Gli scrittori smascherati di Marco Vallora

Gli scrittori smascherati / nuovi ritratti di Pericoli Galleria di malizie a Milano Gli scrittori smascherati Tolstoi coi boccoli, Poe micragnoso MILANO A ' IOVANNI Papini ha gli I occhiali come appanna; 1W ti dalla miopia, l'esitan- I "Ite sorriso scalpellato nel ghiaccio, e un solino di marmo che lo trasforma quasi in un busto, pronto per quella imprevedibile Biblioteca di Babele, là dove anni fa molti scoprirono il suo talento nero di scrittore di misteri. Chesterton è infagottato in un pastrano generoso e affabile come le prediche del suo Padre Brown, Stevenson ha il volto spiegazzato dentro un suo torvo cruccio alcolico, Kipling l'aria confidenziale del medico coloniale, cui si possono confessare anche certi veniali peccatuzzi. Sono le nuove bellissime immagini spruzzate di pastello che Tullio Pericoli espone alla Galleria Jannone di Milano (corso Garibaldi 125) e che sporgono anche, come da un ovale malizioso, da un oblò di perenne villeggiatura, dalle copertine della nuova edizione che Franco Maria Ricci ha programmato per quella geniale collana - ormai quasi ventenne - concertata assieme a Borges. Ed eccolo anche qui, Borges, insignito di un forte naso alitante, quel naso di cane da fiuto che gli permetteva di vedere il mondo, annusando l'intorno. E' una novità, questa tecnica del pastello, per il disegnatore di tanti indimenticati ritratti letterari e si sente subito come Pericoli sfrutti la vena pastosa e colorata della matita grassa per inventare uno stile nuovo, e a prima vista sorprendente. Forse, ad un primo sguardo superficiale questi ovali ridotti all'essenziale - una rapida scossa di colore che si fa subito indagine psicologica, maschera interpretativa - possono apparire meno catturanti di altri precedenti ritratti: che giocavano la loro genialità anche nell'apparato di oggetti di contorno e dettagli d'affezione. Ma se si guardano con più penetrazione questi ultimi medaglioni, ci si rende conto di come tali sapienti «sanguigne», ridotte all'osso dello sguardo, rappresentino quasi un'ulteriore prova di virtuosismo, un esercizio ancora più ri- ,• schioso, sopra il periclitante trapezio del segno. Risultati come sempre geniali: letture acutissime dell'opera del letterato, attraverso i suoi tratti fisiognomici, vero e proprio «racconto» critico. Così ci si diverte a sorprendere la gonfia cordialità scravattata di London, che assomiglia a Dylan Thomas, si ammira la floscia arrendevolezza sconfitta di Cortazar, i cernecchi sussiegosi di Hawthorne e quella piccola marina muschiata del mantello informale di Melville, oppure Oscar Wilde con il florido faccione facondo, sovrastato da una capannuccia di capelli verdi come il suo leggendario garofano. Poi i boccoli tempestosi di Tolstoj, e la faccetta micragnosa di Poe dominata dalla sua cravattona regimental, la montagna bovina di barba e di bonomia di Alarcon. Si danno dei volti anche a dei nomi molto amati: il raveliano naso appuntito di Saki, quasi un tagliacarte, Villiers de l'Isle Adam con la barba da spadaccino e le pieghe dei suoi cernecchi sussiegosi come la sua prosa ben pettinata, Machen il raccontatore matematico, con la sua gabbia anatomica d'impianto cubista. Pericoli è i:, % un indagatore J finissimo, lo dicono i suoi ritratti: anche quando deve inventarsi volti mai visti, come la glabra faccia di bambù di P'Usung Ling, o quella sfuggente di Hinton. Certo, per chi ha conosciuto qualcuno di questi personaggi, è un sobbalzo vedersi ancora di fronte Calvino, con l'ampia faccia di esitante ragazzo dal sorriso timido ed impastato, la calvizie schioccante come un balbettato esclamativo, che poco a poco invade lo spazio luminoso del foglio, colmato non già di libri, ma da un archivio di schedari. Oppure Gùnther Grass, gli occhi stretti di mongolo ed i baffi soffianti di gatto irritato, che soverchiano l'intera finestra del ritratto. O ancora Pasolini, la timidezza spavalda del suo sporgersi sul mondo, ed i tratti ammaccati del volto, innervosito dal bisticcio d'inchiostro. Lacan, mastino dal sigaro contorto come una parola che viene dall'inconscio e Graham Greene, la pappagorgia cascante e la piega bisbetica delle palpebre, soltanto minimamente raddolcita dalla hawayana camiciola di pensionato della Costa Azzurra. O ancora la perfida diffidenza distratta, tipica di un sordo, regalata a Bunuel, temibile primo della classe con il suo sfavillante papillon ed il suo leoncino d'oro di Venezia appuntato come una spilla. Difficile avere un'immagine più riassuntiva di Kafka, con quella sorta di fotogramma sfasato, che fa ricominciare in alto le polacchine dell'esile praghese, come se la figura si ripetesse all'infinito (è proprio la teoria borghesiana dell'orrore dell'immortalità). Oppure quel Musil dal borsalino minaccioso di gangster, cassiere che governa una cascata ciclopica di fogli tutta boccolante, sino a terra, come una parrucca di Lully. E Woody Alien, timido Zelig che prova le sue fisionomie, staccando da sé nasi carnevaleschi. Ma c'è anche l'autoritratto, ovviamente: con un PericoliLittle Nemo che naviga su un lettone-piroscafo, gli occhialetti stupefatti di bambino svegliato dalla Notte, ed una marea di relitti, di pennelli, di tubetti e lettere d'alfabeto che il lettone sembra risucchiare come in un maelstrom. Marco Vallora l f'M ^? \mv- Wt mi il k f ;■ ■ .! ; J Personaggi rivisitati dal pennello di Tullio Pericoli: sopra Jacques Lacan, a destra Nataniel Hawthorne, sotto Giovanni Papini

Luoghi citati: Milano, Venezia