E morto Paolo Bortoluzzi una stella della danza di Luigi Rossi

E' morto Paolo Bortoluzzi, una siella della dama Il grande ballerino e coreografo aveva 55 anni. Se ne è andato per una polmonite virale, ma c'è chi parla di Aids E' morto Paolo Bortoluzzi, una siella della dama Fu direttore alla Scala, viveva a Bruxelles: Béjart creò un duetto per lui e Nureyev BRUXELLES. Paolo Bortoluzzi è morto a Bruxelles per congestione cerebrale dovuta a una bronchite virala (voci parlano di Aids). Nato a Genova, aveva 55 anni. Da due dirigeva il balletto del Grand Théàtre de Lyon a cui era giunto da un analogo incarico a Dusseldorf. DOPO aver studiato nella sua città natale con un'allieva di Cecchetti, aveva debuttato al Festival di Nervi accanto a Carla Fracci nel 1957. Nel 1960 Béjart lo volle come stella della sua compagnia a Bruxelles e da allora per il giovane italiano è iniziata una folgorante carriera internazionale che lo portò sui maggiori palcoscenici del mondo. E' del 1971 il famoso duetto maschile creato da Béjart, per lui e per Nureyev, «Canti di un compagno errante» su musica di Malher. Nella brillantissima carriera di Paolo Bortoluzzi va anche ricordata la sua direzione del corpo di ballo della Scala, che ha retto per troppo poco tempo purtroppo, curando contemporaneamente importanti coreografie come «Omaggio a Picasso» e «Cinderella» in cui danzava con una delle sue partners predilette, Luciana Savignano, per la quale ha più recentemente creato ima «Butterfly», di cui proprio sabato prossimo, nel gala dei 180 anni della Scuola di ballo, la Savignano e Marco Pierin eseguiranno un «pas de deux». Bortoluzzi è stato un tipico ballerino di scuola italiana, anche se ha accresciuto le sue conoscenze con altre grondi fonti didattiche come Nora Kiss, Asaf Messerer e Béjart. Proclamava giustamente che un danzatore d'oggi non può permettersi un unico maestro e la sua personalità passava dalla classicità alla dimensione più moderna. Nella sua più recente produzione, schietto successo proprio al teatro Carlo Felice della sua città natale, ha offerto la misura dello sposalizio tra rigore accademico e sensibilità d'oggi. Nella sua versione coreografica de «La bella e la bestia» il modello di Ciajkovskij-Petipa era rivisitato con una tecnica molto moderna e di estremo interesse. Già nella sua permanenza a Bruxelles, durata una dozzina d'anni, oltre ad interpretare i maggiori capolavori di Béjart come «Romeo e Giulietta», «Bahkti», aveva per primo affiancato il celebre coreografo anche nell'attività creativa. Poi Bortoluzzi aveva avuto un periodo italiano che lo aveva portato a Spoleto, alla Scala e all'Arena di Verona, spesso accanto a Carla Fracci in classici come «Giselle» e il «Ballo Excclsior». Sembrava tornata l'epoca d'oro dei grandi danzatori italiani ma, come sempre, i nostri teatri se ne lasciarono sfuggire l'occasione. E' così ricominciata la carriera randagia di Bortoluzzi in teatri come l'Opera di Dusseldorf, ove potè realizzare altre importanti creazioni come la coreobiografia di Ciajkovskij vista anche al Regio di Torino. Passato a Bordeaux nel '91 aveva curato la serata del Grand Théàtre ricostruito sulla struttura settecentesca, ove Dauberval aveva creato il piimo balletto moderno «La fille mal gardée» durante la Rivoluzione. A Bordeaux aveva chiamato giovani artisti italiani che si erano dedica¬ ti con entusiasmo alla ricostruzione della storica compagnia. Con lui la danza italiana perde la sua ultima stella in campo maschile, l'unico danzatore che poteva collocarsi alla pari con i grandi ballerini internazionali, anche se aveva sempre rifuggito il divismo e si era sempre considerato uno schivo artigiano della coreografia. Luigi Rossi