Eltsin volevano fucilarmi come lo Zar

Da Tokyo il leader rivela che il Parlamento aveva condannato a morte anche la sua famiglia Da Tokyo il leader rivela che il Parlamento aveva condannato a morte anche la sua famiglia Eltsin: volevano fucilarmi come lo Zar «Chi ha detto che rinvio le elezioni? Lo licenzio» In regalo al premier la foto dello zio deportato TOKYO DAL NOSTRO INVIATO Eltsin come lo zar Nicola II? Mosca 1993 come Ekatcrinburg 1918? Il Congrosso, se pure ridotto a una esigua minoranza di deputati, «approvò una risoluzione che ordinava di sterminare il Presidente insieme alla sua famiglia». Lo ha rivelato ai giornalisti Boris Eltsin nel corso della conferenza stampa conclusiva della sua visita ufficiale a Tokyo, rispondendo alle condoglianze per tutte le vittime della rivolta di Mosca che il premier giapponese Morihiro Hosokawa gli aveva appena porto. «Capisco che (gli avvenimenti di Mosca) inquietano il premier e l'opinione pubblica giapponese», aveva esordito il Presidente russo nel suo breve discorso, «sfortunatamente gli Stati devono talvolta fare uso della forza. Noi l'abbiamo usata per necessità, per evitare un bagno di sangue che avrebbe potuto costare un milione di morti». Egor Gaidar, interrogato dai giornalisti al termine della conferenza stampa, ha confermato che la lista delle personalità governative che sarebbero state fucilate in caso di vittoria dei rivoltosi comprendeva 150 persone, ma ha rifiutato di commentare la dichiarazione di Boris Eltsin sul progettato sterminio della sua famiglia. Eltsin - che appariva in buone condizioni - è stato molto deciso anche nello smentire le voci, sparsesi in Occidente, di un eventuale rinvio delle elezioni di dicembre e di una loro tenuta, nei primi mesi del 1994, simultaneamente alle presidenziali. «Smentisco decisamente - ha risposto -, le elezioni si terranno, come previsto, il 12 dicembre per entrambe le Camere dell'As semblea federale. Quelle presidenziali si terranno successivamente, sulla base delle decisioni della nuova Assemblea federale, poiché è questa una sua prerogativa». E poiché la voce di un possibile rinvio era sorta dopo la dichiarazione di uno dei consiglie¬ ri presidenziali, Eltsin è sbottato: «Io non tengo consiglieri di questo genere. Chi è?». Quando gli è stato detto che le agenzie attribuivano l'ipotesi a Gheorghij Satarov, Eltsin ha chiuso seccamente la questione con un minaccioso: «Ne terrò conto». Sono stati questi gli unici riferimenti alla situazione interna russa. Il resto è stato occupato dalla spiegazione dei risultati dei quattro round di colloqui che Eltsin ha avuto in due giorni: tre con il premier Hosokawa e uno con l'imperatore Akihito. E qui va detto che la visita si è risolta meglio di quanto le difficili condizioni in cui si svolgeva avrebbero fatto pensare. Tokyo, com'è noto, ne avrebbe volentieri fatto a meno: poiché sembrava non ci fossero le basi, nelle presenti condizioni, per alcun progresso sulla disputa territoriale attorno alle isole Kurili. Invece Eltsin qualcosa ha concesso: la dichiarazione congiunta finale elenca le quattro isole come tema della disputa e include l'impegno di Mosca a «onorare» tutti i trattati dell'era sovietica. Non c'è riferimento esplicito alla dichiarazione congiunta del 1956, in cui Mosca si impegnava a restituirne due, ma nella conferenza stampa Eltsin ha detto esplicitamente che quel documento «ovviamente è incluso». Così Tokyo ha ora ragione di pensare che le isole, almeno due, sono in linea di principio riconosciute come restituibili. Quando e come è cosa da decidere. Eltsin ha detto che «prima bisogna lavorare per avvicinare i popoli», cioè preparare il terreno. «Sciogliere o tagliare questo nodo è ora impossibile», ha aggiunto. Insomma, sarà compito di altri presidenti concludere questa disputa. Ma la mossa di Eltsin, insieme alle «scuse» molto sottolineate per l'«inumano» trattamento che l'Urss riservò ai prigionieri di guerra giapponesi, hanno in qualche modo un po' sgelato l'iceberg giapponese, permettendo a Eltsin di dichiarare soddisfatto che Tokyo ha «finalmente sciolto il vincolo che legava le questioni politiche (leggi le Kurili, ndr) a quelle economiche (leggi l'aiuto economico alla Russia, ndr)». Conclusione che Hosokawa non ha tirato. Tokyo capisce che non può fare come prima e non può avere una politica russa indipendente da quella del G-7, ma non rinuncerà a usare le sue leve per ottenere gli obiettivi che si prefigge. I sedici documenti firmati a Tokyo sono infatti in gran parte conferme di progetti già decisi. II Giappone aspetta di verificare la fattibilità degli impegni della Russia. Certo è che la caplatio benevolentiae di Eltsin è stata clamorosa. A Tokyo ha portato le scuse della Russia per le malefatte dell'Urss. Cioè ha fatto ciò che non volle fare a Praga. Ma si capisce: Morihiro Hosokawa può dare molto più di Vaclav Havel. E pare che il premier giapponese sia stato molto toccato dalla foto che Eltsin gli ha portato in dono, trovata in chissà quale archivio da chissà quale geniale ricercatore: quella dello zio, Fumitoka Konoe, tenente dell'esercito, morto nel 1956 a 41 anni in un campo siberiano. Giuliette Chiesa i» er, e ca de ati, ato anraile eri ulon st.] Boris Eltsin distratto durante la conferenza con il premier giapponese Hosokawa: è l'ora di tornare a Mosca