Alunni insolenti con gli insegnanti tassa del medico chi «ha dato»?

Cercasi legge abbastanza giusta lettere AL GIORNALE Alunni insolenti con gli insegnanti; tassa del medico, chi «ha dato»} «Chissà se lo Stato ci restituirà i soldi» 10 sono uno dei pochi, non più del 15%, che hanno provveduto a pagare entro il 15 settembre la cosiddetta tassa del medico. Mancano ora pochi giorni al termine prorogato del 31 ottobre e non vi è sentore che altri si siano aggiunti a noi primi adempienti. Vi è stato, per la verità, il voto sfavorevole alla tassa da parte della Commissione Sanità della Camera dei Deputati, ma tale fatto non costituisce decadenza del decreto fiscale. Si è detto che 11 governo porrebbe rimedio con la richiesta della votazione plenaria della Camera. Ma il governo sembra non voler correre il rischio della sua caduta, a costo di accettare il fallimento della tassa. Si è pure accennato per ripianare il relativo gettito di aumentare percentualmente la tassa sulla salute che tutti da tempo paghiamo. Se così fosse noi che abbiamo già pagato la tassa del medico saremmo soggetti ad un altro prelievo. Vorrà il ministro della Sanità, una volta constatato il fallimento della tassa che noi pochi abbiamo pagato, provvedere in modo sollecito alla relativa restituzione? O vorrà, invece, adagiarsi sul detto «chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto»? Non mi va giù il rischio di pagare due volle e non mi va giù il silenzio e la pigrizia del governo. Gianfranco Filippi, Torino «Jervolino, prova tu a insegnare» Sono insegnante di lettere precaria ed ho avuto modo di poter conoscere le situazioni di molte scuole medie. Vorrei che il ministro Jervolino provasse ad insegnare nelle medie inferiori almeno per tre mesi. Tutte le sue belle teorie cadrebbero davanti all'insolenza, aggressività, poca stima degli alunni verso gli insegnanti. La classe così numerosa poi mette in minoranza i pochi diligenti ed educati. E' troppo comoda la poltrona di Roma da cui dettare logge, provi il ministro la realtà quotidiana e poi saprà perché in Italia ci sono molte scuole private. Maria Portaro Quanta letteratura sui sepolti vivi Alcune lettere insinuano che i trapianti si fanno con organi presi da persone ancora viventi. Esso infatti presentano dubbi senza spiegarne le basi, anzi si dimostrano osse stesso imprecise e un po' confuse. Alludiamo al dottor Massimo Bondì (12 ottobre), che una volta si firma «docente di Patologia Generale» ed un'altra «docente di Patologia Chirurgica» (si tratta di due discipline molto diverso), che cita il numero del 20 dicembre di una rivista, che invece e il fascicolo di dicembre del ventesimo volume, e che fa affermazioni gratuite del tipo: «Gli organi che si trapiantano sono vivi... Vivi sono quindi i soggetti dai quali si prelevano gli organi». Non è corretto dire di un singolo organo che è «vivo». Si può diro che è in grado di funzionare in un organismo vivente. Questa capacità l'hanno anche organi che appartengono a una persona deceduta. Infatti dopo la morte gli organi, con i loro tessuti, mantengono vitalità por un periodo di tempo diverso da un organo all'altro. Il dottor Bondì cita poi (senza commentarlo) un articolo in cui parlano della diagnosi di morto basata sul rilievo dell'attività cerebrale. Non si può in queste righe analizzare in dettaglio quell'articolo. Si può però citare che gli autori, dopo lunghe analisi e discussioni, propongono una definizione più ampia di «morte cerebrale» basata sulla perdita definitiva, irreversibile della coscienza; ed asseriscono che gli attuali criteri operativi per la definizione di morto cerebrale sono pienamente adatti per diagnosticare la morte così come loro la definiscono, anzi le persone dichiarate decedute con i criteri adottati oggi sono solo una parto di quelle che, secondo la loro diversa definizione, sono in effetti decedute. Una seconda lotterà è quella di Agnese Cantalamessa (20 ottobre) la quale commonta: «Nessuna discussione era mai avvenuta in passato per dichiarare vivo un vivo e morto un morto». La signora non ha mai sentito parlare della paura che una persona «in catalessi» venisse «sepolta viva»? Paura sulla quale sono stati scritti romanzi, diffuse storie popolari, persino speculato con la pub¬ blicizzazione di bare che consentivano di mandare segnali dall'interno, nel caso che una persona seppellita «si risvegliasse». La diagnosi di morte ha sovente costituito un problema per alcune persone. A questo proposito, nell'articolo citato dal dottor Bondì si trova una considerazione ragionevo¬ le: la definizione di morte non dipende solo da criteri medici, bensì appartiene al costume sociale, è una decisione della società; per questo si possono comprendere persone, o culture, che danno della morte definizioni diverse. Ma ci fa paura che l'opinione di una piccola minoranza cerchi di impedire ad una maggioranza, che anche culturalmente è d'accordo, di salvare vite umane di malati valendosi di organi altrimenti destinati ad andare in putrefazione con tutto il cadavere nel quale si tro- prof. Sergio Curtoni dott. Giorgio Triolo Dipartimento di Genetica Biologica e Chimica Medica, Università Torino La spazzatura ci tocca ogni giorno E' importante l'articolo di Gianni Vattimo sulla spazzatura nelle città italiane proprio perché tratta di un problema poco «nobile» che ci tocca ogni giorno. E' un peccato che debba essere un americano a provocare l'importanza del problema a tal punto da far figurare l'articolo sulla prima pagina del vostro giornale. In America, squadre di cittadini avrebbero già preso scope e palette in mano per pulire i loro propri quartieri, senza aspettare il «rinnovamento» della politica comunale... Il rinnovamento parte da noi cittadini, agendo sulle «piccole» cose concrete e quotidiane. Non c'è bisogno che ce lo dica Luttwak. Ève Trezza, Roma Gentile e il giuramento fascista In risposta alla lettera di Anna Colombo nella rubrica di O.d.B. di mercoledì scorso Luciano Gallino ci ha inviato la seguen¬ te precisazione: Il mio articolo cercava di spiegare perché quattordici scienziati italiani scrivessero a Gentile parlandogli non di massimi problemi, bensì di cattedre, fondi per la ricerca e incarichi editoriali. Una ragione plausibile è che il destinatario era un efficace organizzatore di cultura: un aspetto di Gentile che può non piacere, ma è un dato di fatto senza il quale quelle lettere non si capirebbero. Da quanto scrive la signora Colombo (stando al brano riportato) sembrerebbe però che io abbia, nientemeno, esaltato il Gentile «attivissimo nel convincere gli scienziati italiani a giurarsi fascisti». Simile accostamento è quanto meno gratuito. Nelle lettere dei quattordici studiosi la questione del giuramento occupa uno spazio minimo; nel mio articolo, poi, esso scendeva addirittura a zero, perché l'oggetto di cui discutevo era tutt'altro. Luciano Gallino Boehringer Mannheim e Poggiolini Sull'edizione de La Stampa di ieri 27 ottobre 1993 - pag. 5 - è stato pubblicato l'articolo relativo alle dichiarazioni del prof. Poggiolini. In esso è citato in particolare, genericamente, il nome della «Boehringer» come oggetto delle rivelazioni del prof. Poggiolini. Vi facciamo presente che la «Boehringer» citata nell'articolo non è la sottoscritta Boehringer Ingelheim Italia s.p.a. Trattasi evidentemente di un caso di omonimia con la Boehringer Mannheim Italia s.p.a., con la quale non abbiamo legami né societari né di collaborazione né di alcun altro genere. Alessandro Banchi, Milano Amministratore Delegato Boehringer Ingelheim Italia S.p.a.