Un delitto da film divide gli Usa

Un delitto da film divide gli Usa Hanno massacrato i genitori: «Abbiamo reagito ad anni di molestie sessuali» Un delitto da film divide gli Usa Due fratelli rischiano la condanna a morte SANGUE IN FAMIGLIA A HOLLYWOOD LA caustica osservazione di Alfred Hitchcock secondo cui «l'omicidio è di casa fra le mura domestiche» può apparire superata di fronte ai massacri che avvengono nelle strade dell'America moderna. Ma il regista conosceva bene i suoi pari del regno dell'industria dell'intrattenimento di Hollywood. E lì, la sua considerazione rimane sempre valida. La patria degli «omicidi domestici» rimane quell'enclave di benessere e privilegi che si distende dagli opulenti sobborghi dell'Orange County fino all'area delle «Tre B»: Beverly Hills, Brentwood e Bei-Air. Due fratelli, Lyle e Erik Menendez, stanno affrontando un processo in cui rischiano la condanna a morte. Sono accusati di aver ucciso a Beverly Hills i loro genitori, Jose e Kitty Menendez, in una domenica notte dell'agosto 1989. E fra pochi giorni si assisterà alla fine della fase più drammatica del processo, perché Erik terminerà la sua deposizione durata quasi due settimane e cominciata quando Lyle era sceso dal banco dei testimoni in cui era comparso per nove giorni. Jose e Kitty stavano guardando la televisione nel soggiorno della loro villa da 6 miliardi di lire quando entrarono i due figli, entrambi armati con un fucile a pompa. Colpirono il padre con 5 colpi, contro la madre spararono 10 volte. Per quasi quattro anni Lyle e Erik, che oggi hanno 25 e 22 anni, si sono proclamati innocenti. Ma a luglio, dopo una vertenza durata tre anni, un tribunale ha deciso che la confessione che Erik aveva fatto a uno psico-terapista (e che era stata registrata su nastro) poteva essere utilizzata nel processo. Poi, circa una settimana prima che il processo cominciasse, i fratelli hanno ammesso il duplice delitto e hanno iniziato a sostenere una drammatica linea di autodifesa ba¬ sata su anni di abusi sessuali e psicologici da parte dei genitori e sulla paura che papà e mamma volessero ucciderli. Se le due giurie, che simultaneamente seguono il caso, decideranno che è un caso di omicidio premeditato, i due fratelli potrebbero essere condannati a morte. L'accusa lo chiede, perché - sostiene - i fratelli hanno ucciso pei avidità (l'eredità vale quasi 22 miliardi e mezzo di lire) e hanno poi inventato la storia degù' abusi sessuali. La vicenda presenta poi un altro aspetto inquietante. Prima del delitto Erik aveva scritto una sceneggiatura con protagonista un giovane, ricco, che uccide i genitori per l'eredità. Lo aveva intitolato «Il delitto perfetto» e la madre lo aveva aiutato nella stesura del testo a macchina. In aula, il giovane ha detto che si era ispirato a un film, «The Billionaire Boys Club». I «ragazzi» - il pubblico li chiama in questo modo che quasi suona come una attestazione di credibilità alla loro tesi difensiva - sono l'incarnazione dei monelli ricchi e viziati. Lyle è stato sospeso un anno da Princeton per aver copiato a un esame; e anche Erik ha avuto problemi al college. Entrambi preferivano il tennis, e il padre li incalzava perché eccellessero nei tornei. Lyle disprezzava la sua Alfa Romeo rossa, la chiamava «un pezzo di merda», e voleva una Porsche (acquistata poi dopo il delitto, insieme a un ristorante e a orologi Rolex). I fratelli hanno poi sempre tenuto un atteggiamento sprezzante di fronte alla legge. Erik è stato condannato per un paio di furti, ed entrambi hanno usato più volte documenti falsi: anche per acquistare i fucili a San Diego, 2 giorni prima dell'omicidio. Il padre, Jose, era un immigrato, fuggito a 16 anni dalla Cuba di Castro grazie al fatto che la sua famiglia era ricca. Era animato da un frenetico desiderio di avere successo, una febbre che aveva imposto ai figli. Caratteristica che gli avevano consentito di diventare il presidente di una compagnia di video di Hollywood posseduta dalla casa produttrice dei film «Rambo». Un lavoro da un miliardo e mezzo di lire l'anno, che gli aveva anche permesso di diventare amico di Sylvester Stallone. La madre, Kitty, aveva 47 anni al momento della tragedia (due più del marito). Era lo ste¬ reotipo della moglie annoiata di Beverly Hills e trascorreva le sue giornate cercando di rintracciare le vecchie fidanzate del marito, per poi infastidirle. No, non era una famiglia felice. Un'altra figura importante nella vicenda è quella dello psicologo da 240 mila lire all'ora. Il dottor Jerome Oziel ha consegnato il nastro con la confessione alla polizia, ma in mesi di terapia non aveva saputo nulla sui presunti abusi sessuali. Un ruolo chiave, poi, lo svolge anche la stampa. Il giudice ha proibito l'uso di telecamere fisse in fondo all'aula del tribunale (la procedura abituale), costringendo le reti ad accordarsi per installare una telecamera sul soffitto, con costi considerevoli. Lo spazio nel tribunale è poi così piccolo che ai giornalisti sono riservati soltanto 10 posti, mentre il pubblico si mette in coda fin dal mattino per poter entrare. Alcuni giornalisti sostengono che la tesi difensiva dei due fratelli è inventata, ma la storia delle molestie ha creato nel pubblico un diffuso sentimento di comprensione e simpatia verso Lyle e Erik. Questa è almeno l'impressione che si ricava seguendo «Court Tv», un network che trasmette soltanto processi. A proposito del caso Menendez, i telespettatori vengono invitati a telefonare e a commentare la vicenda e molte persone si esprimono in termini favorevoli ai fratelli, sostenendo che «solo chi ha subito abusi sessuali può capire che significa quell'esperienza». La storia che Lyle e Erik hanno raccontato in aula si è rivelata straziante. Hanno offerto un'immagine fanciullesca, innocente, chiaramente orchestrata dai rispettivi avvocati. Erik è scoppiato in lacrime raccontando, con molti dettagli, che le molestie da parte del padre erano cominciate quando lui aveva solo 6 anni e si erano poi trascinate fino al momento dell'omicidio. Anche Lyle ha parlato di abusi da parte del padre, aggiungendo che erano cominciati quando aveva dieci anni. E ha spiegato l'umiliazione che aveva provato quando la madre gli aveva strappato il parmcchino. Chi crede ai due fratelli sostiene che i loro racconti non possono essere frutto della fantasia. Ma i più cinici incalzano sostenendo che Lyle aveva studiato recitazione e che Erik potrebbe attribuire al padre episodi omosessuali che il giovane si sospetta abbia vissuto in alcuni locali gay di Beverly Hills. Christopher Reed Copyright «The Guardian» e per l'Italia «La Stampa» lilla sceneggiatura ha ispirato l'omicidio Il pubblico li difende La stampa accusa «Volevano i soldi» La famiglia Menendez e a fianco i due figli: da sinistra, Lyle ed Erik

Persone citate: Alfred Hitchcock, Christopher Reed, Court, Erik Menendez, Jerome Oziel, Kitty Menendez, Menendez, Sylvester Stallone

Luoghi citati: Cuba, Hollywood, Italia, San Diego, Usa