Tennessee Williams un tram chiamato distruzione

Tennessee Williams, un tram chiamato distruzione L'ossessione del sesso, i rimorsi, la nevrosi: documenti inediti sul grande drammaturgo Tennessee Williams, un tram chiamato distruzione Uno studioso inglese: nelle commedie la sua autobiografia i LONDRA L nevrotico del teatro americano si intossicava con la giovinezza a ore __dei ragazzi di vita per compiacere una fosca voluttà di autodistruzione. Non potendo portare in scena personaggi omosessuali, Tennessee Williams si identificava con le proprie eroine femminili più sfiorite e promiscue. Ha detto di lui Elia Kazan, regista di Un tram chiamato desiderio: «Bianche Du Bois, la protagonista, è Williams stesso: prova attrazione per la persona che la ucciderà. Era attratto e intimorito dalla rozzezza e volgarità delle persone che gli stavano intorno, perché minacciavano la sua vita». Ora uno studioso inglese sug- gerisce che i lavori del drammaturgo vanno riletti come una lunga autobiografia: pervasa dal senso di colpa per una voracità sessuale che faceva di lui un coatto del tradimento e per la sorte dell'adorata sorella lobotomizzata, Rose. Ronald Hayman, autore di Tennessee Williams. Tutti gli altri sono il pubblico (uscirà il 28 ottobre per la Yale University Press), ci spiega: «Ho scoperto che Williams mentiva, quando dichiarò che era all'o¬ scuro dell'operazione, voluta dai genitori, che distrusse Rose. Lui sapeva, eccome, ma non intervenne». Gore Vidal era solito dire che di rado aveva visto Williams con un libro in mano, perché tanto scriveva sempre e solo di se stesso. L'intensità della sua scrittura veniva dall'urgenza di confessare la propria esperienza personale con l'invenzione di un popolo di reietti, ignavi, sbandati e fuggiaschi. Il resto del mondo era dunque spettatore: delle sue paure, dei suoi impulsi, della sua solitudine. Ebbe pochissimi amici e ancor meno legami sentimentali autentici, perché scappava dall'intimità come da una prigione. I suoi conviventi gli rinfacciavano le scappatelle a suon di pugni e scenate, o gli disfacevano la casa, e invariabilmente pretendevano lauti assegni di buonuscita. «La mattina, quando mi guardo allo specchio - scriveva - dico a me stesso, con sorpresa, disprezzo e una sorta di divertita tolleranza: eccoti ancora qui, vecchio bastardo!». Hayman è andato a rovistare nel Williams Archive di Austin, Texas, ed è tornato a casa con un gran fascio di lettere e testimonianze inedi¬ te. Il drammaturgo incolpava la madre di aver dato il consenso per la lobotomia di Rose quando la ragazza accusò il padre alcolizzato di molestarla sessualmente; roso dal rimorso per non averla saputa difendere, la ritrasse con dolente devozione nella fragile protagonista di Lo zoo di vetro, e ancora in La rosa tatuata e Improvvisamente l'estate scorsa. Hayman colloca la prima esperienza omosessuale di Williams nel 1938, durante il primo soggiorno a New Orleans. Come per compensare il tempo perduto prima di scoprire, ventisettenne, quella che definiva «la mia vera natura», Tennessee si buttò a capofitto nella celebrazione del corpo, in letteratura e nella vita. L'amico Donald Windham notava che «la sua meta quotidiana era finire a letto con un partner almeno una volta prima dello scadere delle ventiquattr'ore». Si divertiva anche con gli uomini che non riusciva ad accalappiare: quando Marion Brando lo portò a fare un giro in motocicletta, godette di stare abbracciato a lui sul sellino. Eppure, in tutta quella turbolenza di conquiste, anteponeva la scrittura ai pasti e al sonno. Williams sperperò emozioni e dollari per ritrovarsi a invocare incontri disinteressati. E come Maggie, protagonista de La gatta sul tetto che scotta che non riesce a risvegliare l'interesse del marito, lo scrittore respinse per tutta la vita donne per cui provava simpatia e stima. Sul retro di un programma teatrale scrisse disperato alla sua produttrice, Gloria Hope Sher: «Resta nella mia vita, per tenermi vivo». Si avvelenò l'intelletto a furia di barbiturici e antidepressivi. Gli ultimi lavori risentirono di questi abusi e della sua crescente paranoia e la critica lo massacrò. Ammonì Harold Pinter: «Abbi cura della tua salute. Se fossi stato meglio, avrei potuto fare molto di più». Nel febbraio 1982, un anno prima di morire soffocato dal tappo di un flacone, chiese al suo vecchio amico Truman Capote: «Dove pensi che ci rivedremo?». «In paradiso», fu la risposta. Maria Chiara Bonazzi Innamorato di Marion Brando si accontentò di abbracciarlo facendosi portare in moto ■ ■ Tennessee Williams: il suo dramma nelle opere

Luoghi citati: Austin, Londra, New Orleans, Tennessee, Texas