Zeri :cara Lalla ti ho scoperto pittrice

il caso. Una scrittrice al cavalletto: i quadri della Romano in mostra il caso. Una scrittrice al cavalletto: i quadri della Romano in mostra Zeri: cara Lalla ti ho scoperto pittrice |] INEVITABILE che un " certo qual sospetto nasca immediato alla diffusione della notizia che una per sonalità, solidamente affermata nel proprio campo (e non importa che questo sia artistico, letterario o comunque professionale) si dedica a un'attività culturale in un'area diversa da quella che gli è consueta. I politici che si applicano alla pittura, i pittori che scrivono poesie o romanzi, i burocrati di alto livello che passano le ore libere disegnando progetti di edifici monumentali, e così via, suscitando il dubbio del pasticcio dilettantesco, del postime, del pretesto per un seguito di riti sociali (la mostra visitata da illustri nomi, la presentazione, seguita da cocktail, il premiuccio letterario): tutta una squallida catena, alle cui origini c'è il desiderio di mostrarsi fuori del comune, oppure di inserirsi nella collettività quali protagonisti mondani. In genere, i forti dubbi suscitati da tali inattese attività parallele risultano ben fondati: ed è curioso che i rarissimi esempi positivi, nei quali la nuova veste non è da gettare alle ortiche, riguardano lo scambio tra letteratura e pittura, e viceversa. Un genio come Victor Hugo ha lasciato straordinarie prove delle sue capacità figurative; un grande pittore, come Giorgio De Chirico, ha scritto un libro, Hebdomeros, che rimane tra i testi letterari più interessanti della prima metà del nostro secolo; ai limiti del doodle, uno scrittore-conversatore di gran classe, Jean Cocteau, fu anche un brillante caricaturista. Non direi altrettanto per i dipinti di un politico come Winston Churchill (non parliamo neppure di quelli di Adolf Hitler) o dei romanzi di Giuseppe Garibaldi o di Benito Mussolini, notevoli soltanto per l'involontaria comicità. Quando ho appreso che Lalla Romano è anche pittrice sono rimasto sconcertato; e, nel timore che l'incontro con i suoi quadri si scontrasse malamente con l'alta opinione che ho dei suoi testi e della sua persona, ho evitato a lungo di approfondire la notizia. Debbo dire che, invitato a scrivere queste poche righe e dovendo necessariamente conoscere i prodotti del pennello di una mente il cui uso della parola ha sempre destato in me una profonda ammirazione, ho avuto una sorpresa positiva: Lalla Romano è una vera pittrice, di livello non certo dilettantesco, e di non superficiale, né tanto meno domenicale, applicazione. Ho appreso che è stata alla scuola di un famoso pittore, Felice Casorati, dopo avere imparato i primi rudimenti tecnici nello studio di Giovanni Guarlotti. Ho anche saputo che il passaggio nell'orbita di Casorati avvenne su consiglio di Lionello Venturi, fatto che indica come la giovane esordiente si muovesse nel campo più qualificato della Torino dell'epoca, aggiornandosi anche su quanto avveniva negli ambienti artistici parigini, dove si recò più volte. E infine, sino al 1947, quando si trasferì a Milano, alla pittrice furono dedicate molte personali allestite dalle Gallerie torinesi; in quell'anno la fase pittorica di Lalla Romano, cedendo all'urgenza dell'espressione letteraria, che ha finito col prevalere, si è chiusa. Non sono un conoscitore, neppure occasionale, del Novecento pittorico piemontese, e non saprei indicare il rapporto e l'articolazione dei dipinti di Lalla Romano con l'ambiente di Torino, e soprattutto, con i famosi «Sei pittori» locali. Giudico i suoi disegni e i suoi dipinti su tela, tavola, cartone per quello che dicono a un outsider come me, e non intendo discuterli sotto l'aspetto formale; anche se riconosco che essi sono sempre sorretti da una solida e meditata sostanza figurativa, e che il loro taglio, le loro composizioni rispondono a precise esigenze di razionalizzazione. Piuttosto insisto su taluni aspetti, molto significativi, che colpiscono leggendo sia i «Paesaggi» sia i «Ritratti». Le vedute, di luoghi campestri o di luoghi abitati, non includono mai figure umane: è l'ambiente che viene proposto, nella sua fisionomia, come silenzioso, autonomo universo parallelo, estraneo al flusso incessante della vita umana che gli è abituale. E' un mondo che talvolta sembra mostrarsi sotto il velo di un sogno o di un ricordo; è una geografia che ignora qualsiasi compiacimento, qualsiasi accen¬ to letterario. E così, nei «Ritratti» non c'è rapporto tra i personaggi (spesso definiti con acuta percezione dei dati fisionomici) e l'ambiente circostante, che è assente, riassorbito. C'è in questi ritratti rincomunicabilità, l'impossibilità esistenziale a spezzare l'involucro dentro il quale ciascuno di noi è nato, e nel quale resterà sino all'ultimo giorno. Forse è questo l'aspetto più notevole dei dipinti di Lalla Romano, questo isolamento che preclude ogni via di uscita dalla strada che per ognuno è definita sin dall'inizio. L'accento sofferto (ina senza lacrime), silenzioso, quasi tragico di queste effigi è quello che ritrovo sempre negli scritti di Lalla Romano: il suo è un raro caso di identità tra espressione letteraria e creazione di immagini, nel medesimo solvente severo, scarno, privo di compiacimenti, nitido ed essenziale. Federico Zeri «Quando ho saputo che dipingeva ho avuto timore: mi avrebbe deluso?» TORINO ALLA Romano pittrice: è il titolo della mostra che il Circolo ! I degli Artisti di Torino dedica alla celebre scrittrice da sabato 1 il 30 ottobre. Nell'occasione verrà anche presentato un libroMÀ\ catalogo edito da Einaudi e curato da Antonio Ria. Oltre ai quadri e ad alcuni scritti inediti della Romano, compaiono numerose testimonianze di critici, pittori e saggisti. Pubblichiamo l'intervento di Federico Zeri che, prima di scoprire l'inatteso talento di un'autrice che ama particolarmente, confessa di aver avuto un grande dubbio: e se la «sua» Lalla fosse solo una dilettante? Dal catalogo di Lalla Romano: (a fianco) «Autoritratto» del 1935 A sinistra: «Viale degli Angeli a Cuneo» del 1929 Sopra: «L'inverno» del 1924

Luoghi citati: Cuneo, Milano, Torino