Scalfaro: c'è chi pesca nel torbido

Il Presidente a Torino parla di «atti compiuti per turbare la vita del Paese» Il Presidente a Torino parla di «atti compiuti per turbare la vita del Paese» Scalfcro: c'è chi pesca nel torbido «E'peggio del dopoguerra» TORINO. Qualcuno tesse trame velenose in questo Paese dei misteri. Qualcuno «s'incunea» al suo interno per «turbarlo» e pesca nel torbido. Qualcuno aggredisce uno Stato in fragile equilibrio inseguendo, anche con la «violenza», fantasie di golpe. E, così, l'Italia vive i giorni della sua grande fatica, i più pesanti e difficili «da quelli della guerra». A poco più d'una settimana dal summit che ha riunito al Quirinale i vertici delle istituzioni per discutere di servizi segreti e di forze armate alla deriva, il Presidente della Repubblica svela, finalmente, le ansie ed i timori che l'indussero ad indire questo consulto. E disegna uno scenario di grande tensione sullo sfondo di bombe e macerie e giuramenti di lealtà traditi: «Io sono negato al pessimismo, però devo prendere atto della realtà - dice rivolgendosi ai docenti ed ai giovani che, al Teatro Regio, assistono all'inaugurazione del 590° anno dell'Ateneo torinese -. Viviamo un momento duro, faticoso, difficile nel quale s'incrociano molti problemi: episodi di violenza o gesti, i più diversi, compiuti per agitare e turbare la vita del Paese». Il Capo dello Stato fissa Norberto Bobbio che, in prima fila, siede accanto ai massimi esponenti della città, dal sindaco Castellani all'amministratore delegato della Fiat, Romiti. E aggiunge con amarezza: «Le difficoltà di oggi sono enormi specie per i giovani: infinitamente più grandi di quando giovani eravamo noi, ed esplose la guerra». Sono ammissioni che Scalfaro offre alla platea con una sorta di rabbia compressa: «Se crisi vi è stata e vi è, è crisi di valori umani, di verità e di giustizia». E la rabbia compressa sembra rivolta anche a chi, in queste settimane, l'ha «accusato» di intervenire in modo eccessivo, su temi legati all'attualità politica e di governo: «E' un diritto-dovere che rivendico all'istituzione che incarno». E che comporta anche la possibilità di esporsi a critiche: «Gli appunti fatti allo Stato è giusto che arrivino anche a me» dice, infatti, il Presidente al rettore Dianzani che gli ricorda l'antica consuetudine degli studenti dell'Ateneo torinese di farsi giudicare dalle istituzioni universitarie: «Figuriamoci, se oggi qualcuno chiedesse, con una riforma, la facoltà di processare anche gli ex studenti...» sorride, ora, Scalfaro mettendo sull'ipotetico banco degli imputati se stesso e cospicua parte della classe politica. Ma non sorride il Rettore quando riversa sul Presidente i malesseri che assediano la sua Università «sull'orlo del baratro» per mancanza di finanziamenti e che sono, poi, lo specchio dei guasti dell'intero settentrione del Paese: «Comprendo le difficoltà dello Stato, ma credo che sia arrivato il tempo di pensare, oltre che al Sud che non decolla nonostante tutti gli aiuti, anche al Nord che rischia di crollare». Sono parole che, in questo giorno dedicato ai nodi irrisolti della cultura, evocano ben più foschi spettri rimbalzando, oltre i velluti del Regio, in una città affannata dalla disoccupazione. E Torino, poco dopo, ribadisce a Scalfaro le proprie paure con le parole di Castellani, una lettera dei sindacati e le grida «vogliamo lavoro» che inseguono, inframmezzate agli applausi, l'auto presidenziale lungo le strade del centro. L'emergenza-Università legata a carenze di strutture e di fondi si riaffaccia, come Leitmotiv, all'inaugurazione della sede della facoltà di Economia e Commercio. Il Presidente si propone come ambasciatore a Roma di queste esigen¬ ze, anche se non sa resistere alla «cattiveria propria dei politici» che lo tira per la giacca. Ricorda che il governo è composto da una mezza dozzina di professori universitari. E sbotta: «Potrei dirvi che i vostri sono problemi di famiglia...». Ma «Università al collasso» non significa solo mancanza di strutture. Perché, come osserva uno studente, non bastano le strutture se muoiono gli ideali e si vive un tempo in cui dominano solitudine e paura: «I giovani hanno bisogno di esempi». Scalfaro lo invita a non fidarsi degli uomini, che possono deludere: «Meglio gli ideali: quelli non tradiscono mai». Renato Rizzo Oscar Lugi Scalfaro con il rettore dell'Ateneo torinese Mario Dianzani

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