Dentro tutti i misteri da Calabresi a Gladio di Giovanni Bianconi

Dentro tutti i misteri da Calabresi a Gladio Dentro tutti i misteri da Calabresi a Gladio IL RAMPOLLO COL MITRA IROMA L suo nome è comparso perfino negli archivi di Gladio. Era stato contattato, Gianni Nardi, per far parte della struttura clandestina anti-comunista e anti-invasione dei servizi segreti. Era stato contattato come altri neofascisti, saltati fuori nelle liste trovate negli archivi del Sismi: Enzo Maria Dantini, Gianfranco Bertoli, Marco Morin, Manlio Portolan. Tutti presi in esame ma poi scartati, risultati «negativi». Forse perché troppo politicizzati, troppo fascisti per una struttura che, almeno nella sua veste ufficiale, doveva apparire solo patriottica. E per gli archivisti di Gladio, il neofascista ex para che oggi viene dato per resuscitato, era morto. Il suo nome figura nell'elenco completo, alla lettera N. C'è scritto: «Nardi Gianni, sigla 0565, classe 1946, data richiesta 5-6-70, esito N. (cioè negativo, ndr)». Poi, su questa serie di dati, c'è un tratto di penna che cancella tutto, e a fianco la dicitura: «deceduto». E' la verità, oppure è passata anche da lì l'operazione di copertura di Gianni Nardi, un fanatico «nero» con il vizio del rischio e delle armi? Già negli Anni Sessanta Nardi - nato da una famiglia ricchissima di Ascoli Piceno, figlio di un costruttore aeronautico, trapiantato a Milano, servizio militare tra i para della Folgore, un poligono di tiro impiantato nella villa marchigiana - comparve nelle inchieste giudiziarie sul terrorismo nero. Fu quando l'allora giudice istruttore Gerardo D'Ambrosio, oggi procuratore aggiunto di Milano e coordinatore del pool «Mani pulite», indagava sull'omicidio con rapina di un benzinaio in piazzale Lotto. Gli investigatori indicarono una pista bell'e pronta, con nome e cognome di un assassino pronto a confessare, ma D'Ambrosio volle andare più a fondo, finché non smaso? «rò il vero omicida, un giovane -che faceva parte di un gruppetto di «neri» capeggiato, appunto, da Gianni Nardi e dal suo amico Giancarlo Esposti. Erario stati loro due a procurare la «Beretta» militare usata per ammazzare il benzinaio. Esposti morì due anni più tardi, nel maggio del 1974, in uno scontro a fuoco con le forze dell'ordine che l'avevano sorpreso a Pian del Rascino, in provincia di Rieti, dove aveva messo su un Campetto para-militare. Aveva fondato le Sani, Squadre d'azione Mussolini, e ne faceva parte anche Gianni Nardi, che però nel '74 era già latitante. Sì, perché dopo essere stato fermato al confine con la Svizzera su una Mercedes carica di armi, il 20 settembre del '72, gli era piovuta addosso adirittura l'accusa di aver ammazzato il commissario Calabresi. Successe che con lui, al confine svizzero, furono arrestati anche il fascista romano Bruno Luciano Stefano (poi indiziato per il golpe Borghese) e una ragazza tedesca, Gudrun Kiess. Tutti riottennero la libertà pochi mesi dopo, nel febbraio del '73, ma poi venne fuori una testimone, Luigina Ginepro, compagna di cella della Kiess, la quale raccontò ai giudici che la tedesca le aveva confidato il nome dell'assassino di Calabresi: Gianni Nardi. Scattò l'ordine di cattura, ma il fascista stavolta riuscì a fuggire nella Spagna di Franco. Lì fu catturato, ma l'estradizione venne negata, e Nardi tornò libero. Libero, ma non Italia. Ufficialmente restò in Spagna, dove continuò ad avere rapporti e probabilmente assistenza da quella sorta di «Internazionale nera» che gestiva le operazioni dei fascisti in Sud America e in Europa. E in Spagna Gianni Nardi morì ufficialmente il 12 settembre 1976, quando si schiantò a bordo di una 127 a Campos, nell'isola di Maiorca. Morì in compagnia di un fascista boliviano, Arnaldo Costa Vina. E lì fu riconosciuto dai parenti e sepolto. Il mistero, dunque, se Nardi è invece vivo e vegeto, comincia proprio dal cimitero di Campos. La madre del fascista, Cecilia Amadio, giura che suo figlio è morto e annuncia querele contro chi sostiene il contrario, «ledendo la memoria» di Gianni. E il suo avvocato di un tempo - il perugino Fabio Dean, lo stesso di Licio Gelli - ricorda che andò lui stesso con il cugino di Nardi, Gabriele, a riconoscere la salma: «Aveva solo qualche lesione al volto, ma era perfettamente riconoscibile». Ma perché non fu portato in Italia? «La madre - risponde Dean - volle lasciarlo lì perché era l'unico territorio in cui era vissuto libero. Da noi c'era ancora l'accusa per l'omicidio Calabresi, archiviata più tardi. E poi ci volevano diverse autorizzazioni, una procedura lunga e difficoltosa». Anche la burocrazia, insomma, è servita a tenere in vita il mistero sulla sorte di Gianni Nardi. Giovanni Bianconi Solo la madre non ha dubbi: Gianni I è sepolto in Spagna j I j Su Gianni Nardi (sopra) indagò anche Gerardo D'Ambrosio (a lato)