Le donne i guerriglieri gli amori

Le donne, i guerriglieri, gli amori Le donne, i guerriglieri, gli amori Da Cuba lo ricorda il compagno di allora JSAN PAOLO UE giovani amici argentini in sella ad una vecchia moto sfiatata, alla scoperta dell'America Latina. Il viaggio, con gli appunti di allora che diventano il duplice diario di un'«educazione sentimentale», li segnerà per sempre, anche quando le loro strade si divideranno. Il più grande, Alberto Granado, continuerà a fare il biochimico e a curare i lebbrosi; il più giovane, Ernesto Guevara Sema, diventerà il Che. Ma per Granado, Ernesto è ancora solo il vecchio Fùser, come lo chiamavano quarant'anni fa: il «furibondo Sema» che nelle partite di rugby giocate con gli amici di Cordoba si gettava senza timore nelle mischie più dure. «Ho conosciuto Ernesto quando lui aveva 14 anni ed io 20 - racconta al telefono dall'Avana -. Era solo un ragazzo, ma mi colpirono la sua ironia e la sua incredibile vena polemica, e cominciammo subito a frequentarci. Già allora era una persona fuori dal comune: potevi amarlo o odiarlo, ma ora impossibile che ti lasciasse indifferente». Viaggiatori «on the road» ben prima che Kerouac diventasse lettura obbligatoria di altre generazioni, i due amici dividono il tetto ed il poco cibo quotidiano con gente sempre diversa: minatori cileni, indios peruviani, medici colombiani, lebbrosi, poliziotti, avventurieri, turisti. E si imbattono, per la prima volta, in mondi disperati di cui sino a quel momento avevano solo sentito parlare. «A quel tempo, avevamo una coscienza sociale, più che politica - ricorda Granado -, avevamo letto Steinbeck, e la povertà e lo sfruttamento ci indignavano in modo istintivo. Ernesto lo ripeteva sempre: l'America Latina è una moneta con due facce, alla bellezza della natura e alla ricchezza della terra si oppone la miseria dei lavoratori, sfruttati da una piccola élite senza scrupoli. Anni dopo, mi resi conto di quanto quel nostro viaggio sia stato importante perché Fùser si trasformasse nel Che: non sarà mai possibile cambiare nulla senza una rivoluzione, senza l'uso delle armi, mi disse un giorno durante una discussione. Lo ricordo ancora, eravamo sul Machu Picchu». In Colombia, entrano per la prima volta in contatto con i guerriglieri. «Ne avevamo un'idea romantica, pensavamo che fossero delle specie di moderni Robin Hood - racconta Granado - ed invece scoprimmo che non sempre era così, che spesso i contadini ne avevano tanta paura quanto dell'esercito. Ernesto ne fu molto colpito. La principale arma dei guerriglieri, diceva, devono essere i loro ideali, non la violenza». Ma i grandi viaggi sono sempre un po' picareschi, e quello dei due giovani amici non fu diverso. A cominciare per diversi fugaci ma appassionati amori lasciati lungo il cammino. E' soprattutto il Che, ancora senza la barba e l'immancabile sigaro, a far strage di cuori. «Alle donne Ernesto piaceva molto - ricorda ridendo Granado - Va genere, noi "latinos" fai . i-.nio i galanti ed i corteggiatori ad ogni costo; lui no, sembrava quasi indifferente, e le faceva impazzire». Il vero problema era quando Fùser era colto da uno dei suoi violentissimi attacchi d'asma, residui di una polmonite malcurata di qualche anno prima. «Per farlo riprendere ero costretto a fargli delle iniezioni di adrenalina che avrebbero ammazzato un cavallo - racconta il vecchio amico -, per lui combattere in montagna deve essere stato durissimo». I loro cammini si dividono a Caracas, dopo diecimila chilometri di viaggio. Alberto si ferma a lavorare in un lebbrosario, Emesto torna in Argentina. Si salutano sulla pista dell'aeroporto, promettendosi di rivedersi presto per organizzare un altro grande viaggio. Che non faranno mai. Si rivedono solo nove anni dopo, a Cuba. Guevara è diventato ministro dell'Economia di Fidel Castro, e Granado si trasferisce nell'isola per dare il suo contributo all'allora giovanissima «revolución». «Ci siamo visti per l'ultima volta agli inizi di agosto del '65 - ricorda Granado -, io stavo facendo lezione all'università di Santiago de Cuba, e lui mi venne a trovare. Andammo a pranzo in una pizzeria, "Fontana di Trevi" si chiamava, e parlammo a lungo. All'uscita mi abbracciò, e mi disse di aver lasciato due libri per me all'Avana. Era un addio». Gianluca Bevilacqua «Non corteggiava mai le ragazze ma le faceva impazzire» Il Che nella foto scattata da Alberto Korda e diventata un celebre manifesto