Cardella «stroncata» in aula di Fabio Albanese

Il magistrato: «la Sicilia descritta dalla scrittrice non c'è più» Il magistrato: «la Sicilia descritta dalla scrittrice non c'è più» Cordella «stroncata» in aula // giudice ha dato ragione al critico CATANIA. «Quella Sicilia non esiste più da un pezzo. Il critico ha ragione a dire che i siciliani si sentono offesi da quel libro». Bacchettate sulle dita per Lara Cardella: con una «fiera» motivazione ieri mattina il giudice per le udienze preliminari Antonino Ferrara ha stabilito il «non luogo a procedere perché il fatto non sussiste» nei confronti di Salvatore Scalia, un giornalista del quotidiano «La Sicilia», querelato dalla scrittrice licatese di «Volevo i pantaloni» per «eccesso di critica». Il giudice ha invece condannato Lara Cardella al pagamento delle spese processuali. Scalia, il giornalista responsabile delle pagine culturali del quotidiano catanese, aveva scritto che «Volevo i pantaloni» offende il popolo siciliano, perché cita fatti e vicende lontani dalla realtà di oggi: «E' un raccontino ingenuo e involontariamente paradossale. Ci guadagna solo lei. Chi ci perde è la Sicilia e la letteratura». Lara Cardella, che vide pubblicato l'articolo il 26 gennaio scorso con il titolo «Il boom dei pantaloni di Lara», si era subito rivolta al giudice. All'inizio di ottobre, il pubblico ministero Giovanni D'Angelo ha così disposto il rinvio a giudizio del giornalista e del direttore ed editore del quotidiano, Mario Ciancio. Ieri, in aula c'era soltanto Scalia con il suo avvocato. Della Cardella, e del suo difensore, nemmeno l'ombra: ((Avevamo cercato un avvocato a Catania - ha spiegato al telefono Lara Cardella - ma nessuno ha voluto accettare perché tutti avevano paura. Preferisco restarmene a Roma, rinnego la Sicilia perché terra in cui tutti hanno paura». Il giudice Ferrara, spesso impegnato in importanti vicende giudi- tuttoscienze Ecco la soluzione dello Strizzacervello pubblicato su Tuttoscienze di ieri dal titolo «Bizzarro testamento». Le quattro numerazioni da imprimere sulle monete del bracciale proposte dai quattro figli erano state le seguenti: 1- 3- 5-7-9-11-2-4-6-8-10 la prima, 1-4-7-10-2-5-8-11-3-6-9 la seconda, 1-5-9-2-6-10-3-7-11- 4- 8 la terza e 1-6-11-5-10-4-93-8-2-7 la quarta. E' curioso notare che la prima e la seconda coppia di soluzioni rappresentano separatamente una ulteriore soluzione del problema. ziarie di mafia, ha mandato assolti il giornalista e il suo direttore, perché «la critica letteraria e quella artistica non possono avere limiti». L'avvocato Giovanni Truglio dice: «Il tentativo della difesa di Lara Cardella era quello di confondere la critica sull'opera con quella sulla persona. Il giudice ha riconosciuto che le critiche non erano rivolte a lei, ma a quanto aveva scritto». La sentenza ieri è stata commentata anche dal segretario regionale dell'Assostampa, Antonio Ravidà, che ha espresso un doppio compiacimento: «Il verdetto ribadisce il pieno diritto di critica, indiscutibile come quello di cronaca, e al tempo stesso difende l'immagine della Sicilia che non può essere descritta, pur di fare notizia, soltanto come terra di violenza, sopraffazione e arretratezza». Dal canto suo la scrittrice, che da tempo vive a Roma, aveva già detto che la querela contro «La Sicilia» era stata fatta «perché quel giornale l'ha sempre avuta con me». Nell'articolo incriminato. Scalia aveva tra l'altro scritto: «La Cardella, ben istruita e guidata, ha saputo servirsi alla perfezione dello scandalo». Proprio questo passaggio, che la scrittrice riteneva lesivo della propria dignità, secondo il giudice Ferrara, invece, «non è penalizzante per l'autrice». Tre anni fa, per un'opinione espressa da Video Faro, l'emittente televisiva di Licata, la sua città, Lara Cardella aveva ottenuto giustizia dal magistrato Rosario Livatino (poi assassinato dalla mafia) in nome di quelle seicentomila copie vendute del suo libro. Fabio Albanese La scrittrice licatese Lara Cardella, autrice del fortunato romanzo «Volevo i pantaloni»