Dio il mito e la filosofia di Gianni Vattimo

La polemica su Pareyson La polemica su Pareyson Dio, il mito e la filosofia l UIGI Pareyson è stato o no un filosofo cattolico? A qualcuno è parso che l'articolo (Lo Stampa, 13 ottobre) in cui, prendendo spunto da un convegno svoltosi all'Università di Macerata, parlavo del suo pensiero su filosofia e religione, intendesse «togliergli l'incomoda divisa del credente» (Pietro Prini, su Avvenire del 14 ottobre, che ho purtroppo visto in ritardo). Ora, in quell'articolo io dicevo chiaramente che Pareyson si era sempre professato cattolico; e che tuttavia mi sembrava difficile metter d'accordo le sue posizioni con la filosofia cattolica «ufficiale» - quella dei Del Noce e dei Buttiglione - che sotto il pontificato di Giovanni Paolo II mi sembra si stia irrigidendo in posizioni di sempre più netta chiusura al pensiero moderno. Il titolo dell'articolo, «Giù le mani da Pareyson», ne accentuava forse troppo l'aspetto polemico: sono convinto che Pareyson non possa servire alla filosofia cattolica come la vuole il Papa; ma non suggerivo affatto che a Macerata (un convegno a cui non ho partecipato solo per un attacco di influenza) si fosse inteso utilizzare Pareyson a questo scopo. Pareyson pensa che il solo discorso che può parlare di Dio con qualche speranza di adeguatezza è il discorso simbolico del mito; la filosofia non può mai parlare direttamente di Dio, né per affermarlo né per negarlo (Prini dimentica forse una pagina del saggio su «Filosofia ed esperienza religiosa», paragrafo 17, dove Pareyson dice testualmente così); può solo cercare di interpretare il mito. La Bibbia è, in questo senso, discorso mitico, come quello dei miti greci, per esempio. Io non rimproveravo a Pareyson, come fraintende Prini, di limitarsi Il filosofo torineI Luigi Pareyson arbitrariamente al commento del mito biblico e di lasciar da parte Zeus, Atena eccetera. Dicevo solo che non mi pareva chiarita, in lui, la ragione della preferenza per il mito biblico. Questo è certamente imo dei punti ancora problematici del discorso pareysoniano. La cui ricchezza e fecondità, però, non mi sembrano dubbie; e tali, appunto, da renderlo difficilmente inquadrabile nell'ortodossia filosofica della chiesa wojtyliana. Di qui il mio invito ai filosofi cattolici perché non si lascino chiudere entro questa ortodossia, e accettino invece in pieno la provocazione della meditazione del maestro torinese. Il fatto è che la rinnovata sensibilità della cultura attuale alla problematica religiosa, che trova in Pareyson una delle espressioni più alte, rischia continuamente di essere utilizzata ai fini dell'affermazione di un nuovo clericalismo. Accade in filosofia un po' come nell'ambito della morale: siccome abbiamo riscoperto il valore di tanti aspetti della morale religiosa, ci si vuole far credere che dobbiamo obbedire al Papa e ai vescovi anche quando emanano le loro assurde regole sul comportamento sessuale dei divorziati, sulla contraccezione, e così via. Così, quando Pareyson parla della Bibbia come mito, e del «male di Dio», si muove in un ambito del tutto diverso da quello in cui si muovono le encicliche papali. Notare questo, e cercare di capirne il senso, non significa voler dimostrare che non era un credente. Semmai, è uno sforzo necessario per evitare che la nostra cultura, per colpa delle pretese «forti»* disciplinari della gerarchia cattolica, riprecipiti nell'opposizione semplicistica fra clericalismo e anticlericalismo. Gianni Vattimo f Il f Il filosofo torinese Luigi Pareyson

Luoghi citati: Macerata