Che Guevara i giorni della moto

anteprima. Tutto il Sud America su una vecchia Norton: Feltrinelli sta per pubblicare il diario anteprima. Tutto il Sud America su una vecchia Norton: Feltrinelli sta per pubblicare il diario Che Guevara, i giorni della moto In viaggio nel '52, anticipando Indiana Jones mNA forte asma bronchiale lo tormentò fin dall'infanzia. Dunque, se fosse vivo oggi, a 65 anni, il dottor Ernesto Guevara, oltre a essere uno dei dinosauri di Cuba, ultimo baluardo comunista del ventesimo secolo, soffrirebbe di un grave enfisema polmonare. Il dottore venne però ucciso il 9 ottobre 1967 a Las Higueras («luogo dove crescono i fichi»), solitario canalone a 2 mila metri nella Bolivia più povera e immobile. Aveva 39 anni; da 17 mesi, in incognito, guidava una guerriglia romantica e disperata. I militari boliviani e i Rangers che lo catturarono e lo uccisero commisero però un fatale errore. Per provare che il famoso guerrigliero era veramente morto, lo fotografarono e lo filmarono: disteso su un lavatoio, nudo dalla cintola in su, circondato da tronfi e grassi colonnelli. Un uomo bianco, magro, molto bello, con una barba incolta e gli occhi resi chiari dalla morte. Non si resero conto di aver fotograto un Cristo del ventesimo secolo; di aver riprodotto, su un lavatoio boliviano, la Deposizione del Mantegna. Era già famoso in vita, il Che Guevara, ma quella fotografia gli diede l'immortalità. Nell'anno seguente - niente meno che il 1968 - il suo ritratto prese a sfilare insieme alla barba di Ho Chi Minh, al sorriso timido di Alexander Dubcek, al severo Lenin, alla fragile Rosa Luxemburg, che peraltro preludeva a Virginia Woolf. Venticinque anni dopo, gli altri sono passati; il Che no. Lo si trova sempre sulle magliette, sui poster, sulle riviste, su Samarcanda, su una scatola di sigari. Da dieci anni è persino una star nel musical americano Evita, nella parte dell'eterno idealista. Tra dieci giorni, in tutte le librerie italiane arriverà un altro Che Guevara. Con una tiratura di centomila copie, l'editore Feltrinelli propone Latinoamericana, il diario ritrovato a Cuba di un viaggio compiuto dal giovane Guevara e dal suo amico Alberto Granado attraverso l'America Latina. Una versione, corredata da rare fotografie, raccoglie i diari dei due giovani; un'edizione economica, al prezzo stracciato di 8 mila lire, lo scritto del solo Guevara. Per Carlo Feltrinelli, che ha voluto fortemente la pubblicazione e che si è assicurato i diritti mondiali del libro, si tratta di una scommessa e di un debito. Suo padro Giangia- como, alla fine del 1967, venne urgentemente convocato a Cuba da Fidel Castro, di cui era amico e prese visione di molti fogli fotocopiati. Era il diario del Che, misteriosamente arrivato all'Avana. Giorno dopo giorno Guevara vi aveva annotato le difficoltà della guerriglia, i pochi successi, fino ai giorni finali dell'accerchiamento. Era il diario di una sconfitta, ma Castro e Feltrinelli concordarono: pubblicare. Il Diario del Che in Bolivia ha conosciuto un successo incessante: solo in Italia, 17 edizioni per più di mezzo milione di copie vendute. In copertina, uno scatto del fotografo Alberto Korda: il Che con il baschetto e il giubbotto, che guarda lontano. Era il 1965, un meeting all'Avana in onore di due visitatori illustri: Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Korda, sorridendo, commenta ancora oggi che se, invece di regalare il negativo a Giangiacomo Feltrinelli, avesse mantenuto i diritti, sarebbe un milionario. In dollari. Latinoamericana è un libro che non mancherà di affascinare chi ama le avventure, le ambientazioni lontane e la mitologia politica. Siamo nel 1951; Ernesto Guevara, figlio di una buona famiglia borghese, ha 23 anni: studente in medicina a Buenos Aires, è un «macho» che gioca a rugby e a football, che canta e balla i tanghi di Gardel, tifa per il River Piate, un guascone che ama la polemica politica. In Argentina, all'epoca la nazione più ricca del mondo, al governo c'è Perón, il cui populismo la famiglia Guevara tutta disprezza apertamente. Ernesto comunica ai genitori che partirà con l'amico Alberto Granado, un biochimico esperto in leprologia, più vecchio di lui, un comunista, che si è fatto un po' di carcere. Staranno via almeno un anno, visiteranno i lebbrosari, ma soprattutto vogliono scalare montagne, toccare oceani, possedere un continente. Partono a bordo di una motocicletta Norton 500 ce, soprannominata «La Poderosa II», che presto crollerà esausta; caricano a bordo un cane randagio di nome «Come Back»; ben presto assumono un «aspetto patibolare». I due passano dalle montagne di Bariloche al Lago Titicaca a Machu Picchu; navigano sul Rio delle Amazzoni, salgono clandestini su un cargo cileno, allenano una squadra di calcio in Perù, lavorano come pompieri volontari, lasciano indietro diverse ragazze sognanti; si sbronzano spesso; in Bolivia assistono a uno sciopero di minatori, in Cile sentono parlare di un certo Salvador Allende; a Iquitos vanno al cinema a vedere Stromboli di Rossellini con Ingrid Bergman («Veramente brutto», annota Guevara). Più conscia di appartenere alla storia la parte di Granado, rielaborata sulla base degli appunti. Frizzante, acuta, con molto senso dell'umorismo e una bella capacità di cogliere i dettagli, la scrittura del futuro «Che», che si dimostra ragazzo bien enlevé, di buone letture, spregiudicato, ma con metodo. Lo stimolano sia i grandi monumenti Incas che le povertà contadine, i monopolii yankees, la vastità di un continente diviso che però parla tutto nella stessa lingua. Ma non è ancora rivoluzionario, il futuro Che. Si descrive a volte come «un gentiluomo in cammino», o ancora come parte «di quell'aristoscrazia in estinzione che sono i viandanti», legge Garda Lorca, pensa a Jack London, Albert Schweitzer, forse Huckleberry Finn. In quell'anno i suoi coetanei yankees divoravano II giovane Holden; lui anticipava di un quarto di secolo Indiana Jones. Emesto Guevara tornò a Buenos Aires nel luglio 1952, accolto dalla famiglia festante. Ma aveva fretta. In pochi mesi si laureò in medicina e poi ripartì. Sette anni dopo fu il primo a entrare all'Avana, avanguardia dei «barbudos» di Fidel Castro. A 30 anni diventò ministro dell'Economia di Cuba, governatore della Banca centrale, teorico dell'industrializzazione e degli «incentivi morali», propugnatore della necessità di «essere duri senza perdere la propria tenerezza», artigiano della tecnica della guerriglia. Nel 1965, in tutto silenzio, se ne andò da Cuba e prese a scarpinare per i canaloni della Bolivia. Diventerà un nuovo cult book, questo Latinoamericana? Possi¬ bile, seriamente possibile. Perché c'è azione, avventura. E perché il Che rimane - insieme con James Dean, Bob Dylan, John Lennon e pochi altri - uno il cui poster in camera da letto non sarà mai strappato. A\ massimo, riposto in armadio. Perfino la sua casa natale in Argentina, a Rosario, è stata dichiarata dal governo «luogo di interesse turistico». Il giornalista Gianni Mina, che per primo ha scoperto l'esistenza del Diario, vorrebbe produrre un film, possibilmente con la regìa di Gabriele Salvatores. Avrebbe voluto essere un eroe per gli oppressi del Terzo Mondo, Guevara. E' continuamente destinato a essere consumato dal Primo Mondo. Ma ai ragazzi che leggeranno il libro verrà una voglia pazza di mettersi in viaggio. Attenti, genitori: c'è il rischio che tornino a casa comunisti. Enrico Deaglio Dal lago Titicaca al Rio delle Amazzoni. Vede «Stromboli» diRossellini e annota: «veramente brutto» Aveva 23 anni giocava a rugby ballava i tanghi di Gardel e tifava per il River Piate Il capo guerrigliero morto: l'immagine divenne oggetto di culto Ernesto Che Guevara negli anni di Cuba, quando divenne ministro dell'Economia. Nell'immagine piccola, con Fidel Castro