FRANCOSPERA

FRANCOSPERA FRANCOSPERA Alla Fiera del Libro progetti e ottimismo per superare la crisi sterilità? «Lavorare molto con l'università. E' un mercato programmabile, quindi sempre più redditizio». La situazione inglese, secondo quanto si sussurra sui tapis roulants della Buchmesse, è più infelice di quella americana. Gli editori britannici non nascondono i dati sulla contrazione delle vendite e sulla ristrutturazione dei grandi gruppi. Stuart Proffitt, responsabile della «varia» per la Harper Collins, ci spiega che la prima manovra anticrisi è stata la semplificazione, l'unificazione di tutti i marchi del gruppo in due sole sezioni, l'hardback e il paperback. «Poi continua Proffitt - abbiamo gradualmente ridotto il numero dei dipendenti, tra il 10 e il 20 per cento. Nessun licenziamento, semplicemente non venivano sostituiti quando se ne andavano. Il numero delle novità è considerevolmente sceso. Nel mio settore siamo passati da 1000 a 800. Abbiamo puntato molto sul libro popolare». In attesa del successo annunciato delle memorie della Thatcher, la Harper Collins ha sette creature nella lista dei best sellers, da Archer, a Clancy, a Jung Chang (cinese d'Inghilterra con una saga familiare che ha venduto già 500 mila copie). Proffitt ci ricorda che il genere più amato, «una caratteristica peculiare inglese», è quello delle biografie, a prova di ogni recessione, e ci spiega anche che i dolori non dipendono dal prezzo. Il peggio è già passato Sobbalza quando scopre che in Italia ci sono libri a mille lue: «Da noi, nessun libro, potrà mai costare così poco. Il limite è 4 sterline e 99, e per qualche raro lancio promozionale, 3. E poi, il mercato che soffre è quello dei paperback. Gli hardback sono in ebollizione, il settore della nonfiction va molto bene». Avete studiato iniziative per stimolare la lettura tra i giovani? «Sì, ma gli inglesi sono ancora troppo restii a organizzare campagne in comune. Il problema della lettura deve essere affrontato dall'industria nel suo complesso, non CO MPRATI I. VI.NDl IIAutori, litoti e affari allo *5a limhmvssc OLANDA III-IX / XCjilVli tifi fHU'XI' ilorr si h'Hjp di l>iii Alberto Vitale, responsabile del gruppo americano Random House Margaret Thatcher Molta attesa per le «Memorie» della signora di ferro La scrittrice statunitense Toni Morrison premio Nobel 1993 zi "contemporanei" di esordienti che parlano dell'oggi attraverso la fiction. Copertine austere, prendendo in contropiede le fantasie dei grafici. E il pubblico mi ha dato ragione, riesco a raggiungere anche le 20-30 mila copie». Il libro in Francia ha una vita lunga tre mesi: «O convinciamo il libraio che può vendere nel tempo, e allora resiste anche due anni sugli scaffali, oppure è finito per sempre. E' un sistema crudele, malthusiano, eppure inevitabile nell'era dell'informatica. Noi editori abbiamo l'obbligo morale di sostenere i librai, ma anche di studiare nuove soluzioni di vendita, perché questo mercato è l'unico a non essersi ammodernato. Si stanno studiando formule con il club del libro, e librerie come punto di informazione e ordini per vasti gruppi di lettori associati». La Germania che arrivava da una favolosa crescita del mercato librario (26% subito dopo l'unificazione), ora langue. Gli editori guardano crucciati alla disaffezione verso la lettura di un popolo tradizionalmente molto colto. Altra grande preoccupazione (fatta sentire anche in sede Cee) è quella del prezzo fisso. La Germania (come le altre nazioni che fanno parte di larghe aree linguististiche, Inghilterra-Irlanda, Francia-Belgio) preme perché sia adottata una politica di salvaguardia del prezzo nazionale. Stessa ansia si avverte al ministero belga della Cultura. «Per l'area fiamminga - ci spiega Robert Elsen, funzionario del ministero - in Olanda c'è il prezzo fisso, mentre in Belgio no. E questo crea scompensi nel mercato librario. Ma nell'Europa del libero scambio di merci, è difficile far accettare la filosofia di prezzi nazionali protetti». Lo spettro per gli editori germanici è quello della disoccupazione. Un'inchiesta nelle regioni industriali più colpite, offre un quadro curioso: quando i senza lavoro sono passati dal 4 al 7,5%, la vendita dei libri è cresciuta del 10%; quando i disoccupati supe- rano la soglia del 10% c'è invece una flessione netta, del 15%. Con la frustrazione, evapora la voglia di leggere e, quando proprio resta, si orienta verso gli economici. Per non perdere lettori, i grandi editori tedeschi sono in questi tempi concentrati nel tenere i prezzi più bassi possibile. Alla Buchmesse è stata presentata la prima indagine comparata sulle abitudini di lettura all'Est e all'Ovest. Si è scoperto che la vantata cultura dell'ex Ddr non era solo propaganda di regime. Sugli scaffali nelle case dei nuovi Laender c'è una media di 110 libri, in quelle dell'Ovest 79 (e solo nel 14% delle case non c'è nemmeno un libro); il 55% dei tedeschi dell'Est prende in mano un libro ogni giorno (mai appena l'8%) contro il 37% dell'Ovest. Quelli che se ne infischiano del libro, sono nel Paese riunificato il 25%. Tra le cause che allontanano dalla lettura, non ci sono avvisi di garanzia per i prezzi alti o per la scuola che non ha fatto il suo dovere: le statistiche dicono che si è distratti da altri passatempi. Nelle 7,5 ore giornaliere trascorse a informarsi, per la lettura restano in media 20 minuti. L'associazione degli editori tedeschi si dà un gran daffare per stimolare la lettura. «Organizziamo in 2500 scuole concorsi per mezzo milione di allievi - dice Gerhard Kurtze, presidente dell'Associazione - per insegnare ai bambini il piacere e il significato della lettura. Stiamo insistendo con il governo per impedire drastici tagli ai fondi delle biblioteche, tra il 10 e il 25% quest'anno, e fino al 50% l'anno prossimo. In periodi di difficoltà economica, devono essere le biblioteche a aumentare l'offerta di lettura. Investiremo 42 milioni di marchi (quasi 40 miliardi) nella costruzione di una grande "casa del libro" a Lipsia. Gli editori, nei momenti di difficoltà, non devono pensare solo a far quadrare i bilanci. Dobbiamo investire npll'intelligenza». da un editore singolo». Bertrand Py, editore e direttore editoriale delle raffinate Actes Sud francesi, spiega che «il peggio in Francia è passato», ma anche che qualcosa è definitivamente cambiato nel modo di comprare libri. «E' scomparso il cliente che entrava in libreria, faceva il flaneur, sfogliava, chiedeva, comprava su consiglio. Oggi arriva con le idee chiare, ha già scelto prima. Noi editori di media grandezza abbiamo dovuto adeguarci a questo mutato atteggiamento, a questa nuova oculatezza, riducendo i titoli e i costi. Nel '90 Actes Sud ha pubblicato 100 novità e 30 tascabili; nel '93, 85 novità e 45 tascabili. Ci siamo concentrati su un'editoria di qualità, esigente, e abbiamo impostato una "politica dell'autore". Scegliamo uno scrittore, e lavoriamo libro dopo libro per costruirgli l'immagine. E' la sola ricetta per sopravvivere in tempi difficili. Bisogna smettere di cercare a casaccio il colpo di fortuna». Voi siete famosi per l'attenzione rivolta a tutto il mondo, dalla Corea alla Scandinavia, fate questa scelta anche con i giovani francesi? «Sempre di più. Credo che le scoperte migliori avvengano nella propria lingua. Ho appena creato una nuova collana dedicata a roman- Bruno Ventavoli \I'\U\\"