la vita per amarsi 15 minuti per morire di Giuliano Marchesini

la vita per amarsi, 15 minuti per morire Verona: così sono deceduti, in un quarto d'ora, i genitori del senatore Ottaviani la vita per amarsi, 15 minuti per morire Mai una lite durante 55 anni di matrimonio ; JisKKS;-:;? iftiSEPARJIBIl.1 FINO ALL'ULTIMO LVERONA EI è andata a letto più presto. Sarà un po' d'influenza, diceva. Non voleva turbare più di tanto il marito, per quel malessere che la assaliva, per quei brividi che si sentiva addosso. Lui è rimasto in salotto, a guardare la televisione. Ma non per molto. L'inquietudine 10 ha sospinto nella camera. «Come ti senti?». Il respiro di Rachele era un rantolo. Sono venuti i medici, è arrivata un'ambulanza. Un massaggio cardiaco, ma non c'è stato niente da fare. Luigi è rimasto solo, in mezzo a tanti che cercavano di confortarlo. S'è lasciato andare su una poltrona, in preda al malore. Non c'è stato scampo nemmeno per lui. Si è chiusa così, in un quarto d'ora, la vita insieme di Rachele Albertini e Luigi Ottaviani, i genitori del senatore della Lega Nord Achille Ottaviani. L'una ottant'anni, l'altro ottantuno. Una foto dell'album di famiglia 11 ritrae quand'erano avanti negli anni: Rachele sorride, nella cornice dei capelli sistemati con cura, negli occhi di Luigi sembra di scorgere un velo di malinconia. Alle loro spalle, c'è una di quelle storie che si raccontano raramente, tra la semplicità della campagna e un sentore di tempi andati. Erano figli di proprietari terrieri nella zona della Bassa Veronese. Il nonno, Cesare, aveva anche un mulino, uno di quelli che si sono conservati intatti. Fu ceduto molti anni fa a una famiglia di «lavoranti interni», i Bonetti, perché non si spegnesse la tradizione. Adesso lo manda avanti il figlio di Bonetti, Alfonso, che fornisce la farina ai panifici che sfornano, nei paesi intorno, il pane casereccio. Rachele e Luigi abitavano a Cadidavid, si conoscevano fin da ragazzi. Bastava una breve camminata, e lui era a casa di lei. Stavano insieme e chiacchieravano. Rachele aveva due fratelli: il primo, Amelio, uno scavezzacollo, al contrario dell'altro. Aveva la passione del volo, e riuscì a far parte della pattuglia acrobatica dell'epoca, nel '32. Morì a trent'anni, a Campoformido. Il secondo, Luciano, era un artista genuino, vero: un pittore largamente apprezzato. Luciano era affezionato compagno di Amedeo Nazzari, che tra l'altro lo indusse a partecipare come comparsa a due suoi film. Rachele Albertini è cresciuta in questo ambiente, tra i campi e i salotti buoni dei proprietari terrieri. Insieme anche a scuola, con Luigi Ottaviani, così premuroso. Lei amava la musica, diventò professoressa di pianoforte. Andava a insegnare dalle suore, alle Campostrini e alle Seghetti. Lui prese il diploma di geometra, ma continuava a badare alle campagne, come se non riuscisse a distaccarse- ne. Poi accettò un posto all'ufficio tecnico del Comune di Verona. Lo ricordano anche perché fece in modo che arrivasse l'acquedotto sulle Torricelle, in collina, dove l'acqua andavano a prendersela alle fontane con i secchi. Si sposarono 55 anni fa, a Cadidavid. Uno di quei matrimoni con tanta gente, con la tavolata nella corte e i quattro salti sull'aia accompagnati dalle fisarmoniche. Dissero che volevano stare l'uno accanto all'altra il più possibile. Vennero i figli, Maria Pia, Maria Grazia e Achille. Rachele era sempre indaffarata, e si occupava anche di beneficenza, alla San Vincen¬ zo. Luigi partì per la guerra, tenente di fanteria. Lo mandarono al fronte jugoslavo. Quando tornò, nel '43, si buttò tra le braccia della moglie come in un rifugio. Raccontano che lui era un uomo assolutamente pacifico. «Io non sono un guerrafondaio», ripeteva. Quel che gli importava era stare con Rachele. Dicevano che niente li avrebbe più separati. Lei non dava più lezioni di piano. Era troppo occupata a star dietro al marito, ai figli, alla casa. Ma suonava, spesso, nel salotto buono. Quel che preferiva far ascoltare a Luigi era una sonata di Chopin. Sono stati bene, insieme, a lungo. Rac¬ contano che non hanno mai avuto una malattia, e che fino a due anni fa Luigi Ottaviani non sapeva nemmeno quale fosse il suo gruppo sanguigno. In casa loro c'era quel benessere, quell'aria, come di una festa che non finisse mai. Festa più grande quando Achille è stato eletto senatore. Papà Luigi, nel commentare il successo del figlio, ha voluto gettare là un pizzico di vecchia saggezza contadina: «Figliolo, ricordati che la politica può costruire tutto e distruggere tutto». Il 18 ottobre scorso, Rachele e Luigi hanno festeggiato il cinquantacinquesimo anniversario di matrimonio. Diceva la gente che una coppia così non s'era mai vista. E i figli non ricordavano d'aver assistito a un litigio fra padre e madre. Se i coniugi Ottaviani avevano qualche problema, cercavano di risolverlo in maniera strettamente privata, come se avesse il sopravvento una sorta di pudore. «Agli altri bisogna sempre mostrarsi tranquilli. Non devono avere l'impressione che noi non ci vogliamo più tanto bene». C'era, negli ultimi tempi, quel velo di malinconia nello sguardo di Luigi Ottaviani, che vedeva la moglie un po' affaticata. Arrivavano, a volte, a lasciarsi prendere dall'angoscia, loro che parevano inattaccabili. Si scambiavano quella domanda: «Chi morirà prima, di noi due?». «Non voglio restare solo, mi fa paura, non ce la farei - rispondeva lui -. Voglio morire io per primo». Si sono lasciati in un pezzetto di sera, nella loro casa in città, in via Marconi. Luigi Ottaviani non ce l'ha fatta per più di un quarto d'ora, a restare solo. Giuliano Marchesini Entrambi ottantenni si conoscevano fin dai tempi della scuola Una sola paura «Restare soli» Accanto Rachele e Luigi Ottaviani, a destra il loro figlio. Achille

Luoghi citati: Campoformido, Comune Di Verona, Verona