Nel mirino l'amministratore Fiat-Auto di Giuliano Marchesini

I brigatisti arrestati per l'attentato alla base di Aviano. Secondo la polizia progettavano un omicidio I brigatisti arrestati per l'attentato alla base di Aviano. Secondo la polizia progettavano un omicidio Nel mirino l'amministratore Fiat-Auto La piantina con ilpercorso di Cantarella in un covo delle nuove Br PORDENONE DAL NOSTRO INVIATO Miravano sempre più in alto i brigatisti rossi arrestati per l'attentato alla base aerea di Aviano. Uno di quelli che loro chiamano «piani di assalto» doveva essere diretto contro Paolo Cantarella, amministratore delegato della Fiat Auto. Forse un sequestro, forse un omicidio. Ma secondo gli inquirenti è più probabile la seconda ipotesi: i terrosti avrebbero sparato per uccidere. A quanto risulta, tra i documenti trovati dagli inquirenti nei covi di questa formazione c'è anche la piantina del percorso, a Torino, che il dirigente compie per recarsi al lavoro dalla sua abitazione. Sconvolgenti scoperte, dunque, dopo l'operazione che ha consentito di bloccare sei uomini e una donna, di ricostruire quell'attacco della notte del 3 settembre scorso alla palazzina degli alloggi dei militari alla base di Aviano: sette colpi di pistola e lancio di una bomba a mano del tipo «ananas». Probabilmente un atto dimostrativo, nel periodo in cui l'aeroporto nel Pordenonese era uno dei centri operativi americani per un eventuale intervento contro le postazioni dei serbi in Bosnia. Ma, attraverso le perquisizioni, sono emersi progetti per una specie di scalata terroristica da parte di questo gruppo che si muoveva per la rinascita delle Brigate rosse nel Veneto, nel Friuli, e forse altrove. Alcune delle carte contengono progetti di azioni appena abboz¬ zati, in altre sono indicati obiettivi e modalità precisi. Tra queste, quelle che dimostrano come Paolo Cantarella fosse nel mirino. E, probabilmente, non era sotto tiro solo lui: c'erano, tra i bersagli, altri imprenditori, uomini politici. Dell'esecuzione dei piani non sarebbero stati incaricati i sette arrestati nei giorni scorsi, ma altri fantomatici componenti la formazione. Perché la «colonna» sareb¬ be composta da una cinquantina di elementi, reclutati in diverse parti d'Italia. Rigurgiti di terrorismo rosso ancora alle prime armi, oppure un organismo già capace di nuove e sanguinose insidie per il Paese? Sulle prime, non s'era dato molto credito a quelle rivendicazioni arrivate dopo l'attentato alla base di Aviano: la sigla «Per la costruzione del partito comunista combat¬ tente, Brigate rosse», la stella a cinque punte. E le affermazioni di paternità: «Abbiamo colpito uno dei maggiori centri operativi e logistici degli Usa nell'Europa del Sud». Si era più propensi a credere, da principio, a un gesto della malavita locale. Ma più avanti alcuni riscontri, soprattutto sulla macchina usata dagli attentatori, hanno condotto al gruppo di cui sta ora occupandosi il sostituto procuratore Antonello Fabbro. Adesso, in carcere ci sono sette personaggi, che rappresentano una mescolanza tra terrorismo politico e criminalità comune. Quello di maggiore spicco è Francesco Aiosa, ex operaio all'Ansaldo, vecchia conosenza della colonna brigatista genovese. In secondo piano Angelo Dalla Longa, pordenonese. Poi Paolo Dorigo, fratello di Martino, deputato di Rifondazione comunista. Tutti e tre hanno dichiarato di far parte delle Brigate rosse, ma rifiutano il ruolo di «prigionieri politici». Risponderanno di associazione sovversiva, spari in luogo pubblico e detenzione illegale di armi da guerra. Al loro seguito c'era Maria Clara Cleri- ci, compagna di Paolo Dorigo, che viene considerata una fiancheggiatrice. Poi il terzetto composto da Giuliano Piacentin, Aldo Berti e Nicola Modolo, che si potrebbero definire «pesci piccoli». Piacentin e Modolo avrebbero rubato l'auto di cui s'è servito il commando per l'attacco alla base di Aviano. Giuliano Marchesini Paolo Cantarella