Cappuzzo: peggio dell'8 settembre di Augusto Minzolini

Cappuzzo: peggio dell'8 settembre Cappuzzo: peggio dell'8 settembre «E' molto meglio fare la colf che il militare» OLTA LA RIVOLTA DELLE STELLETTE «ROMA I L generale Canino si è I incavolato, come era giusto che fosse, per la rimozione del generale Rizzo. Ma vi pare che si possa trattare così un generale di corpo d'armata! A questo punto meglio sarebbe fare la colf che non il militare, almeno sono obbligatori gli 3 giorni di preavviso prima del licenziamento». Chi può fermare Umberto Cappuzzo, senatore democristiano ma, soprattutto, ex capo di stato maggiore dell'esercito e ex comandante generale dell'Arma dei Carabinieri? Lui con le stellette c'è nato e anche ora, che ha abbandonato le mostrine, Cappuzzo si sente il punto di riferimento degli «alti gradi» in Parlamento. Così, orgoglioso del suo ruolo, l'ex generale dà voce alla rabbia, alla ribellione dei militari nel Senato deserto del venerdì pomeriggio. Tutta colpa della decisione del ministro Fabbri di sollevare il generale Rizzo dal suo incarico per il caso Monticone. Dopo quattro giorni le polemiche sono culminate in un gesto di protesta che non ha precedenti nella storia d'Italia: il capo di stato maggiore dell'Esercito se ne è andato sbattendo la porta. «Questa scelta - ammette ora Cappuzzo che l'ha quasi caldeggiata - è stata ponderata a lungo e con consultazioni. E ora siamo in un'emergenza di tipo bellico». Impermeabile bianco, capelli rasati, portamento marziale, Cappuzzo passeggia per i corridoi di palazzo Madama nell'attesa di essere ricevuto da Spadolini. E l'immagine di quel militare travestito che vaga infuriato per il Parlamento non è davvero rassicurante. «La verità - dice mordendosi le labbra - è che chi comanda ora in questo Paese non vale niente. Qui non ci sono più capi. E si lamentavano dell'esercito dell'8 settembre lasciato a se stesso... siamo esattamente nella stessa situazione di allora. C'è un'imprenditoria che si è dimostrata fallimentare, una classe politica squalificata, un'amministrazione che dove ha potuto ha pappato, per non parlare dello stato delle nostre autonomie. Adesso se viene messo in crisi anche l'esercito, crolla la nazione». Parole che preannunciano sventure future, discorsi imperscrutabili ma in un certo senso anche minacciosi, come quelle frasi che l'ex generale ha pronunciate il giorno prima alla trasmissione «Rosso e Nero», durante un diverbio violento con il giudice Felice Casson. Cappuzzo, però, è attento al fatto che le sue parole non possano essere male interpretate e, per quel che può, mette le mani avanti: «Io non dico spiega - che c'è il rischio di un colpo di Stato. Quello no. I pericoli sono altri, basta vedere quello che succede a Nord. Il Paese versa in uno stato di confusione e disgregazione e non è detto che se qualcuno si mette a volantinare, a promettere «adesso ci penso io a mettere a posto le cose», la gente non gli vada appresso...». Mentre l'ex generale è tutto preso dai suoi ragionamenti lo avvertono che 'o vogliono al telefono. Dall'altra parte dell'apparecchio c'è il generale dei carabinieri, Michele Rotondi, anche lui di simpatie de. Cappuzzo ridacchia mentre lo mette al corrente della sua battaglia: «Sto facendo il finimondo - dice - con Fabbri sono stato violentissimo. Lui alla fine mi ha chiesto: "Cosa debbo fare?". Gli ho risposto: "Ministro o torna indietro o vada dove deve andare...". Ho cercato Martinaz- zoli ma è a Brescia, mentre Ciampi è ancora a Bonn. Adesso, però, dovrei vedere Spadolini. Non possiamo certo accettare il modo con cui è stato trattato Rizzo. Pensa se tutti i generali di corpo d'armata si rifiutassereo in segno di protesta di prendere il posto di Rizzo... sarebbe bellissimo». Finita la parentesi e ripreso fiato Cappuzzo torna a sfogarsi. Quella telefonata di pausa lo ha reso più pacato: «Il malumore tra le forze armate - spiega - c'è. Sono congegni delicatissimi che rispettano valori e regole come nessun altro. E tutti sanno che quando si toccano i congegni si rischia sempre...». Cappuzzo vorrebbe andare avanti, con calma, ma quando gli ricordano la scena di «Rosso e Nero», le accuse del giudice Casson, viene fuori di nuovo la rabbia e il tono della voce si alza. «La verità - sbotta - è che Casson ha fatto una polemica ideologica e lo ha fatto in maniera volgare. Eppoi secondo me basta guardarlo in faccia, per capire che è un frustrato. Deve avere problemi psicologici. Del resto io ho sempre pensato che chi non è soddisfatto dalle donne è tarato». Affermazioni sopra le righe, ma lo stato d'animo del generale è quello che è. Gli hanno toccato il generale Rizzo che era stato un suo stretto collaboratore, «uno dice lo stesso Cappuzzo - che poteva essere benissimo il successore di Canino», e in queste condizioni non è facile trattenere le parole. «Guardate - spiega -, io ne sono convinto, il provvedimento di Fabbri è doppiamente punitivo, sia per le forze armate, sia per l'ufficiale. Eppure basterebbe che Fabbri riconoscesse di aver esagerato, magari rimettendo la decisione ad una commissione d'inchiesta, ad un comitato di saggi, come si fa sempre in queste cose». Sì, come si faceva una volta. Nelle parole di Cappuzzo c'è tanta nostalgia per i tempi andati. Anche lui, amico di Andreotti e cresciuto in carriera sotto quell'ombra, appartiene al passato. «Il vero problema - dice - è che tangentopoli ci ha privato dei politici migliori. Tutti i vecchi sono stati emarginati. E i giovani non sono all'altezza». Chissà quanti tra ufficiali, colonnelli, generali dell'esercito la pensano come lui. Augusto Minzolini

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