Un lungo dialogo per sopravvivere di Luciano Gallino

ino ini^J PROFESSORI E POLÌTICA Un lungo dialogo per sopravvivere r\ IOME riuscì a sopravvi| ' vere, materialmente e I intellettualmente, la 1 / cultura scientifica ita^ I liana durante il fascismo? Pur con dolorose perdite, per lo più posteriori al 1938 (anno in cui sono emanate in Italia le leggi razziali) essa non conobbe emorragie migratorie paragonabili a quelle che sin dal 1933 falcidiarono la scienza tedesca sotto il nazismo; né subì un totale asservimento all'ideologia dominante, pari a quello che toccò ai colleghi russi sotto il regime sovietico. E' quindi legittimo chiedersi quali furono, di là delle variazioni di volontà e capacità repressive delle tre dittature, i fattori che spiegano questa differenza. Benché circoscritte a una parte specifica della popolazione degli scienziati, le lettere dei matematici italiani a Giovanni Gentile (che cominciano col 1907 ma ricadono in gran maggioranza nel periodo fascista) consentono per la prima volta di intravedere una risposta, che le storie della cultura italiana del Novecento, concentrate per lo più sulle vicende artistiche e letterarie, hanno finora appena sfiorato. I matematici italiani appaiono sopravvivere come entità culturale, attraverso queste lettere, concentrandosi sui bisogni di riproduzione sociale della loro disciplina. Nel confronto con il potere politico, come nella competizione con altre discipline scientifiche e altre culture, a cominciare dall'arena universitaria, una scienza riesce ad affermarsi soltanto se dispone d'un numero di cattedre crescente, o al peggio costante: se forma allievi che per quantità e qualità siano all'altezza dei maestri, se non migliori di loro; se sa sviluppare uno o più poli nazionali di eccellenza nel campo della ricerca e dell'insegnamento, tale da attrarre e concentrare le intelligenze migliori; se i suoi esponenti sanno dar vita ad associazioni abbastanza vigorose da portare al pubblico le esigenze di quella scienza, insieme con la dimostrazione della sua utilità sociale. Di tal genere sono appunto gli obiettivi che i matematici italiani appaiono perseguire con queste loro lettere a Gentile. Diversamente da quanto si potrebbe sulle prime ipotizzare, esse non si dirigono affatto al Gentile filosofo di cui era nota - al pari di Croce, e almeno per la prima parte della sua carriera - la pregiudiziale ostilità verso la scienza, onde convincerlo che anche la scienza può attingere, a suo modo, le vette della vera conoscenza. Il loro destinatario è il Gentile che sin dalla seconda metà deI gli Anni 10 rappresenta nei con I corsi corsi e nella distribuzione delle cattedre un autentico potentato accademico. E' il Gentile ministro della Pubblica Istruzione dall'ottobre del '22 al luglio del 1924, senatore del Regno dal 1922, commissario e poi direttore della Scuola Normale di Pisa dal 1928, e in ogni momento infaticabile quanto efficace organizzatore culturale. Come dimostra, tra cento altre iniziative, il concepimento e la direzione della Enciclopedia Italiana, condotta a termine - e saranno 35 volumi che per intelligenza d'impianto e livello di trattazione ne fecero allora e dipoi una delle più autorevoli enciclopedie del mondo - in soli dodici anni, dal 1925 al 1937. A questo che fu l'intellettuale italiano forse più potente e influente del Novecento, anche se il suo peso politico in senso stretto declinò marcatamente negli Anni 30, i matematici si rivolgono per sollecitare cattedre e posti in commissioni di concorso; aumenti di sovvenzioni statali ai loro istituti e talora dei loro personali stipendi (la Normale di Pisa, sotto la direzione di Gentile, poteva fare anche ciò che sarebbe oggi impensabile); raccomandazioni a ministri, funzionari del partito e capo del governo; l'affidamento a sé o ad altri di articoli destinati all'Enciclopedia (nella quale la matematica ebbe una sezione vastissima); perfino l'assunzione da parte dell'Università - a condizione che il ministero ne rimborsasse la spesa - di avventizi da destinare al servizio di camerieri presso altro ente, ch'era la stessa Scuola pisana prima dell'arrivo di Gentile. Tra i quattordici matematici di primissimo piano che firmano le lettere vi sono studiosi assai freddi nei confronti del regirne e altri, come Severi e Picone, che con esso si identificano; ebrei la cui vita universitaria è spezzata nel 1938 dalle leggi razziali, come Ascoli, Fubini, Levi-Civita, e altri che invocando le benemerenze culturali acquisite invocano e ottengono che ad essi - in base ad una norma particolare chiamata paradossalmente «discriminazione» - le medesime leggi non si applichino. Con alcuni il destino fu crudele; più di tutti lo fu con Giovanni Gentile, ucciso a Firenze nell'aprile del 1944 come simbolo del regime che aveva di certo fedelmente servito, e però recando nelle sue azioni un'ampiezza di orizzonti da cui almeno un settore vitale della cultura scientifica italiana, come queste lettere dimostrano, trasse in complesso, nell'asprezza di quei tempi, un contributo non indifferente alla sua prosecuzione e rinascita al di là della dittatura. Luciano Gallino ini^J

Persone citate: Fubini, Giovanni Gentile, Levi-civita, Picone, Severi

Luoghi citati: Firenze, Italia