Quattro senatori salvati in extremis
Quattro senatori salvati in extremis Quattro senatori salvati in extremis Reviglio, Bernini, Leonardi e Russo sfuggono ai giudici ROMA. I più lesti sono stati in quattro. Senatori che sono riusciti a far votare l'Aula sul loro caso, bloccando i giudici, all'ultimo istante utile prima che crollasse l'intera impalcatura delle immunità. Il socialista Franco Reviglio, i de Carlo Bernini e Ezio Leonardi più il pidiessino Michelangelo Russo hanno incassato un «diniego» utilissimo che per il momento li mette al riparo da procedimenti giudiziari. Immediatamente dopo, il Senato ha votato la riforma costituzionale che smantella il sistema delle autorizzazioni a procedere. Sono in tanti, tantissimi, i parlamentari che si trovano nei guai con i giudici. Soltanto alla Camera, ben 250 deputati maneggiano con disappunto avvisi di garanzia e memorie difensive: un centinaio è rimasto impigliato nelle varie tangentopoli italiane, centocinquanta sono alle prese con i reati più diversi. E gli avvisi di garanzia arriva¬ no a raffica. Secondo il computer, le richieste di autorizzazione arrivate alla Camera sono addirittura 685. Nella stragrande maggioranza dei casi, Camera e Senato hanno lasciato mano libera ai giudici. Ma in molti casi hanno respinto le domande dei giudici. Spiega Giovanni Pellegrino, senatore pds, presidente della Giunta per le autorizzazioni: «Ne abbiamo respinto un trenta per cento circa. E' successo quando abbiamo chiaramente ravvisato un intento persecutorio dei giudici. Esiste anche questo, sapete». Stessi numeri anche alla Camera. E qui, spulciando i documenti, emerge un concentrato di polemiche che hanno tenuto banco sui giornali. Il voto a favore di Bettino Craxi, ad esempio: la Camera negò parzialmente la prima autorizzazione richiesta dal pool. A momenti si sollevavano ie piazze. Oppure il voto che salvò Francesco De Lorenzo dall'arresto: è vero che i giudici napoletani ottenevano mano libera per le loro indagini, ma le patrie galere restavano lontane. E in tanti, Scalfaro in testa, espressero delusione. I settanta deputati che si sentono al sicuro - e c'è un problema giuridico aperto su questi dinieghi, che valore abbiano, per quanto tempo ancora - sono per lo più figure minori della politica. Nella stragrande maggioranza dei casi, si trattava di reati minimi. Robinio Costi, psdi, doveva rispondere di danneggiamenti ambientali; per Raffaele Tiscar, de, abuso d'ufficio; Salvatore Abruzzese, psi, reati urbanistici; Giuseppe Binetti, de, danneggiamento di beni culturali; Pietro Zoppi, de, norme sugli esercizi pubblici; Francesco Rutelli, Verdi, propaganda elettorale. E così via. Però ci sono anche alcuni procedimenti più corposi. L'ipotesi di una associazione mafiosa a carico di Riccardo Misasi, ad esempio, ras democristiano della Calabria, era stata con- siderata e respinta dalla Camera. Oppure i reati classici da Tangentopoli, che furono «cancellati» ai liberali Renato Altissimo e Egidio Sterpa, come ai repubblicani Antonio Del Pennino e Gerolamo Pellicano, in una sola seduta, il 24 giugno 1993. Tirano il fiato, aspettando le interpretazioni dei giudici, anche il socialista Agostino Marianetti (ricettazione e finanziamento pubblico), il democristiano Bruno Tabacci (finanziamento pubblico e evasione fiscale), il liberale Vitto¬ rio Sgarbi (diffamazioni varie). «Attenzione - sostiene Giovanni Correnti, deputato del pds con una solida fama di garantista -, in diversi casi le nostre deduzioni, contrarie alle richieste dei pm, hanno solta: to preceduto quelle del giudizio. Mi raccontavano di ui deputato di Como: lui si er.. salvato" per il nostro voto gli altri imputati hanno affn utato il processo. Sono stat i i atti assolti». Francesco Grignetti Sono 250 i deputati che hanno ricevuto avvisi di garanzia Franco Reviglio. A lato, Bernini
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