Sandrone da Togliatti a via Veneto di Pietro Ingrao

Sandrone, da Togliatti a via Veneto Sandrone, da Togliatti a via Veneto 1 Amato da Berlusconi, difeso dalla Mussolini LA RICETTA DEL«CURZISMO» CROMA OM'E' difficile anche solo da osservarlo, un comunista nato a via Veneto. Cresciuto alla scuola di Ingrao, coltivato da Pajetta e glorificato dagli Anni Ottanta. Amato da Berlusconi e difeso dalla Mussolini. Uno che ha lavorato a Radio Praga e adesso quasi minaccia di procedere spedito verso padroni televisivi brasilian-monegaschi. Esercizi di curziologia. Perdersi in quel piccolo museo di simboli, ricordi e altarini che è la sua stanza, tra guardie rosse, bandi di scomunica e cappelletti Cnn. L'impossibilità di dare un senso a quei suoi «vabbé», preceduti da cupi mugolìi e seguiti da una specie di sorriso. Lo smarrimento che si prova davanti ai suoi finti stupori, il numero classico «E io mi stupisco» quasi gridato, definitivo. Quell'altro, meno pubblico: «Mi incazzo» stentoreo. «Ma sotto sotto godo». Curzi. La sensazione di indecifrabilità che promana da quel fare l'occhietto complice, dalla velocità con cui la più pacificata indifferenza s'impenna verso la più allegra, a tratti perfino raccapricciante intimità. Alla Camera, per dire, per dieci minuti buoni a trattare con Pan- nella il delicato tema della prostata, della pipì la mattina presto, e tutto questo senza minimamente capire se per Sandro, anzi per «Sandxino» Pannella è un amico, un fratello, un nemico o che altro. A. ciascuno, comunque, il suo Curzi. Faccione da teleschermo: «La caduta del muro...». Pausa, occhi lampeggianti, quasi minaccioso: «... de tutti i muri...». L'ultima reincarnazione. Curzi sembra uno dei pochi giornalisti a cui la televisione non ha fatto male. A prescindere dagli editoriali lacrimosi a sfondo collerico. A prescindere dalla più ardi¬ ta - e forse lungimirante - assenza di vergogna. A prescindere dalla demagogia, dagli effettacci, dal culto primigenio della ggente e dalla divulgazione un po' selvaggia delle categorie del Vecchio e del Nuovo. A prescindere e forse anche nonostante tutto questo, a più di sessantanni e con una biografia che davvero buttava in un'altra direzione, Curzi è riuscito come nessun altro in questi ultimi dieci anni a giganteggiare - nel bene e nel male, come si dice in questi casi - là dove s'incrociano giornalismo, politica e tv. Crocevia quasi magico, oggi, conqui¬ stato faticosamente, dai 380 mila telespettatori del 1987 agli oltre tre milioni di oggi. Una scalata che in un certo senso l'ha reso anomalo e potentissimo, «l'unico comunista d'Europa secondo Giampaolo Pansa - ad avere non solo lo stesso potere di prima, ma un potere maggiore». Comprovato da un sovrappiù di allegra - anche questa previdente - indipendenza- «Cosa vuoi che mi freghi di Occhetto. Ce l'ho sott'occhio dal 1956. Sono stato io a pubblicare il suo primo articolo su Nuova generazione». Pare di sentirla la colonna so¬ nora, di questa marcia di Curzi, una vecchia canzone intitolata «I comunisti della capitale»: «E metteremo sopra il Quirinale/ Bandieeeera rossa!». In effetti, venuto su senza terra e senza fabbriche, mai grigio né freddo, anzi caloroso e amante dei tramonti, un po' caciarone, lievemente anarcoide pur nella sua contiguità al potere, letterariamente belliano nella sua carnalità, ecco, il comunismo della capitale ben si adatta a Curzi, uomo di cellula e di terrazza. La leggenda dell'apparato lo vuole figlio di un barbiere - l'artigianato come il nerbo del pei capitolino - e politicamente precocissimo ingraiano alla cronaca dell'Unità. Non colto, Curzi, ma dotato di una grande capacità di lavoro e soprattutto di un fiuto straordinario, è uno dei quadri su cui il partito investe immettendolo nel funzionariato di lusso, «una delle più grandi università di vita - come ha spiegato l'altro giorno Carlo Ripa di Meana -, paragonabile solo a quella che prepara il personale diplomatico in Inghilterra». Nel caso del compagno-giornalista, che è allegro, burbero e popolaresco, l'accenno britannico sembra fuori posto. Eppure, con il senno di poi, in definitiva Curzi sarà utile al pei più di tanti altri compassati dirigenti. Fonti ufficiali lo danno tra i difensori - con Berlinguer - delle Botteghe Oscure durante l'assalto neofascista della «Guardia ai Labari». Fonti meno ufficiali sostengono che nella campagna elettorale anti-truffa 1953 Sandrino venne fatto camuffare da «non comunista» e fu «prestato» al partitino liberale dissidente di Epicarmo Corbino. Il che, una volta appurato, costituirebbe un passaggio sicuramente spassoso per un'eventuale biografia. I giornali in cui lavora, come direttore, condirettore e vicedirettore sono Nuova generazione (con l'esordio di Occhetto e di tanti altri), l'Unità e Paese Sera, quest'ultimo perfezionatissimo fiancheggiatore (ora l'espressione suona becera, ma negli Anni Settanta il quotidiano di Cingoli e poi di Benedetti fu una specie di rispettabilissima bandiera per la sinistra giovanile e movimentista). Curzi sempre assai mobile e astuto nel gioco dei quattro cantoni, che poi era Botteghe Oscure, la federazione romana di via dei Frentani, la cellula interna e l'amministratore Terenzi. Imbattibile nella ge¬ stione dei rapporti interni e nelle assemblee sindacali. Leggenda nella leggenda, la conduzione della riunione di redazione del sabato con l'invito a fare un giornale che la domenica poteva essere un po' più spregiudicato: «Regà (ragazzi, ndr), tirate fori 'na cosetta erotica!». Attività per un certo periodo alternata alla guida, con Luciano Ceschia - il Tempo fulminò il gemellaggio chiamandoli «Cicerchia» e «Curzoli» - del Movimento dei giornalisti democratici (erano anche i tempi in cui quest'ultimo aggettivo veniva regolarmente declinato con l'inseparabile accompagnamento di «laici e antifascisti») e quindi della Federazione della stampa. Egualitarismo sindacale, per il pubblico, e scoperta del pianeta Rai, per il personale che nel caso di Sandrino è sempre stato molto politico. Sarebbe ingiusto, ora, ritenere che Curzi, comunista della capitale, non abbia diretto il Tg3 (anche) per servire la Causa. Quel che è interessante, però, è che mentre si trovava lì la Causa spariva. Forse solo lui poteva inventarsene un'altra. Filippo Ceccareili I suoi pregi: super fiuto e grande capacità nel gestire la redazione 1 direttore del Tg3 Sandro Curzi (sopra) A destra, Pietro Ingrao

Luoghi citati: Cingoli, Europa, Inghilterra, Meana