Fellini tempesta per la foto rubata di Maria Corbi

Roma, denuncia della sorella del regista per «violazione della privacy» Roma, denuncia della sorella del regista per «violazione della privacy» Fellini, tempesta per la foto rubata Caccia all'autore, rischia il licenziamento ROMA. Giulietta Masina è indignata e addolorata per l'offesa fatta a Fellini. Una foto rubata, su cui la famiglia del regista chiede la verità. In via Margutta ieri Mattina la Masina ha aspettato con ansia i giornali. Credeva che a pubblicare l'immagine del marito in sala rianimazione coperto solo dagli elettrodi delle macchine che lo aiutano a vivere sarebbero stati in tanti. E invece no. Nessun quotidiano ha voluto violare l'intimità della sofferenza di Fellini e di sua moglie. E l'attrice, che era già pronta a dichiarazioni di fuoco contro la stampa, ne è rimasta sorpresa e commossa. «Grazie - ha detto - per questo gesto di grande civiltà, per l'affetto dimostrato a mio marito. Io sono credente, penso che azioni simili vengano ricompensate: in una società come la nostra, oggi, abbiamo bisogno di bontà, non di profanazioni della vita». La Masina vuole che il colpevole sia punito e vuole anche un risarcimento adeguato all'oltraggio che lei devolverà poi in beneficenza. Intanto la sorella di Fellini, Maddalena, ha presentato una querela contro ignoti per danno all'immagine del regista e violazione della privacy. Si costituirà parte civile qualora venga aperto un procedimento giudiziario. Oramai è quasi certo che la foto che riprende il regista disteso in coma nel letto del reparto di rianimazione del policlinico è stata scattata da un interno. Una persona comunque che aveva libero accesso alla camera sterile che ospita Fellini e un altro malato. Al commissariato dell'Università a cui è stato affidato il compito di vegliare sulla privacy di Fellini ne sono certi. Gli agenti che da giorni fanno la guardia giorno e notte sono avviliti. «Non può essere entrato nessun fotografo», dicono. «Ma certo non potevamo perquisire il personale autorizzato a entrare nelle camere dei malati». E basta un attimo per scattare una foto, magari con una micro macchina nascosta sotto un camice. Lo hanno capito anche gli amici di Fellini che dall'inizio del calvario del regista, domenica scorsa, non abbandonano mai l'ospedale. Appena saputo della foto Roberto Mannoni, factotum del regista e direttore di produzione, ha avuto uno scatto di rabbia contro i poliziotti. Con le lacrime agli occhi ha sfogato su di loro tutto il suo dolore per la violenza fatta al suo amico. Il direttore del centro di rianimazione, professor Gasparetto, ieri mattina appena saputo della foto ha telefonato al rettore dell'Università La Sapienza, Giorgio Tecce, il quale ha inoltrato un esposto alla procura della Repubblica per gli eventuali illeciti penali ravvisabili nella vicenda. E' stata poi istituita una commissione che ha già cominciato a lavora- re per scoprire le reponsabilità. Gasparetto non ha voluto pronunciarsi sulla possibilità che a fare la foto sia stata una persona del suo reparto o comunque del Policlinico. «Qualcuno ha eluso la sorveglianza ha dichiarato - commettendo un abuso. Se è stato uno del reparto sarà sottoposto a tutti i provvedimenti previsti dal regolamento interno e dalla legge». Provvedimenti che, secondo il sottosegretario Publio Fiori che ieri ha aperto un inchiesta sulla foto, significano licenziamento. «E' un atto di sciacallaggio - ha detto - che coinvolge sicuramente responsabilità del personale dell'ospedale. Il colpevole va allontanato perché ha violato un diritto fondamentale del malato». Un'offesa ancor più grave se risultasse vero che per renderlo riconoscibile il «fotografo» abbia scostato il lenzuolo dal corpo di Fellini e gli abbia tolto le bende dagli occhi. Ma su questo ancora non ci sono conferme. Intanto ieri per tutta la giornata si sono incrociate le polemiche sull'agenzia, l'Ansa, che ha distribuito la fotografia incriminata e sull'unico telegiornale che ha passato l'immagine del regista in sala di rianimazione. «Ci hanno definito "mascalzoni", un'accusa assurda - ha dichiarato il direttore dell'Ansa, Bruno Caselli -. Quella foto non l'abbiamo data in pasto al pubblico. Noi forniamo un servizio ai giornali ed è nostro dovere passare a loro tutte le informazioni, fotografie comprese, di interesse giornalistico. Sta a loro decidere cosa fare, se pubblicarle o no. Questa volta hanno deciso di non pubblicare la foto, ma altre volte hanno sparato immagini anche più crude e dolorose in prima pagina. Noi non possiamo fare una censura preventiva». Ma quello di cui si accusa l'Ansa è soprattutto il fatto di aver comprato la foto. Di aver dato soldi a persone senza scrupoli. «Noi - si difende Caselli - la foto non l'abbiamo né scattata, né comprata. Ce l'hanno data». Lamberto Sposini, vicedirettore del Tg5, difende la scelta di aver mandato in onda l'immagine di Fellini in coma. «Lo abbiamo deciso insieme a Mentana - spiega -. Avevamo molti dubbi, gli stessi che ho adesso, ma abbiamo deciso di far vedere quella foto. E' stata montata su questa cosa una campagna moralizzatrice. Ma allora quando ogni giorno facciamo vedere le immagini di gente comune ricoverata? Perché si devono usare due pesi e due misure per il poveraccio e per il personaggio famoso?». Intanto la fotografia è stata diffusa anche dalle maggiori agenzie fotografiche mondiali e potrebbe essere pubblicata da molti giornali stranieri. Maria Corbi I reporter all'ospedale di Fellini e a destra il professor Turchetti

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