«Alt agli spot con donne-oggetto» di Pier Paolo Luciano

Vaticano all'attacco: commercio indecente, certe reclame sono pornografiche Vaticano all'attacco: commercio indecente, certe reclame sono pornografiche «Ah agli spot con donne-oggetto» Ma i pubblicitari replicano: la Chiesa pensi al suo passato Il fotografo Oliviero: un nudo femminile non offende nessuno ROMA. Il Vaticano censura la reclame: troppe donne-oggetto nella pubblicità. Parole dure quelle che usa monsignor Jorge Maria Mejia, vicepresidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace: «Difficilmente certe forme di pubblicità si distinguono dalla pornografia. E per la pornografia, la condanna del Vaticano è totale». Ma non basta. Monsignore bolla come «commercio indecente» certi spot e manifesti. E aggiunge: «Difficilmente si può immaginare qualcosa che sia più radicalmente e direttamente in opposizione all'affermazione dell'uguaglianza tra donne e uomini. Ed è sempre motivo di meraviglia vedere, da un lato, che tale uguaglianza è solennemente proclamata, mentre, dall'altro, la pornografia è permessa o almeno tollerata nella stessa società e nell'uso dei mezzi di comunicazione pubblici». Ce n'è abbastanza per arrossire. Arrossiscono i signori della pubblicità? No, che non arrossiscono. Anzi, attaccano. Dicono, a chiare a lettere, a monsignor Mejia di rileggersi la storia della Chiesa, lì troverà tanti esempi di donne non solo trattate come oggetto, ma perseguitate. Tutti contro monsignore, dunque. Tutti, tranne uno, Oliviero Toscani. Dice il foto¬ grafo di Benetton: «Per una volta mi trovo d'accordo con il Vaticano. Ha ragione monsignor Mejia. Neanch'io sopporto certe pubblicità. Non hanno il senso di quello che succede nel mondo. Ma sa perché si ricorrere a questa messinscena? Perché i pubblicitari stanno all'arte come i geometri all'architettura. Conclusione: si ottiene un risultato da geometri. Cioè una pubblicità non di qualità. In certi manifesti c'è soltanto cattivo gusto. Che finisce per ripercuotersi anche sul prodotto. E poi si dice che la pubblicità è in crisi...». Non la pensa così Gavino Sanna. Il presidente della Young & Rubicam attacca: «E' una polemica tardiva e vetero vaticanista: sì, proprio così. Il Vaticano prima di attaccare l'uso violento della donna in pubblicità, peraltro tutto da dimostrare, si rilegga le pagine di storia della Chiesa della teologa Utha Ranke Heimann in cui le discriminazioni sulle donne sono descritte con precisione. E poi è tardiva come polemica perché prima e meglio della Chiesa si sono mosse le associazioni femministe. C'è di più: la discriminazione della donna non è un problema imputabile soltanto alla pubblicità: ha radici più ampie, coinvolge pure tv e giornali. E, comunque, i mass media riflettono e amplificano la cui- tura dominante». Basta monsignore? No che non basta. Gavino Sanna ci tiene a precisare ancora un particolare: «La donna oggetto è stata una caratteristica della pubblicità degli Anni Ottanta. Oggi è in calo. Si punta su messaggi più realistici, in cui la donna è un soggetto, spesso protagonista. Come nell'ultima campagna Barilla». Neanche allo studio Manera di Torino «trova udienza» monsignor Mejia. Eppure proprio questa agenzia era finita nella bufera, in primavera, per essere ricorsa a un topless per lanciare un paio di scarpe. Un'intera regione spagnola, la Navarra, aveva censurato il poster che raffigurava una donna a seno nudo e un giovane in bermuda, costringendo la De Fonseca a «rivestire» la modella. Dice Lucio Chiesa, uno dei titolari: «Ma non c'è nulla di scandaloso o di pornografico in una campagna come la nostra. Quella che abbiamo usato non era certo una donna oggetto. Quella ragazza in topless dava una sensazione di gioia, di vitalità, di concezione solare. Proprio ciò che ci serviva per presentare un paio di scarpe da mare, un prodotto da usare all'aperto. Solo chi è ossessionato dal sesso può vedere qualcosa di male in una donna o un uomo poco vestiti». «Io sono contro la pornografia, ma un sedere di donna non è certo una pubblicità da condannare» dice Bruno Oliviero, il fotografo delle dive che sta per uscire in libreria con «Le peccatrici», settanta tavole sui peccati più diffusi nella società (Reverdito editore). E aggiunge: «Semmai sono altre le pubblicità da condannare, per esempio, le foto dei malati di Aids o di cinquanta sessi ideate da Oliviero Toscani per Benetton. Ma l'immagine di una donna nuda ormai non dà più fastidio. Neppure a un prete». Pier Paolo Luciano Per Gavino Sanna polemica tardiva «I creativi hanno già cambiato indirizzo» poster della campagna pubblicitaria di una marca di jeans: secondo il Vaticano è un esempio di reclame pornografica

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