Nato tutti insieme litigiosamente

Europei con Truman documento. Svelata la conversazione top secret alla Casa Bianca nel '49, alla vigilia del Trattato Nato, tutti insieme litigiosamente Uniti solo dall'anticomunismo WROMA ASHINGTON, Casa Bianca, 3 aprile 1949. Alla vigilia della cerimonia che I dà vita al Trattato dell'A- tlantico del Nord, il presidente degli Stati Uniti Truman riceve in una «riunione di lavoro strettamente confidenziale» i ministri degli Esteri del Patto Atlantico per delineare gli autentici obiettivi della nuova alleanza militare e politica. Una conversazione segretissima la cui trascrizione adesso, per la prima volta in Italia, viene resa nota dalla rivista di geopolitica Limes, in edicola da domani. Un documento di grande valore storico che dimostra, come sottolinea Sergio Romano nel saggio introduttivo che presenta i verbali della riunione, la «straordinaria franchezza» con cui venivano affrontati nelle più alte sfere politiche dell'alleanza occidentale i pericoli connessi alla «minaccia comunista» ma anche i dissensi più o meno espliciti, le prese di distanza, le riserve e le remore mentali che serpeggiavano tra gli europei, riluttanti nel riconoscere agli Stati Uniti il primato e la leadership nella battaglia contro Mosca. E' proprio il presidente Truman a prendere la parola per primo per sottolineare le finalità strategiche della Nato. Il contenimento del comunismo, prima di tutto: «La minaccia sovietica non è soltanto militare; è la minaccia del comunismo in quanto idea, in quanto forza sociale dinamica ed egualitaria che si nutre degli squilibri economici del mondo, a costituire un problema-base per l'Occidente». Sebbene infatti, precisa Truman, il comunismo «trovi forza significativa nella potenza sovietica, nel lungo periodo è l'idea in sé a costituire una minaccia ancor più insidiosa». I ministri degli Esteri della Nato, l'italiano Carlo Sforza, il britannico Ernest Bevin, il francese Robert Schuman, l'olandese Stikket, il belga Spaak, il norvegese Lange, il canadese Pearson, il danese Ra- smussen e il portoghese Caeiro de Mata, annuiscono e non sollevano obiezioni sui principi generali. Men che mai sulla reiterata volontà espressa dal Presidente degli Stati Uniti di ricorrere, nella lotta all'ultimo sangue ingaggiata con l'Urss, a soluzioni «impraticabili negli Stati democratici». Si potrebbe fare appello a «una spietata soppressione del comunismo nei nostri Paesi», spiega a un certo punto Truman agli alleati che vivono come una minaccia mortale l'avanzata sovietica sin nel cuore dell'Europa. Ma questa scelta costituirebbe «una violazione delle istituzioni fondamentali che stiamo cercando di preservare» e «potrebbe inquinare la fiducia nelle libertà civili e promuovere un clima di tipo autoritario». Principi che nessuno dei partecipanti alla conversazione segreta mette in discussione. Ma quando il Presidente degli Stati Uniti scende a proposte concrete, affiorano tutte insieme rivalità, antiche fobie, divergenze, prevalenze del singolo interesse nazionale sulla compattezza dell'alleanza Nato. Argomento tabù: la Germania. «Sollecitiamo le potenze occidentali ad adottare una comune politica di sostegno alla rinascita economica tedesca», suggerisce il segretario di Stato americano Dean Acheson. E ancora: bisogna integrare «gradualmente la Germania nel blocco europeo occidentale». Ma l'immagine della Germania è sufficiente a evocare tra gli europei paure, angosce antiche rinfocolate dai recenti risultati della follia hitleriana, patriottismi economici. Il più ostile al progetto americano è il francese Schuman: «La Francia, che ha subito invasioni in settant'anni, nutre grossi dubbi sul successo dell'operazione». Da qui, «in un contesto di controllo continuo della sicurezza», la necessità secondo il francese di mantenere «la Germania decentralizzata e debole». Più schietto, sino alla brutalità, l'inglese Bevin: «A essere del tutto franchi, il governo di Sua Maestà è ben poco interessato alla rinascita della competizione commerciale tedesca» e dunque «temiamo che la rinascita dell'industria tedesca, specialmente di alcuni settori come quello navale e quello della meccanica, sia una cosa pericolosa». Interloquisce il segretario di Stato americano: «Se la Germania deve rinascere, le deve essere consentito di poter competere per ottenere una quota dei mercati mondiali». Ma Bevin non s'arrende e anzi espone dubbi anche sull'«opportunità di sviluppo» concessa al Giappone: «A proposito della rinascita delle esportazioni giapponesi, io devo tener conto non solo delle esigenze del settore tessile del Lancashire ma, come già sapete, di quelle dei Dominions». Particolarismi, scontri tra eredità storiche diverse che sembrano incrinare la coesione degli alleati impegnati in un fronte comune contro il nemico numero uno: la «minaccia comunista». E in più la diffidenza degli europei, una sorda diffidenza verso le pretese formulate dal partner americano che rischiano di mettere in crisi equilibri consolidati: «E' nostra opinione che le potenze coloniali stiano poco accortamente sacrificando i loro interessi di lungo periodo in un disperato tentativo di ristabilire i modelli di dominio coloniale pre-bellico», accusa Acheson. Un linguaggio, quello degli «interessi di lungo periodo», dettato da una sensibilità geopolitica che sembra smarrita, oggi che si è dissolto il pericolo comunista. Ma anche, come dimostra un passaggio dell'intervento del segretario di Stato americano, ignaro dei brutti scherzi tirati dal destino: «Di certo la prolungata lotta della Francia con Ho Chi Minh comporta non solo un alto costo di denaro ma dà ben poco ritorno in termini politici». Una profezia che qualche anno più tardi si rovescerà proprio sugli Stati Uniti. Pierluigi Battista Europei con Truman contro i sovietici Ma c'è un tabù: la rinascita tedesca dàfastidio a Londra e Parigi anticomunismo oghese Caeiro ono e non solle principi gene sulla reiterata dal Presidente di ricorrere, mo sangue inss, a soluzioni gli Stati demoare appello a ppressione del nostri Paesi», punto Truman elle istituzioni e stiamo cerare» e «potrebducia nelle limuovere un clitario». 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