«Camille Paglia un libro da non tradurre»

«Camille Paglia, un libro da non tradurre» «Razzista, misogino, conservatore»: polemiche per l'uscita in Italia di «Sexual Personae» «Camille Paglia, un libro da non tradurre» Come negli Usa, ancora condanne per l'eretica delfemminismo "|y| ROMA I NA donna che odia le altre ' j donne, una ex lesbica ora I bisex che si identifica con \J I gli omosessuali (...). Un io afflitto da gigantismo», l'ha attaccata Bia Sarasini sul Manifesto. E l'ultimo Noi Donne l'ha ritratta in copertina in una caricatura grottesca mentre brandisce una penna a mo' di pugnale, le unghie lunghe e affilate à la Crudelia Demon, al collo occhiali appuntiti come i reggiseni di Madonna. Titolo: «Arriva la femminista misogina». Fin qui, in fondo, niente di eccezionale. Uno scandalo normale. Esce in Italia il libro di Camille Paglia Sexual Personae. E immancabili, ecco riaffiorare le polemiche femministe di tre anni fa. Testo pericoloso, reazionario, infame, lo avevano bollato le donne d'Oltreoceano. «Oche neofasciste» aveva replicato l'ex oscura docente universitaria, oggi «donna cattiva» vezzeggiata dai media, irridendo alle frequenti «censure» all'arte e alla letteratura «prodotte dall'uomo bianco» in nome delpolitically correct. Quand'ecco che un caustico trafiletto di Alfonso Berardinelli sul- l'Unità di ieri alza improvvisamente il tiro, devia il bersaglio della polemica: prendendosela sì con l'autrice («Paglia, nient'altro che paglia»), ma puntando direttamente il dito contro l'Einaudi che ne ha curato l'edizione italiana, peraltro non senza lacerazioni interne, discussioni asperrime e persino rinvii (il libro era pronto sei mesi fa). «Chissà perché l'ha pubblicata, chissà che ragionamenti ha fatto per arrivare a pubblicarla», si chiede l'autorevole critico. Che propone una spiegazione in chiave epocal-apocaiittica: Sexual personae come il frutto del «trionfale» incontro fra Università e Televisione, la prefigurazione di un domani in cui «lo studioso scriverà i suoi libri, come Paglia, pensando subito alle interviste televisive cui dovrà rispondere, i libri accademici saranno interviste televisive di mille pagine con in fondo la bibliografia». «Ringraziamo l'editore Einaudi conclude il critico - per averci fatto vedere in anteprima uno scenario culturale deprimente, ma assai possibile». Insomma, Camille Paglia come Madonna e Michael Jackson, in chiave letteraria. Ma cosa c'è in Paglia di così no¬ civo alla causa delle donne, culturalmente eretico? C'è la pretesa di smembrare e ricucire alcune delle storiche contraddizioni della Cultura Occidentale: natura-cultura, femminile-maschile, eros-thanatos. Con una tesi: che l'arte e la letteratura occidentali siano frutto del temperamento maschile. L'identità della donna con la natura è antica e originaria, dalla Grande Madre in poi. Natura ambivalente, che crea e distrugge, alla quale l'Occidente, al contrario dell'Oriente, si contrappone dall'inizio. Soffocati dalla forza soverchiarne della madre - sostiene Paglia - gli uomini cercano vie di scampo dalle loro ansie sessuali nella razionalità apollinea e dando espressione alla loro fisicità. Salvo ritrovarsi a confronto della natura nel sesso, luogo per eccellenza popolato di ogni fantasma. Sesso che, come la natura, non è ordine ma violenza, non armonia ma eccesso, non (solo) amore ma crudeltà. Con Sade e con Nietzsche, contro le illusioni di Rousseau e di gran parte delle neofemministe. Una «stupefacente capacità americana di generalizzare per grossolane e amplissime approssimazioni» la giudica su Noi Donne Rosi Braidotti, docente di «Women Studies» a Amsterdam, che critica «l'arroganza razzista» del libro, la definizione «tutta biologica» della donna, l'uso della Natura come «metafora politica del conservatorismo di destra dell'America post-'89». Paglia come Fukuyama, adesso. Critiche eccessive? La scrittrice Elisabetta Rasy risponde a provocazione con provocazione: «Mi sembra un libro destinato a far colpo su un pubblico di bigotte americane in cerca di emozioni. Ma allora la stessa tesi di fondo in Italia l'ha sostenuta in modo più suggestivo e divertente una scrittrice come Liala. Stringi stringi, lì si va a parare. Detto questo - aggiunge Rasy - bisogna tener conto che il pubblico femminile americano è accecato da un'ideologia non meno radicale del fondamentalismo islamico. E dicendo cose di buon senso lei mette il dito sulla piaga. Per questo mi stupisce un po' la reazione delle neofemministe italiane, che non mi sembrano altrettanto fanatiche». Ma insomma, in Italia valeva la pena di pubblicarlo? «Sono refrattaria a ogni censura. Ma certo il fatto che esca proprio da Einaudi mi pare un atto di provincialismo, di terzomondismo culturale. Un gesto da colonizzati». Maria Grazia Bruzzone Rosy: «Per l'Einaudi un atto di provincialismo, di terzomondismo culturale. Un gesto da colonizzati» Camille Paglia è bersaglio di critiche feroci: «Odia le altre donne, è una ex lesbica ora bisex che si identifica con gli omosessuali» iltl:#illil

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