«lo vescovo ingannato» di Paolo Guzzanti

«lo, vescovo ingannalo» L'amarezza di monsignor Giordano dopo gli scontri «lo, vescovo ingannalo» «Non volevo la violenza nel duomo» IL CARDINALE DI NAPOLI Lm NAPOLI m ARCIVESCOVO di Napoli Michele Giordano è indignato: «Io sono vescovo. I napoletani mi conoscono bene ed io conosco loro da tempo. Ormai siamo diventati una cosa sola. Mi lusinga molto il fatto che loro si rivolgano a me, nella mia qualità di cardinale. Significa che ancora credono a qualcosa e che questo qualcosa li lega alla Chiesa. Tuttavia questa loro fiducia, al tempo stesso, mi deprime e mi lascia desolato: significa che non credono ormai più assolutamente in alcuna istituzione civile. Non credono nel governo, nei partiti, nei rappresentanti sindacali, in nulla. Io, come uomo di Chiesa e loro pastore, non posso far altro che dare ascolto alle loro proteste e alla loro sofferenza e tradurla in una azione persino politica. E' quello che cerco di fare mantenendo vivo un colloquio con le autorità di pohzia, con la prefettura, con i ministri. Ma con quello che è accaduto l'altra notte, quando in mia assenza e contro il mio parere, la polizia ha fatto sgomberare con la violenza la piazza antistante la Cattedrale, io ho capito che qualcosa di veramente profondo si era rotto nel rapporto di fiducia con le istituzioni. Mi sento umiliato e ingannato». L'arcivescovo di Napoli parla con un tono di voce molto teso. Il suo sguardo tradisce un profondo turbamento e una sofferenza che in certi momenti si fanno acutissimi. Ha passato la giornata visitando alcune parrocchie povere della città e ha incontrato fedeli ed operai che si sono stretti intorno a lui come se fosse rimasto l'ultimo e unico bastione di difesa dei poveri contro un futuro limaccioso e minaccioso. Ho chiesto all'arcivescovo di raccontare che cosa sia accaduto in queste ore nel capoluogo campano ed ecco il suo racconto. «Come le ho detto, io ho condannato in maniera decisa l'intervento della polizia davanti alla Cattedra- le. Nel pomeriggio di venerdì io avevo ricevuto i rappresentanti degli operai, i quali mi hanno chiesto se potevo svolgere un'opera di mediazione. Ho detto che avrei fatto in modo di parlare prima di tutto con il ministro del Lavoro Giugni e poi avrei fatto conoscere ai disoccupati la risposta dell'uomo politico. «Ho cercato di spiegare ai rappresentanti dei disoccupati che non era compito mio giudicare quanto fosse praticabile il progetto della cosiddetta corsia preferenziale per l'assegnazione dei posti di lavoro. Ho dato prova della mia buona volontà alzando il telefono e cliiamando il prefetto Improta e chiedendogli di dare un segnale che potessi riferire alle persone che erano con me. Il segnale che ho ricevuto mi è sembrato che andasse in questa direzione: fino a lunedì non sarebbe accaduto nulla. Lunedì poi la questione sarebbe stata affrontata nelle sedi appropriate e in qualche modo risolta. Di conseguenza mi sono rivolto ai rappresentanti operai e ho detto loro: vi assicuro che voi sarete ricevuti nel primo giorno della prossi¬ ma settimana. Di questo mi assumo la responsabilità. Vi chiedo, in cambio della fiducia che il cardinale ripone in voi, di dare prova a vostra volta di altrettanta fiducia nei confronti del cardinale. Vi chiedo questo: non indebolite la mia posizione restando all'intorno della Cattedrale. Non intendo cacciarvi, ma vi invito a comprendere che se voi restate nella Cattedrale, ogni mia azione in vostro favore sarà all'esterno interpretata come un cedimento di fronte ad un atto di invasione anziché un atto di libera scelta quale esso in effetti è. Se voi seguirete il mio consiglio, suppongo che tutto si svolgerà nel migliore dei modi. Lunedì, poi, nel caso in cui nessuno vi ricevesse, potreste tornare da me e chiedermi ragione di quanto io vi avrei vanamente garantito». Il cardinale abbassa la voce, assumendo tuttavia un tono di profonda amarezza. E prosegue: «Ciò detto, i rappresentanti operai mi hanno ringraziato per quanto avevo fatto e mi hanno assicurato che avrebbero agito nella maniera da me suggerita. Dopo di che sono scesi nella Cattedrale e si sono rivolti agli occupanti con parole che erano, invece, di tutt'altro tenore rispetto alle mie. Hanno cioè detto a tutte le persone che erano sui banchi della chiesa che dovevano assolutamente restare lì e che l'unico modo per poter spingere presso il governo la soluzione dei loro problemi era proprio quello che io avevo scongiurato di non esercitare: e cioè una pressione indebita sulla persona del cardinale così da esercitare il massimo della pressione. Il senso di questa arringa mi è stato riferito poco dopo e io mi sono precipitato nella mia chiesa. Sono salito sul pulpito, ho afferrato il microfono e mi sono rivolto agli operai dicendo le cose che poco prima avevo riferito ai loro rappresentanti, e che poi erano state travisate. A questo punto gli operai hanno accettato di sgomberare il tempio. Ho accompagnato io stesso alla porta alcuni di loro, che però mi hanno spiegato che per loro era impossibile uscire sulla piazza perché gli altri operai che occupavano lo spazio antistan¬ te la Cattedrale avevano istituito dei picchetti. A questo punto ho suggerito di abbandonare la chiesa da un'uscita laterale. Ho accompagnato all'uscita alcuni funzionari di polizia, i quali mi chiedevano che cosa dovessero fare per sgomberare la chiesa e io ho detto loro che non dovevano fare proprio nulla, che la chiesa è casa mia, che soltanto io potevo decidere se e chi potesse restare. Ho ripetuto che non avrei consentito interventi impropri su un territorio che, anche ai sensi del Concordato, doveva considerarsi esclusivamente sotto la mia personale responsabilità e guida. Del resto, ove mai ci fosse stato un intervento di polizia nell'interno della Cattedrale, non mi sarebbe rimasto altro da fare che procedere per vie legali». Ho chiesto al cardinale se a suo parere gli operai restassero nella chiesa usando di fatto l'antico diritto di asilo. «Non credo. Si tratta di un altro genere di diritto: quello di cercare di convincere il cardinale ad adoperarsi in maniera sempre più decisa per proteggere le persone più deboli. Che cosa sia successo da quel momento in poi, io ancora non lo so, aspetto di saperlo e profondamente mi indigna. Io sono rientrato nel mio appartamento lasciando una situazione tranquilla. Quelli che erano rimasti sulla piazza io non li ho mai visti. Nel corso della nottata ho fatto qualche altra telefonata ma senza arrivare ad alcuna conclusione che mi permettesse di indovinare che cosa si stava pensando di fare. E ignoro chi abbia preso la decisione di praticare lo sgombero violento. Qualcosa dev'essere accaduto al Viminale, forse per opera del capo della polizia Parisi, forse per iniziativa del ministro degli Interni Mancino. Nessuno mi ha interpellato, ho appreso quanto è accaduto soltanto al mattino». Ho chiesto all'arcivescovo se lui si aspettava un contatto da parte delle autorità. «Sarebbe stato loro dovere farlo. Ho parlato successivamente solo con l'avvocato degli arrestati, il quale mi ha chiesto di adoperarmi affinché il questore potesse ridurre il peso dei reati contestati. Cosa che io ho fatto chiamando il questore Lomastro, il quale mi ha promesso che avrebbe fatto quanto era nelle sue possibilità. «Io sono soltanto un vescovo, un uomo di Chiesa, un cardinale. Sono nato in Lucania, ho fatto le mie scuole a Napoli e poi sono stato nomade per tutta la vita. Ma qualcosa di Napoli è rimasto nel mio cuore e nel mio animo e oggi mi sento totalmente compenetrato con questa città, la cui tragedia vivo nella sua stessa sintonia. Mi trovo nella scomoda posizione di fare non solo il dover mio, ma anche il dovere di altre figure, di altre istituzioni, le quali invece oggi sembrano totalmente vuote e quando si assumono la responsabilità di prendere decisioni, prendono decisioni sbagliate nel modo peggiore e nel momento peggiore». Paolo Guzzanti «Dovevano avvertirmi Avevo riportato la calma nella cattedrale» Corteo di disoccupati, il questore Improta e mons. Giordano (a destra)

Persone citate: Di Napoli, Improta, Lomastro, Mancino, Michele Giordano, Parisi

Luoghi citati: Lucania, Napoli