«Nessuna pressione per i tagli a quel film»

Alessandria, perde 150 milioni perché il numero del biglietto era sbagliato Altre polemiche su «Giovanni Falcone» «Nessuna pressione peritagli a quel film» IIproduttore contro il regista Ferrara «Ho tolto solo riferimenti inesatti» ROMA DALLA REDAZIONE Si fa ogni giorno più rovente la battaglia attorno al film di Giuseppe Ferrara, «Giovanni Falcone», che non è ancora uscito ma ha provocato insanabili polemiche. Anche il produttore del film, Giovanni Di Clemente, sembra aver assunto un atteggiamento poco favorevole al regista, dopo che questi ha invocato il sequestro della pellicola e rifiutato i tagli decisi dalla produzione in sede giudiziaria. Giuseppe Ferrara ieri aveva denunciato «indebite ingerenze» e pesanti condizionamenti che sarebbero arrivati dagli ambienti del ministero di Grazia e Giustizia e cioè dagli ex collaboratori di Falcone. In particolare, la protesta riguarda la decisione di eliminare il riferimento al questore Bruno Contrada e al presunto viaggio di Falcone negli Usa per incontare Buscetta dopo l'omicidio Lima. Oggi interviene Giovanni Di Clemente, che gli dà torto. «Ho deciso - dice - di eliminare dal film quella scena perché due delle fonti utilizzate dal regista per dimostrare la verità di quell'incontro tra Falcone e Buscetta, e cioè la dichiarazione di Martelli a "il Rosso e il Nero" e le presunte confidenze fattegli dal nipote di Falcone, sono state smentite dagli interessati». «Dopo aver ricevuto - continua il produttore una lettera dalle sorelle di Falcone nella quale si affermava che quel viaggio non è mai avvenuto, mi sono convinto, vista l'autorevolezza della fonte, a chiedere al regista di eliminare la scena. Per il suo rifiuto ho provveduto, in ragione del contratto, a fare il taglio. In oltre un anno e mezzo di preparazione del film, non ho mai subito alcuna pressione per rivedere i contenuti del film». Sulle accuse di Ferrara, a proposito di una presunta avversione al film di ambienti del ministero, interviene ancora Maria Falcone. «La dietrologia - dice la Falcone - sembra essere diventato uno sport nazionale. Specialmente da parte di fazioni politiche ben definite. Il viaggio di mio fratello negli Stati Uniti è stato smentito più volte ed ai livelli più responsabili. Sembrava un capitolo chiuso, tranne che per il regista Ferrara e per qualche giornalista militante del settimanale "Avvenimenti"». «Appare chiaro a tutti - continua - come l'ostinazione ad avallare dei falsi storici trovi ragione nella volontà di insistere in una strumentalizzazione politica, ancor oggi oscura, portata avanti con pervicacia da uno schieramento identificabile come vicino alla Rete». «Per parte mia - conclude Maria Falcone - quello che avevo da dire, sul viaggio mai fatto da Giovanni, l'ho detto: la notizia è falsa. Ma io ho conoscenza limitata dei fatti, per questo forse sarebbe auspicabile che un chiarimento definitivo sulla vicenda venisse dall'autorità giudiziaria, da tempo impegnata nel tentativo di ristabilire la verità». In effetti questa storia sembrava ormai superata, dopo che la procura di Palermo aveva accertato la falsità del «verbale» d'interrogatorio a Buscetta pubblicato da "Avvenimenti". Anche la magistratura di Caltanissetta ha svolto indagini su certe voci attribuite a Charles Roses, ex procuratore di New York, che parlavano di un incontro fra Buscetta e Falcone, dopo l'omicidio Lima. Il magistrato è stato interrogato negli Usa, ma avrebbe negato di aver visto Falcone e Buscetta insieme.