«Le nomine? Volevo andar via» di Massimo Gramellini

Sellerio: in trincea ma senza poteri «Alcune scelte sono ottime, altre no. Spero in un miracolo: che l'informazione Rai critichi il Palazzo» « Le nomine? Volevo andar via» Sellerio: in trincea ma senza poteri UNA DONNA TRA I PROFESSORI VROMA OLEVO andarmene, dimettermi dal consiglio d'amministrazione della Rai. Dopo le nomine, gli amici di Palermo mi telefonavano: "Elvira, ci hai deluso". E io per un attimo ho pensato: adesso saluto tutti, tolgo il disturbo e me ne torno nella mia isola, fra i miei libri». E poi, signora Sellerio? «Poi ho capito, e mi hanno fatto capire, che se me ne andavo si scassava tutto e forse la Rai sarebbe stata commissariata. Una frattura del consiglio mi è sembrata più traumatica di una mia concessione morale». Quale concessione? Le nomine di Minoli e Guglielmi, ad esempio, sono considerate una sua vittoria. «Eppure mi sentivo sconfitta. Perché, mentre a dirigere i canali abbiamo messo gente di primissimo piano, certe altre situazioni mi facevano soffrire». Allude al prepensionamento di Curzi, che lei ha difeso fino all'ultimo? «Lui era bravissimo ma indifendibile. E difficile da sostituire, perché dovunque ci si imbatteva in un problema di provenienza politica». Volevate cambiare la linea del Tg3? «Guardi, quello era il Tg di Curzi e senza di lui sarebbe stato in ogni caso un'altra cosa. Piuttosto, questo scalmanamento su Curzi ha fatto perdere di vista il problema vero: come fare tre telegiornali diversi». Si rischia il tg unico e grigio? «Sì, corriamo il pericolo di un appiattimento dell'informazione. La gente ha come la sensazione che gliene sia stata tolta una fetta. Certo, nelle nomine dei direttori si è tenuto conto della bravura dei candidati, anche se nel caso di Morrione si è compiuta un'ingiustizia, perché lui è uno bravo». Ma è troppo rosso, vero? «E' troppo bravo. Uno dei migliori in circolazione. Demattè e Locatelli mi hanno garantito che gli verrà trovato un ruolo degno. Ci spero ancora: la mancata nomina di Morrione a direttore è uno spreco di professionalità che mi fa soffrire». Il pds non l'ha aiutato? «Il pds si è comportato come un signore elegante e distratto». Barbara Scaramucci direttore del Tgr. Molti in Rai non hanno gradito. E lei, che si era tanto battuta per una donna-direttore? «In effetti Locatelli ha proposto quel nome pensando di farmi cosa grata». Ma perché proprio la Scaramucci? «Il direttore generale le ha riconosciuto grandi capacità organizzative. Sono contenta. E credo che in Rai ci fossero moltissime donne che meritavano quello che ha ottenuto lei». Però lei resta insoddisfatta. «Ma anche ottimista. Spero ancora in un miracolo. Che questi direttori riescano ad esprimere le idee di tutti. L'informazione deve criticare il potere, altrimenti diven¬ ta un comunicato del potere. Del resto ho fatto il possibile. Puoi avere in testa anche il nome più bello, ma poi, in base alla legge, se non lo propone il direttore generale...». A proposito, come va con Locatelli? «E' difficile parlargli. Ha sempre così tante cose da fare. Sono impressionata dalla rapidità con cui si è impossessato delle strutture aziendali». E il presidente dell'Iri, Prodi, l'azionista? «Dal giorno della mia nomina non l'ho più sentito. Mi dispiace. Vorrei sapere cosa pensa». Locatelli invece sa farsi sentire? «Ha un modo di comunicare le cose molto diretto». Mentre voi professori... «Ma io professore non lo sono affatto. Anzi, tremo un po', quando sento gli altri che usano un frasario da accademici. Ogni tanto mi annoio. E comincio a guardare le cravatte». Cosa fa, signora? «Loro parlano, ma il mio occhio va sulle cravatte. Benvenuti ne porta di bellissime». E Minoli ha ancora quelle rosso garofano? «Guardi, cinque anni fa Craxi scrisse a Manca, allora presi¬ dente della Rai: se promuovi Minoli direttore di rete, io ti caccio». E gli spot elettorali per Bettino? «Tutti nella vita abbiamo fatto qualcosa a qualcuno. La verità è che al timone delle tre reti abbiamo una squadra formidabile. Completata dall'arrivo a Raiuno di Freccerò, una nomina che mi rende molto felice». Lei parla di tre reti. Ma il presidente Demattè dice che dovranno essere ridotte a due. E' d'accordo? «La tv pubblica è come la scuola. Non si può vendere. Semmai bisogna farle svolgere il suo ruolo fino in fondo, cosa che finora non è avvenuta. Penso al rispetto delle minoranze, ma anche a migliori rapporti con il cinema italiano. Soprattutto a una maggiore attenzione verso i bambini, che adesso sono totalmente nelle mani di Berlusconi». Allora non molla, signora? «Resto in trincea». Con un po' più di potere? «Questa esperienza mi ha insegnato una cosa: come diceva Sciascia, il potere è sempre altrove. L'unico modo per esercitarlo è capire di non averlo». Massimo Gramellini Elvira Sellerio, consigliere Rai. Sopra, il presidente Claudio Demattè

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