Il psi non ha soldi Chiude Mondoperaio di Pietro Nenni

E' il mensile fondato da Pietro Nenni E' il mensile fondato da Pietro Nenni Il psi non ha soldi Chiude Mondoperaio Pellicani: rivista morta per sempre Villetti: «Sospensione temporanea» ROMA. Muore per asfissia Mondoperaio. Il mensile del psi fondato da Pietro Nenni finisce stroncato dalla mancanza di fondi, soffocato dal collasso finanziario che ha svuotato le casse socialiste. Chiude i battenti una rivista che è stata il fiore all'occhiello della cultura del socialismo riformista. Ed esce di scena tra polemiche, risentimenti, abbandoni alimentati dal rancore. Roberto Villetti, ora stretto collaboratore di Ottaviano Del Turco, con un passato di primo piano nella rivista, cerca di minimizzare e lascia intendere che non tutto deve ritenersi irreversibilmente perduto: «Mondoperaio non ha chiuso i battenti definitivamente, ma ha forzosamente sospeso le pubblicazioni, come era accaduto per VAvanti che adesso è tornato in edicola». Getta secchiate d'acqua sul fuoco, Villetti, ammette sconsolato che tra tutti i guai che tormentano il psi, la segreteria Del Turco ha forse peccato di «una grave sottovalutazione del ruolo della rivista fondata da Pietro Nenni». Lascia uno spiraglio aperto alla speranza e fa capire che forse, adeguatamante trasformato da mensile in trimestrale, la rivista potrà tornare in edicola e nelle mani dei suoi 5000 abbonati. Già, ma il direttore Luciano Pellicani è avvilito e fuori di sé: (.(Mondoperaio è morta per sempre. La sua chiusura è il segno evidente della dissipazione di un patrimonio politico e culturale». Pellicani ha deciso di lasciare il psi, piccola tempesta nell'uragano che ha scardinato in poco più di un anno il partito dei trionfi craxiani. Se ne va polemicamente non perché la pub- blicità si è dileguata strangolando la rivista, o perché i conti in rosso non permettono più di andare avanti, ma per il significato simbolico che la fine di Mondoperaio assume nel declino socialista: «Constato l'impossibilità di riprendere un dibattito con la parte più avvertita del Paese per uscire dalle secche di Tangentopoli». Tangentopoli, appunto. Ossia il terremoto che ha colpito a morte proprio quel nuovo psi modellato su Bettino Craxi che nella seconda metà degli Anni Settanta trovò proprio in Mondoperaio il luogo d'incontro di una cultura socialista animata dal desiderio di smantellare l'egemonia culturale esercitata allora dal pei sulla sinistra. Lontani i tempi della rivista fortissimamente voluta da Pietro Nenni, lontani anche quelli in cui Mondoperaio era diventata la punta di diamante del «revisionismo» socialista di sinistra che trovò nelle «Tesi sul controllo operaio» di Raniero Panzieri e Lucio Libertini la sua espressione più compiuta. Ora si trattava di tradurre nel campo della cultura il primum vivere che Craxi aveva indicato come obiettivo primario per un psi schiacciato da un pei al massimo del suo fulgore elettorale. Fu così che sul Mondoperaio diretto a Federico Coen comparvero le lezioni di Norberto Bobbio sull'assenza di una «teoria marxista dello Stato». E sulle colonne della rivista trovarono un punto di coagulo intellettuali di generazione diversa e di differente percorso politico: dalle teste d'uovo giolittiane come Giuliano Amato, Giorgio Ruffolo e Luciano Cafagna e i due padri dello Statuto dei lavoratori, Gino Giugni e Federico Mancini. E poi Lucio Coletti e Massimo L. Salvadori, Paolo Sylos Labini e Francesco Forte, Alessandro Pizzorno ed Ernesto Galli della Loggia, garantisti come Stefano Rodotà e giovani intellettuali di provenienza sessantottina come Paolo Flores d'Arcais e Giampiero Mughini, Mariella Gramaglia e Marco D'Eremo, Pio Marconi e Luciano Pellicani. La controffensiva culturale socialista, dopo aver preso di petto Gramsci e Togliatti, trovò proprio in un saggio di Craxi di riabilitazione di Proudhon pubblicato su Mondoperaio (e scritto in realtà da Pellicani) il suo momento di massima notorietà. Poi arriverà la diaspora, e gli stilisti che prendono il posto degli intellettuali. Mondoperaio va avanti. Ma non si salva nella bufera che ha piegato il psi che fu di Craxi. Pierluigi Battista Dal sol dell'avvenire al trionfo socialista fino alla caduta del leader Bettino Il direttore Luciano Pellicani

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