«Non sono un agente immobiliare» di Giovanni Cerruti

«Non sono un agente immobiliare» «Non sono un agente immobiliare» Formentini furibondo con il prefetto UN SINDACO NELLA BUFERA MILANO AVANTI alle telecamere dei tg lombardi va in onda il diplomatico, impeccabile sindaco Marco Formentini: «No, non voglio commentare il comunicato della prefettura». Si spengono le luci e quel comunicato diventa una pallottola (di carta): «Questa è la vergogna dello Stato!», si sfoga il sindaco della Lega. Giacomo Rossano, il prefetto, alle cinque del pomeriggio ha dato alle stampe la sua ultima ordinanza. Letta, riletta e tradotta più volte, dice più o meno così: il sindaco ci ha bidonato, non ha detto che i tre padiglioni del Trotter erano inagibili e dunque fermi tutti: che il sindaco si sbrighi e trovi un'altra area per il Leoncavallo. E Formentini schizza, scatta, avanti e indietro nel corridoio: «Aspettate un attimo che ci rifletto su», dice a tre telegiornalisti lombardi, Tg3, TeleLombardia, TeleNova. A telecamere spente si avvicina alla diplomazia: «E' disdicevole, ma non intendo polemizzare». Va bene, ma allora ha ragione il prefetto, il Leoncavallo può attendere, il sindaco si prende le sue responsabilità e la rampogna del rappresentante di governo? «Nossignori, è il prefetto che ha preso una gran bella nasata». Altra traduzione: non mi aveva detto che voleva mandare gli angioletti del Leoncavallo in quei tre padiglioni, che ne sapevo io? E così si ricomincia. Dove andranno, se andranno e quando andranno? «Cosa accadrà non so», dice Formentini. E nell'attesa ecco le pezze giustificative, tanto per dare un colpetto alla prefettura. Carte protocollate, burocrazia efficiente e il sindaco va all'attacco: «Il prefetto lo sapeva. E se non lo sapeva peggio per lui, basta leggere la nota ufficiale che il Comune di Milano ha inviato alla prefettura in data 24 ottobre 1988». Anche Formentini, in serata, dà alle stampe la sua nota. Messe a confronto, quelle di prefetto e sindaco si sono conquistate una definizione facile: dal Leoncavallo al leonca villo. Formentini, lontano dalle tv, è furibondo. Il prefetto ordina che il sindaco trovi un'altra area da destinare ai leoncavallini: «E che sono, un'agenzia immobiliare? E poi, scusate, ina sarebbe meglio che la prefettura, invece di dare ordini perentori, indicasse almeno per quante persone devo trovare l'area...». La troverà? «Ho già dato disposizioni, trasmetterò la lista al pre- fetto e basta, non più di questo. Io ho emesso un'ordinanza di sgombero, e neppure so se è stata consegnata. Non devo chiedere nient'altro, se non che lo Stato faccia la sua parte: il Leoncavallo è un edificio pericolante. Va sgombrato e basta». Martedì aveva scritto al presidente Scalfaro, nessuna risposta al momento. Ieri ha parlato al telefono con Umberto Bossi: «Ma non di questo, di altro, come le privatizzazioni». Si sente in difficoltà, in questa prima avventura da sindaco della Lega e sindaco «di tutti i milanesi»? Risponde che sì, un tantino, «perché adesso capisco quanto sia difficile, pur con un rinnovamento in corso, procedere in modo lineare in un Paese abituato allo zig-zag, ai pasticci, agli accordi sottobanco. Ma resto determinato e sereno, con me ho la giunta, compatta, e va- do avanti: vogliamo tener alto il profilo dello Stato». Formentini insiste, racconta e ripete che il Leoncavallo è un edificio che potrebbe crollare da un momento all'altro. Ha scritto a Dario Fo e Franca Rame, invitandoli ad annullare lo spettacolo di ieri sera: «L'incoscienza di chi va ad esibirsi lì, soprattutto se artisti di vecchio pelo, non aggiunge di buono». Spiega e rispiega che la sua ordinanza di sgombero è «per l'edificio ad altissima pericolosità, vogliamo verificare strutture e condizioni igienico-sanitarie». Come dire la legge è legge, e in questo caso sta dalla parte mia. Che poi il Leoncavallo sia un obiettivo della Le- ga, questo è un altro discorso. Ma è proprio questo l'incubo di Formentini (e della Lega). In campagna elettorale il Leoncavallo era diventato il problema di Milano. In agosto, grazie a Umberto Bossi, era diventato il problema più importante della Milano con sindaco leghista, il simbolo, la fortezza da espugnare. «Io un mio progetto ce l'ho», diceva in agosto Formentini. Ed era proprio questo, prenderli, quelli del Leoncavallo, con l'ordinanza di sgombero per motivi di sicurezza e igiene. Ma il Leoncavallo è diventato un simbolo anche per chi oggi è contro la Lega e ieri, magari, contro il Leoncavallo, covo di autonomi e fabbrica di molotov. A Formentini hanno chiesto se è soddisfatto dell'ordinanza della prefettura, in fondo gli dà ragione, al Trotter non andranno, no? «Non è questione di aver ragione, noi ci siamo mossi secondo la legge, gli altri hanno trafficato sottobanco, come sempre». Gli altri sarebbero prefettura e questura. «E poi - insiste il sindaco - diciamo le cose come stanno. Il Leoncavallo è lì da 18 anni, 18 anni di illegalità, mentre giunte precedenti e partiti vari, per lassismo o altro, della questione giovanile colpevolmente non se ne sono mai occupati. Adesso che ce ne occupiamo noi saltano fuori problemi di ogni tipo». Ultimo problema, che adesso diventa il primo, è trovare un'altra area per il Leoncavallo. Fino a quel momento, fermi tutti, con buona pace dei giovani del Leoncavallo e dei bambini che vanno a scuola al Trotter. Formentini, tra un «disdicevole» e un «vergogna», suo malgrado ne deve prendere atto. E non basterà la manifestazione leghista di questa sera, davanti a Palazzo Marino, striscione già pronto «Milano non è il prefetto Rossano! Milano è libera e vuole giustizia!», corteo fino in prefettura, presenti «i massimi esponenti della Lega» e chissà se arriverà pure Bossi. Giovanni Cerruti Dura lettera a Fo e Franca Rame: da incoscienti esibirsi in un luogo che può crollare A destra gli edifici del parco Trotter destinati dal prefetto al Leoncavallo. A sinistra la manifestazione dei bimbi contro il trasferimento

Luoghi citati: Comune Di Milano, Milano