Mantovani un addio a tempo di Jazz

| Città paralizzata, chiesa gremita: e sul sagrato una banda di New Orleans come voleva lui Città paralizzata, chiesa gremita: e sul sagrato una banda di New Orleans come voleva lui Mantovani, un addio a tempo di Jan Quarantamila ai funerali del presidente della Samp | ULTIMO SALUTO AL MITO DI GENOVA SGENOVA EMBRA una chiesetta di campagna: è nel cuore del quartiere di Albaro dove ancora resistono al cemento i sentieri stretti e fioriti. E' la chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù, qui si sono svolti ieri mattina i funerali di Paolo Mantovani, scomparso giovedì all'ospedale Galliera di Genova dopo un'agonia di una ventina di giorni. In questa stessa chiesa fu celebrato il rito funebre dell'avv. De André, fratello del cantautore, che difese Mantovani in un processo legato a traffici petroliferi. Mantovani fu assolto con formula piena. E' stato come il funerale di un Capo di Stato, lacrime di dolore e musiche di una band, bandiere e sciarpe blucerchiate, una commozione che ha attraversato la città. C'erano quasi 40 mila persone che hanno assediato Albaro, vietata ai bus e alle auto. La chiesa era gremita: nel cestino posto all'ingresso, i biglietti da visita erano una piccola montagna, avevano sepolto le rose che la moglie vi aveva posto. La delegazione di Sampierdarena (centomila abitanti), dove più forte ha sempre battuto il cuore della società, si era trasferita con ogni mezzo ad Albaro, primo centro del Levante di Genova. Ma tutta la zona, dalla Foce alla chiesa, è piombata nel caos: questa città depressa, mortificata dalla crisi, come un pezzo di Sud trasferito al Nord, è avarissima di richiami. Ma ieri si è inaugurato il Salone nautico, è stato aperto il nuovo Acquario, c'è stato il rito funebre per Mantovani. Mezza città in stato d'assedio. E qualche lamentela: ci sono volute ore per raggiungere un bus o un taxi dalla chiesa a Nervi o al centro. Si è parlato di forme esagerate, di fanatismo calcistico. Ma si è visto dolore autentico. C'erano i rappresentanti di tutti i 200 Sampdoria Club (20 mila aderenti), donne con la borsa della spesa e sciarpe blucerchiate, ragazzi con la maglia numero 10, quella di Mancini, il campione più amato. Su questa folla è calato il discorso di padre Mario Galli, consigliere spirituale della Sampdoria: «Questo è il canto dell'estremo riposo». Due anziane donne del club «Caterina Mura» di Sampierdarena piangevano sotto un albero, avvolte in una bandiera blucerchiata. Un gagliardetto era stato issato sulla cima di un cipresso. E ancora, dopo le note dell'«Adagio» di Albinoni, la voce di padre Galli: «Allo stadio tutti corrono, pochi vincono». Mantovani era un vincitore, falsamente rude, in realtà bonario, che ha portato con sé, al cimitero, 14 anni di passione sampdoriana. Sono arrivati da tutti i quartieri; per ricordare tanta folla bisogna risalire alle adunate sindacali degli Anni 60. Non sono mancate le proteste di chi è rimasto bloccato per ore. Questo il tema: «Perché non si raccoglie tanta gente per la difesa di posti di lavoro, che a Genova hanno creato un vuoto occupazionale di 60 mila dipendenti?». Sono arrivati a piedi, o con strepitose carambole in motorino, da Molassana, San Fruttuoso, Marassi, Cornegliano, Rivarolo, le zone più colpite dalla recessione. Si sono scoperti gesti di amore e di gentilezza impensati, in una Genova che è ruvida di natura: bastava chiedere permesso per poter fendere la folla compatta, che cortesemente si schiudeva. Erano i tifosi che Mantovani voleva: cortesi, mai isterici per una sconfitta, mai troppo esaltati per una vittoria. Lo «stile Sampdoria» ha conquistato le platee del calcio. Chi ha portato orchidee, chi roselline, chi fiori di campo. C'erano corone di rose scarlatte, gladioli rosa, gerbere fucsia. Composta nel dolore anche la famiglia: Dany Rusca, la moglie, ha pianto solo dopo che la bara era stata trasportata al cimitero di Stagliene Resta da chiedersi, ancora, come la scomparsa del presidente di una società di calcio abbia suscitato il rimpianto e l'affetto di tanta parte della città. «Chi ride del calcio ricordi che la Samp portò a Wembley per una partita di Coppa ventisettemila sostenitori», ammonisce Victor Uckmar, uno dei personaggi più importanti di Genova. Il calcio: è questa la molla di ogni entusiasmo, lo sport capace di creare questo feeling tra ricchi e poveri. C'è chi non ha dormito: veglia al Galliera, attesa in Albaro che arrivasse il feretro (poi portato a spalle dai calciatori), tutti ad aspettare la funzione. In piazza Leonardo da Vinci, poco distante dalla chiesa, il chiosco di un fioraio è rapidamente rimasto con pochi ciuffi d'erba, chi era senza fiori li ha comprati a peso d'oro per portarli in chiesa. Le lacrime: di don Berto, che ha sposato la figlia del presidente, Francesca, e ne ha battezzato il nipote; di tre sacerdoti di un convento genovese che non hanno mai smesso di pregare; delle ragazze del «Sampdoria Club Femminile», con la casacca blucerchiata. Presenti gli ultras guidati dal loro leader Enzo Tirotta che ha chiesto di non portare oggi striscioni allo stadio, di ricordare il presidente con un dignitoso silenzio. Ha detto Ti¬ rotta: «Abbiamo già chiesto che la gradinata Sud venga chiamata Curva Mantovani». Nella giornata di lutto, che ha coinvolto tanta parte della città, un episodio malvagio, incredibile: sconosciuti hanno tentato un furto nella villa di Mantovani sulla collinetta di Sant'Ilario. Alcuni familiari hanno notato che due finestre avevano le tapparelle alzate. E' intervenuta una pattuglia della volante che ha trovato vetri frantumati, segni di scasso in una porta, stanze messe a soqquadro. Non si sa ancora se i ladri abbiano rubato: la famiglia, al momento, non ha né tempo né voglia di fare inventari. Avrebbe voluto che suonasse per lui la «Excelsior Bras Band» di New Orleans, che ieri ha pre¬ ceduto il feretro, dalla piazzetta Toscanini nel quartiere di Albaro, fino alla piazza Leonardo da Vinci. Qualche centinaio di metri partendo dalla chiesa, trombe e sassofoni, note ora struggenti ora squillanti che hanno stupito la folla. Ma Paolo Mantovani nei mesi addietro non aveva avuto tempo, e nelle ultime settimane non era in condizioni per affrontare un viaggio nel Dep South americano, e allora ecco che il suo desiderio è stato esaudito: chi conosceva il suo amore per il jazz ha contattato la band che con rapidità ha raggiunto in volo Genova da New Orleans. Abito nero, camicia bianca, cravatta scura: erano un bianco e sei di colore. Chi si aspettava ai funerali note di Bach o di Beetho¬ ven è rimasto colpito dalla band che suonava come nelle città dell'America del Sud, che è il cuore del jazz: uno scrosciare di applausi. La «Excelsior» ha suonato un motivo che era già caro a Louis Armstrong, «What the friends we have in Jesus». Note romantiche, gioiosamente religiose, rotte da squilli di tromba e dal singhiozzo soffocato dei sassofoni. Così la band suona di solito ai funerali nella Louisiana. Si dice che Mantovani avesse espresso giorni fa, quando la sua mente era ancora lucida, il desiderio di sentire la «Excelsior». Ha ragione chi ha detto che Paolo Mantovani non ha mai cessato di stupire, nemmeno da morto. Guido Coppini Ma durante la cerimonia hanno svaligiato la sua casa Ragazze in lacrime davanti alla chiesa di Albaro in cui si sono celebrati i funerali. A destra il capitano della Samp, Roberto Mancini, e la bara portata a spalle dai giocatori: da sinistra, Vialli, Mannini e Pagliuca