II dramma dell'Istria riproposto dopo 50 anni d'oblio imbarazzato di Enzo Bettiza
r TIVÙ'& TIVÙ' II dramma dell'Istria riproposto dopo 50 anni d'oblio imbarazzato IL dramma dell'Istria in due puntate trasmesse da Ramno, create e ideate dalla collega istriana Anna Maria Mori ottimamente assistita dal regista Riccardo Vitale, è stato riesumato per tanti ignari da 50 anni d'oblio imbarazzato in una serie di sequenze elegiache e tragiche, di cupi spezzoni di repertorio, d'interviste storiche e personali interessanti e spesso impressionanti. Va subito detto che questo documentario intenso, di volta in volta fosco, poetico, esplicativo, straziante, presenta due meriti essenziali. Anzitutto esso restituisce ai 350 mila istriani dell'esodo quasi biblico, compiutosi fra il 1946 e il 1947, un'identità umana e civile oltreché nazionale che fu sovente oltraggiata, in quegli anni confusi, da chi voleva vedere nei dignitosi italiani dell'Est che approdavano a Trieste soltanto una massa di fuggiaschi fascistoidi, sciovinisti e irredentisti; quindi esso cerca di spiegare la tragedia istriana (la tragedia di una terra che in due anni si svuota e muta geneticamente) in termini politici e morali quanto mai esatti, equilibrati e pacati. E' questo equilibrio, lontano da ogni revanscismo esasperato, che conferisce al documentario e all'Istria che ne è la desolata protagonista la dimensione di un dramma non solo istriano, non solo italiano, ma europeo. L'esodo dall'Istria si inserisce infatti nella catena delle grandi migrazioni postbelliche europee che videro i tedeschi dei Sudeti cacciati dalla Cecoslovacchia, i Volksdeutsche espulsi dal Banato, i prussiani in fuga da Kònigsberg ribattezzata Kaliningrad, gli slesiani germanici evacuati dalla Polonia e i polacchi orientali evacuati a loro volta dai nuovi territori occidentali dell'Urss. Come tanti tedeschi dell'Est dovettero pagare per le colpe e i crimini del nazismo, così gli istriani, fra i quali c'erano cattolici, antifascisti, liberali di formazione mitteleuropea, dovettero scontare con la perdita della terra e dell'identità gli errori della politica fascista e dannunziana che l'Italia fra le due guerre recidivamente perseguì nei confronti degli slavi e della Jugoslavia. Ma tutto ciò, come si è capito chiaramente dal documentario di Anna Maria Mori, non può farci ignorare e perdonare il secondo errore italiano, non più fascista ma comunista, consumato nel se¬ condo dopoguerra sulla pelle degli esuli d'Istria: considerati alla stregua di lebbrosi politici dalle sinistre togliattiane o togliattizzate dell'epoca. Fa rabbrividire una testimonianza della Mori che evoca un convoglio ferroviario carico di poveri e affamati esuli istriani, in provenienza da Trieste per il Sud, al quale i ferrovieri comunisti negano una sosta a Bologna. Episodio simbolico, che fa capire come venne accolta da tanti connazionali l'immigrazione più pulita, meno mafiosa, più laboriosa e più civile che l'Italia abbia mai conosciuto dai tempi della sua storia unitaria. Spiace che nel documentario non si sia fatta una distinzione più chiara fra esuli istriani ed esuli dalmati, che non sono la stessa cosa e non hanno avuto la stessa storia. Meritava una menzione più attenta il martirio di Zara, che fra il novembre 1943 e l'ottobre 1944 fu rasa quasi al suolo da 54 enigmatici bombardamenti aerei alleati. Dice Claudio Magris che gli italiani «non sanno nemmeno dove l'Istria sia». Quanto alla Dalmazia, io direi che dubitano che sia mai esistita. Enzo Bettiza — I :iza
Persone citate: Anna Maria, Anna Maria Mori, Claudio Magris, Riccardo Vitale
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