VOCI DAL VESUVIO

VOCI DAL VESUVIO VOCI DAL VESUVIO 7944, il «compromesso» di Radio Napoli: al microfono comunisti ed ex ragazzi dei Guf ne di continuità dal giornalismo fascista. Senza soluzione di continuità erano approdati direttamente dai Guf i «ragazzi di via Chiaia», da Luigi Compagnone a Franco Rosi, da Raffaele La Capria, a Gianni Scognamiglio, da Antonio Ghirelli, a Tommaso Giglio, da Giuseppe Patroni Griffi a Maurizio Barendson. E questa fu la caratteristica più importante di Radio Napoli. Lo sbocciare a una sorprendente maturità di un gruppo di giovani dotati che, in gran parte, s'erano fatti da soli, studiando a modo loro, ricostruendosi un mondo diverso da quello in cui erano stati costretti a vivere. Nel 1937 a Ruggero Zangrandi a Roma e ad altri suoi amici sparpagliati tra i Guf della Penisola era balenata un'idea per uscire definitivamente e autorevolmente dall'eterna condizione di ragazzi. L'idea di andar volontari in Spagna a combattere dalla parte dei ribelli, ovvero dalla parte di Franco. L'idea era talmente strampalata che, nel corso delle appassio- ln una città tra pus e dollari un'iniziativa destinala a «fare cultura» nel, resto d'Italia Era corso subito a iscriversi in quella squallida sede di via Galliano una volta partiti i tedeschi, con la scrupolosità del cittadino che, rasa al suolo la città, ma ammutolite finalmente le batterie nemiche, s'avvicina a quei pozzi che spera non infetti, per ricominciare la vita. A momenti dava persino noia con il suo entusiasmo, ma non poteva non intenerire; e durando e diffondendosi la fama di quella sua intelligenza, di quel \lti.sl mietimi in una scena del film «La pel/e-, trailo dal romanzo di Accanto a Mieli, Spano e Reale, molti collaboratori formatisi neifogl i fascisti: Compagnone, Rosi, Ghirelli suo ridere così disperato, pieno di un tremito di cieli infranti, la sua casa fu presto come una guarnigione, in stretta comunicazione con quella del ragazzo Prunas, posta nella roccaforte della "Nunziatella", dove il padre di Prunas dirigeva quell'antica scuola militare. Intorno Napoli era quello ch'è noto, una colata lavica di pus e di dollari, l'Americano aveva sostituito il Borbone, e bastava sentire dire achei, perché dalla Vicaria a Posillipo tutti i cuori tremassero, e in queste due case, che in realtà erano una sola, se ne profittava per stendere, forse ingenuamente, ma con un impegno evidente, le prime linee di quella scuola della Ragione che, altrove, aveva già purificato i paesi e alla cui mancanza, qui era dovuto il profondo sonno e la dispersione della coscienza. Si voleva sapere tutto, capire tutto di questa mostruosità che, alla luce degli ultimi fatti, appariva Napoli...». Luigi Compagnone, che come funzionario della radio sarebbe diventato direttore del «settore prosa», fu un punto di riferimento per i «ragazzi di via Chiaia» con la sua intemperanza e la sua passione come lo fu con la sua determinazione e la sua purezza Paquale Prunas fondatore, finanziatore, sostenitore di una stampa diversa, di un modo più consapevole e più ambizioso di concepire la cultura. L'anno 1944 fu un anno particolarmente ricco di rivelazioni, promesse e anticipazioni da parte dei ragazzi napoletani in complesso o dialettico sodalizio con i coetanei inglesi e americani. Non è un caso che proprio in quell'anno apparisse una specie di plaquette in un certo senso leggendaria, quasi un colpo di mano. «In quell'anno, insieme con Tommaso Giglio», ha scritto Raffele La Capria in un suo ricordo apparso sul Corriere della Sera del 19 agosto 1991, «avevo tradotto e pubblicato in una specie di plaquette che apparve anche in qualche libreria (ma che distribuivamo noi stessi agli amici) nate discussioni per formare un battaglione autonomo, tutto di universitari che condividessero gli stessi programmi di rinnovamento politico e sociale all'interno del fascismo, il progetto si era con assoluta naturalezza capovolto. I cospiratori, sotto l'incalzare delle notizie di fonte repubblicana che pervenivano a mezzo radio, erano arrivati a un certo punto alla conclusione che bisognava andare in Spagna, sì ma per combattere dalla parte dei rossi. La condizione tassativa che fosse garantita l'unità organica del reparto aveva incontrato molte difficoltà e, nel giro di qualche settimana, le autorità competenti avevano risposto picche. Ma Luigi Compagnone, che aveva aderito subito al progetto di Zangrandi e un paio dei suoi amici napoletani avevano spinto la loro ingenuità sino a scovare l'abitazione dove era tornato a vivere da Parigi Arturo Labriola e sino a recarsi da lui per chiedere indicazioni e suggerimenti su come raggiungere più facilmente e più clandestinamente la Francia e passare con i repubblicani spagnoli. Arturo Labriola li aveva respinti sulle scale, pallido corno un cencio. Luigi Compagnone aveva ventidue anni. Non aveva ancora trent'anni quando i tedeschi avevano dovuto lasciare Napoli. E lui ora corso subito a iscriversi, come racconta Anna Maria Ortese in un ritratto non autorizzato, anzi vituperato e rifiutato dal ritrattato, in quel libro struggente e fazioso che è 11 mare non bagna Napoli (Einaudi 1953): «Il Compagnone era comunista come del resto tutta la più tenera gioventù di Napoli, affinatasi nelle cellule segrete del Guf. uno dei Quattro quartetti di T.S. Eliot, Little Gidding che nella nostra traduzione cominciava così: "La primavera fiorita nel cuore dell'inverno / è la sola stagione che in questo posto non muta / anche se dilegua sotto i raggi del sole / rimane eternamente sospesa nel tempo...". In quell'anno 1944 la guerra non era ancora finita, e nell'Italia occupata dagli Alleati qualsiasi pubblicazione doveva essere sottoposta al visto dell'Autorità Militare, il PWB, ma noi non ce ne preoccupammo. Chi avrebbe potuto censurare Eliot? E una traduzione come la nostra, così ben intonata all'originale? "E' questa la primavera inattesa / che ha rotto il suo patto col tempo / e imbianca i filari di effimeri fiori di neve...». Quello stesso anno avevo conosciuto in una libreria, un ragazzo americano che stava cercando le poesie di Rilke. Bill Weavor aveva la mia stessa età, era volontario nell'esercito Usa, impiegato al fronte come portaferiti. Nel mio inglese sco- Mala/xirle lastico facevo lunghe conversazioni con Bill ogni volta che veniva in licenza dal vicino fronte, cosa che accadeva quasi ogni weekend. Naturalmente ci scambiavamo libri perché stava imparado l'italiano. Io gli passavo Ungaretti e Montale e lui Auden, Dylan Thomas, Stephen Spender. Così erano arrivati i Quattro Quartetti di Eliot... tanto fervore letterario fu notato dal direttore del PWB, l'ufficio che controllava come una specie di Intelligence Service non solo la radio e tutto quel che veniva stampato, ma nche le relazioni culturali. Questo direttore era un inglese che aveva l'animo di un viaggiatore del Grand Tour, un grande amore per l'Italia e una raffinata cultura. Si chiamava Ian ~ . . , . Sldt L . . , . Soldati e L queste Ecco torna re in cronache nomo di questo benefattore inglese della nostra cultura. Ma, insieme con lui, queste jjj QJTWQ (fa tona he E da Bari l'apostolo c'è quest'altro nome di un benefattore americano della nostra cultura: William Weaver. Ed è giusto che la parola passi a lui. «I napoletani avevano saccheggiato le librerie prima del nostro arrivo, avevano comperato tutti i dizionari italo-inglesi esistenti. Io ne ho trovato solo uno italo-tedesco, con me ne avevo uno tedesco-inglese, e così cercavo le parole facendo i due passaggi. Un sistema non proprio ideale. Leggevo le insegne, cercavo di capire qualcosa... Io avevo fatto sette anni di latino, conoscevo lo spagnolo, il francese, in qualche modo mi arrangiavo», ha raccontato William Weaver a Giorgio Calcagno, come si è potuto leggere su La Stampa del 27 agosto di quest'anno. «La Capria dice che ci siamo conosciuti in una libreria, mentre io cercavo libri in inglese. Ma non è mica vero, è lui che da scrittore, ci costruisce un suo racconto. In libreria