Gu Cheng, poesia passione politica di Domenico Quirico

Gu Cheng, poesiae passione politica Lo scrittore cinese, 37 anni, uccide la moglie con l'ascia e si impicca in Nuova Zelanda Gu Cheng, poesiae passione politica Cacciato dopo la Tienanmen, la sua vena si era inaridita L~|A poesia vi consento di fare allusioni metaforiche, di controllare i buoni costumi, di muovervi in —I società e di esprimere le vostre lagnanze»: a Gu Cheng, giovane poeta cinese noto anche in Occidente, il celebre canone poetico di Confucio (Shi jing), purtroppo, non è bastato. E' finito impiccato a un albero in un'isoletta della Nuova Zelanda dove aveva trovato rifugio da sette anni, dopo essere stato bandito dai signori della Città proibita a cui la voce della poesia è fastidiosa oggi come venticinque secoli fa. A pochi metri, il cadavere della moglie, uccisa a colpi d'ascia, prima di togliersi la vita. Una macchia di sangue e di orrore alla fine di 37 anni intrecciati di versi e di passione politi¬ ca; come è destino obbligatorio in un Paese dove la poesia, da sempre, è condannata a esprimere la critica al potere e contemporaneamente a trasmettere le virtù della civiltà. Lui, raffinato osservatore di se stesso, entomologo della propria anima come si imponeva a un accanito lettore dei libri di Fabre, ultimamente viveva confezionando gli involtini primavera, il piatto tipico della cucina cinese. Un beffardo e straziante messaggio, a ricordare che lontano dalla Cina la sua voce poetica si era spenta, inaridita. Gu Cheng era un uomo di quella troppo breve primavera di Pechino appassita alla fine degli Anni Settanta, quando lo choc della Rivoluzione culturale dava voce a una generazione senza radici, costretta a esprimere in versi e in prosa la propria angoscia. Il partito li accusava di essere oscuri, «menglong», traditori di quell'ottimismo che solo ha udienza in tutte le Città Proibite del mondo. Lui, invece, continuava a raccontare furiosamente nella raccolta Gli occhi neri i fotogrammi della propria anima. Quando il vecchio imperatore mandò i carri armati a cancellare il sogno dei suoi coetanei sulla Tienanmen, la sua protesta divenne chiara, esplicita e gli costò il bando. Il suo epitaffio l'ha dettato Shi Ting, un altro di questi «poeti nebbiosi»: «Abbiamo respinto tutte le ideologie, / spezzato tutte le catene / e del nostro cuore, non resta / che un vasto deserto. Domenico Quirico

Persone citate: Cheng, Fabre, Ting

Luoghi citati: Cina, Gu Cheng, Nuova Zelanda, Pechino