Anche il riso muore nell'acqua di Gianfranco Quaglia
Il maltempo sconvolge le previsioni di un'annata record, ma per ora i prezzi tengono Il maltempo sconvolge le previsioni di un'annata record, ma per ora i prezzi tengono Anche il riso muore nell'acqua La pioggia cancella la floricoltura del Lago Maggiore MILANO. Questa volta il riso ha rischiato di morire nell'acqua, dopo esserci nato, stravolgendo il vecchio adagio secondo cui il cereale più antico del mondo finisce i suoi giorni in gloria, innaffiato dal vino. L'eccezionale ondata di maltempo abbattutasi sul settore nord-occidentale dell'Italia non ha risparmiato la risicoltura. Il raccolto è in ritardo rispetto allo scorso anno: nelle campagne del Vercellese e del Novarese c'è ancora un buon 30% di prodotto da raccogliere, perché le mietitrebbia faticano ad avanzare nella fanghiglia. La pioggia ha anche provocato il fenomeno dell'«allettamento»: il riso maturo, si è coricato a terra rendendo difficile la raccolta. Inoltre la prolungata condizione di clima freddo e piovoso ha sovvertito tutte le previsioni della vigilia: niente raccolto record favorito anche dall'estensione, storica, di superficie a 231.740 ettari. L'Ente nazionale risi indica che il milione 325.511 tonnellate dello scorso anno sarà eguagliato o appena superato. Per fortuna degli agricoltori reggono i prezzi. Anzi, sono su li- velli decisamente alti, quasi tutte le varietà al di sopra delle 70 mila. Qualche esempio: 75 mila per il Roma e il Baldo, 80 mila l'Arborio. Superano le 80 mila le quotazioni degli Indica, i risi di origine subtropicale che più hanno sofferto di questa situazione meteo e sono ancora in fase di raccolta. Il minor riso prodotto e la forte richiesta sui mercati europei, determinata anche dalla grande siccità in Spagna dove il settore ha subito un tracollo, alla fine dovrebbero favorire gli agricoltori. Ma nel comprensorio risicolo i danni provocati dall'alluvione sono enormi, soprattutto al sistema irriguo. La fitta ragnatela di canali (22 mila chilometri tra Dora e Tici¬ no) ha retto bene all'onda d'urto, pur accusando notevoli ferite. Il direttore dell'Associazione irrigua Est Sesia, ingegner Sergio Baratti, ha seguito in tempo reale la calata dell'acqua, dal Lago Maggiore alla pianura, grazie a un sistema di monitoraggio computerizzato: «Per fortuna - dice - questo è il tempo d'asciutta dei canali e delle rogge e la massa d'acqua arrivata dai fiumi e dai laghi non ha provocato l'irreparabile». I tecnici sono riusciti a convogliare la grande piena da un corso d'acqua artificiale all'altro, con tempestività. Malgrado ciò i danni alle opere irrigue ammontano a qualche decina di miliardi. Dalla risaia alla floricoltura, altro comparto rilevante nel Piemonte nord-orientale. Lo straripamente del Lago Maggiore ha sommerso e spazzato via vaste coltivazioni di camelie, rododendri, azalee, nel momento più delicato dello sviluppo. In alcune aree è rimasta una melma che non consente il ripristino delle pianticelle se non a lungo termine. I danni finora accertati superano i 4 miliardi. Gianfranco Quaglia
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