Patto per l'eutanasia in casa Clinton

La First Lady americana si mette alla testa del movimento in difesa della «dolce morte» La First Lady americana si mette alla testa del movimento in difesa della «dolce morte» Pollo per l'eutanasia in casa Clinton Hillary: io e Bill la vogliamo se malati terminali WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Jeffrey Gale, presentatosi come un produttore cinematografico impegnato in un film sull'eutanasia, ha sparato la domanda con l'aria e l'intenzione di mettere Hillary in imbarazzo. Un centinaio di invitati sedevano ai tavoli del Thompson Center di Chicago, ma altre centinaia di persone si sporgevano per guardare dai balconi interni dei 15 piani dell'edificio illuminato da una presa di luce a vetrate. «Tutte le mie ricerche documentano che vengono spesi non milioni ma miliardi di dollari per tenere in vita malati terminali senza alcuna speranza. Il suo piano di riforma della sanità, signora Clinton, dice qualcosa a proposito dell'eutanasia?». Domanda difficile, soprattutto a poche centinaia di chilometri da dove il dottor Jack Kevorkian continua a ricevere minacce di arresto per l'assistenza fornita a malati terminali nel compiere suicidio, l'ultima proprio quel giorno. «Come molti americani - ha risposto Hillary dopo una breve pausa - anche a noi non piace parlare della morte, ma sappiamo che dobbiamo farci i conti». «Bill e io - ha continuato con l'aria seria - abbiamo deciso di firmare una specie di testamento che dia ai parenti stretti il diritto di interrompere la vita artificiale qualora la possibilità di riprendersi da una malattia o da una ferita grave sia altamente improbabile». Non era una risposta diretta alla domanda di Gale, che riguardava il piano di riforma, ma nessuno, vista la drammaticità della risposta, se l'è sentita di farlo notare a Hillary. La first-lady, comunque, ha rimediato in fretta, in un'in¬ tervista concessa alla televisione «Mtv» e registrata poche ore dopo. «Mio marito non lo sa ancora - ha detto facendo capire chi è in casa a prendere le decisioni importanti - ma noi avremo un "living will" e cercheremo di ridurre il livello di medicina difensiva negli ultimi sei mesi di vita». Un «living will» è appunto un testamento da aprirsi quando il «de cuius» è ancora in vita e Hillary, con questo annuncio, ha praticamente lanciato una campagna perché questa pratica venga seguita da tutti gli americani. Così dicendo ha però involontariamente confessato di aver detto una bugia al mattino, quando aveva parlato al plurale mentre Bill «non lo sapeva ancora». Ma Hillary, una volta convinta di una cosa, non è tipo da fermarsi semplicemente perché il presidente degli Stati Uniti potrebbe avere delle obiezioni. «Noi desideriamo moltissimo - ha rincarato in una successiva intervista con¬ tinuando a usurpare il plurale - che la gente firmi direttive anticipate e che discuta di queste cose con i membri delle proprie famiglie e con i propri dottori». In pratica, per un caso legato a una domanda provocatoria e inaspettata, Hillary si è collocata alla testa di una campagna radicale a favore dell'eutanasia, una questione delicatissima, densa di implicazioni molto serie e circondata da polemiche violente. Forse, a scuoterla, era stato un incontro fatto all'inizio della sua visita a Chicago, quando, al «Children's Memorial Hospital», è stata avvicinata da Maria Guillen, una donna distrutta, anche economicamente, dalla leucemia che le ha colpito una figlia quindicenne. Maria ha già speso un milione di dollari per la figlia e non può più pagare altre spese. Sua figlia può essere salvata, altri, per cui si spende anche di più, invece no. Paolo Passarmi «I nostri parenti saranno autorizzati a non curarci più quando la possibilità di riprenderci sarà improbabile» Hillary e Bill Clinton lanciano la campagna per la «morte dolce». Per la First Lady, si spendono troppi soldi per l'accanimento terapeutico

Persone citate: Bill Clinton, Clinton, Clinton Hillary, Jack Kevorkian, Jeffrey Gale, Maria Guillen, Thompson

Luoghi citati: Chicago, Stati Uniti, Washington