla situazione occupazionale e sulle misure predisposte per il mercato del lavoro, ma la reazione non è stata favorevole. «Forse - ha detto il ministro - la fase peggiore è passata. Occorre adesso una forte accelerazione delle opere pubbliche e del risanamento della finanza dello Stato, accompagnata da iniziative di carattere straordinario per fronteggiare la crisi destinata a durare ancora qualche mese». Giugni ha poi annunciato che il Consiglio dei ministri approverà nella prossima riunione due decreti per fronteggiare la disoccupazione con una accentuazione degli ammortizzatori sociali e il rilancio dei contratti di formazione-lavoro. E' ben poco, secondo le tre confederazioni, rispetto al grado di tensione diffusa nel mondo del lavoro. Proprio ieri nelle piazze, affollate complessivamente da circa 700 mila lavora- tori, è parso evidente il forte malcontento che in qualche città (Torino, Milano, Bologna, Napoli, Messina) ha fatto esplodere contestazioni nei confronti degli esponenti confederali e alcuni incidenti, per fortuna non gravi e subito sedati dalle forze dell'ordine. A Gorizia, un episodio sconcertante: poco prima del comizio, sotto il palco è stato trovato un pacco di volantini con la stella a cinque punte, simbolo delle Brigate rosse. A Napoli Trentin ha sottolineato il significato di questo sciopero. «Vogliamo sconfiggere - ha affermato - la logica dei padroni e dei padrini, conquistando una politica per il lavoro non solo per aggredire la terribile emergenza occupazionale, ma anche per creare un futuro di sviluppo e di lavoro per il Paese». Sulla Piazza Maggiore di Bologna, D'Antoni ha attaccato duramente governo e Confindustria. «Il governo - ha osservato - è il primo colpevole di non aver dato seguito all'accordo di luglio: non ha avviato una vera politica industriale che garantisca posti di lavoro e sviluppo. La Confindustria ha sbagliato indirizzo inviando la lettera aperta ai lavoratori: se è stato un tentativo di creare divisioni, la mobilitazione generale dimostra che è pienamente fallito». Larizza ha lanciato da Taran¬ to un secco altolà: «Se dopo lo sciopero il governo non cambia strada, sarò il primo a proporre la rottura completa dei rapporti con l'esecutivo e tutte le lotte che si renderanno necessarie». A Torino, il segretario confederale della Cgil Grandi ha insistito: «Tanti guai, tanti problemi, tanti drammi come quelli di oggi discendono proprio dalle responsabilità politiche e imprenditoriali del passato. Allora abbiamo bisogno di modificare la finanziaria e la manovra del governo, di svegliare i padroni, di fare in modo che si assumano le loro responsabilità e che riprendano una politica di investimenti e di impegno dell'apparato produttivo». Immediata polemica, come sempre, sulle cifre. Cgil-Cisl-Uil segnalano un'adesione intorno all'80%, con punte anche del 90% e del 100% in particolari realtà, mentre le percentuali più basse sono indicate negli stabilimenti Fiat (a Mirafiori, secondo la Cgil, fra il 30% e il 40%). In ogni caso, rileva il presidente della Confindustria Abete, è stata una iniziativa «inutile e inopportuna in un momento economico e politico così difficile». Gian Carlo Fossi Giugni: «Ora ci vogliono iniziative straordinarie» Oggi scioperano i medici pubblici. Un momento della manifestazione di ieri a Milano per lo sciopero generale: bandiere rosse tanti slogan arrabbiati e contestazioni
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