Ghali sfida Clinton a Mogadiscio di Vincenzo Tessandori

Barricate e scontri, l'ospite deve abbreviare il giro mentre su di lui volteggiano gli elicotteri americani Barricate e scontri, l'ospite deve abbreviare il giro mentre su di lui volteggiano gli elicotteri americani Ghali sfida Clinton a Mogadiscio Visita «sotto assedio» del Segretario Onu MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Il Faraone è fatto così: ama l'azzardo e sfida il Presidente, il Generale e un po' anche il buon senso comune. Per questo a dispetto di inviti, raccomandazioni e minacce arriva in Somalia, fa tappa nella polveriera di Mogadiscio e mette a rischio la città di un nuovo collasso. Quando ha deciso una cosa Boutros Boutros-Ghali, l'egiziano segretario generale dell'Orni, non cambia idea e non gliela fanno cambiare né Bill Clinton, presidente americano, con i suoi inviti pressanti alla prudenza, né Mohammed Farah Aidid, il generale ribelle somalo, con le sue minacce di guerra quasi santa. «Sono venuto per esprimervi tutta la mia stima e solidarietà», ha detto appena sbarcato dall'executive bianco che lo aveva portato da Nairobi a Baidoa, 300 chilometri a Nordovest di Mogadiscio. Erano le 9,30 e ad ascoltarlo c'erano i generali comandanti del contingente francese, di quello del Botswana e dello Zimbabwe. Avrebbe dovuto essere una visita semiclandestina: la decisione di venire in Somalia lui l'aveva presa già da molti giorni, ma soltanto l'altra sera ha dato conferma al suo staff. Ma appena l'aereo si è fermato sulla corta pista dell'aeroporto di Baidoa, tutti hanno saputo che «Boutros il cattivo» era arrivato. La gente di Aidid, una minoranza sediziosa assai attiva, lo aveva promesso: «Se il faraone arriva lo contesteremo, bruceremo i copertoni delle auto». Per la verità a Baidoa tutto è andato liscio e il segretario ha potuto visitare una scuola, un asilo, la stazione di polizia e incontrare i suoi condottieri, guidati da Gheir Bir, il generale turco, il capo dei capi dell'Unosom. Poi ha parlato con gli anziani, e con i rappresentanti dei consigli distrettuali eletti appena quarantott'ore avanti. Intanto, a Mogadiscio, la gente di Aidid si preparava e a mezzogiorno la Afgoi Road, che costeggia il perimetro dell'Unosom, era bloccata da una mezza dozzina di basse barricate. Quando il bireattore bianco ha toccato la pista, sulla strada, lontana alcuni chilometri, son stati accesi dozzine di roghi, e il fumo nero dei copertoni dati alle fiamme ha costretto gli elicotteri in avvicinamento a lunghe accostate. Ma Boutros-Ghali non ha avuto ripensamenti. Un breve incontro con i suoi lo ha rassicurato e la presenza dell'ammiraglio Jonathan Howe, sorridente e deciso, e di Thomas Montgomery, capo delle truppe Usa, gli ha confermato di aver fatto la scelta giusta. Neppure si è voltato verso la direzione del fumo. In quel momento un corteo di un migliaio di donne e ragazzi, per lo più, avanzava verso il checkpoint tenuto dai pakistani, a poche centinaia di metri dall'ingresso principale della base Onu. «Boutros, sei un assassino», gridavano, «Boutros sei un porco». E in mano stringevano teschi e ossa di vacca che battevano ritmicamente. In cielo volteggiavano gli elicotteri dei rangers, ma alti come non avevano mai volato prima, quasi a dimostrare di voler restare estranei. «Sono felice di aver raggiunto il personale dell'Unosom nel giorno delle Nazioni Unite», ha scandito il segretario dell'Onu guardando diritto negli occhi tutti quei generali. E visto che arrivare alla base dell'Unosom appariva troppo rischioso e complicato, si è deciso di far visitare al faraone l'ospedale romeno, che si trova nel perimetro dell'aeroporto. Nessuna scelta di comodo, fanno sapere alle Nazioni Unite: l'ospedale è cosa di cui andare orgogliosi. «Boutros, vattene!», ripeteva la folla lontana, e c'era il rischio che il «km 4», dove, dicono, batte il cuore della sommossa, esplodesse ancora. E qualcuno ha tentato di farlo esplodere: due colpi di mortaio contro l'aeroporto. Per fortuna tanto rumore per nulla. «Come stabilito», alle 16 il segretario generale è risalito sull'executive e ha puntato su Nairobi, diventata negli ultimi giorni suo quartier generale. Oggi riparte per New York, al Palazzo di Vetro lo attendono con impazienza. Ma perché è venuto?, hanno chiesto a Farouk Malawi, il portavoce civile dell'Unosom. Malawi non poteva dire che Boutros-Ghali era venuto perché era impensabile sottostare alle minacce del signore della guerra e la visita doveva dimostrare proprio quello. Vincenzo Tessandori Migliaia di persone nelle strade gridavano «Boutros assassino» Ghali. Nella foto grande dimostranti erigono barricate a Mogadiscio per protestare contro la visita del segretario Onu accusato di essere nemico di Aidid