«Prodi si è impadronito di una politica che non c'è»

«Prodi si è impadronito di una politica che non c'è» «Prodi si è impadronito di una politica che non c'è» DOPO L'ADDIO AL MINISTERO PROMA AOLO Savona, caratteraccio sardo, ha inferto un vulnus grave al governo dei professori e del governatore. Proprio lui tradisce il club, lui che nasce all'ufficio studi della Banca d'Italia e che da quella scuola proviene. «Ma sia chiaro - scandisce, raggiunto telefonicamente pochi minuti dopo l'annuncio delle sue dimissioni da ministro dell'Industria - che non si tratta di un bisticcio tra professori. E' in gioco ben altro, sono in gioco questioni non accademiche, ma squisitamente politiche. Qui si tratta della politica industriale del Paese, o meglio dell'assenza di una politica industriale e del tentativo di farla autonomamente da parte di chi non è a ciò preposto». Il riferimento è, dobbiamo ritenere, a Romano Prodi, presidente dell'Iri, accusato giovedì scorso in un'intervista a «La Stampa» dell'ex segretario repubblicano Giorgio La Malfa, di coltivare un golpe attraverso la privatizzazione di aziende secondo la logica della public company. Tanti padroni, nessun padrone, ò la tesi dell'ex segretario repubblicano, che vi legge anche la volontà della sinistra democristiana di mantenere il suo potere nell'impresa pubblica, in vista di un governo consociativo con il pds. Anche Savona protesta, ma il presidente Ciampi conferma la sua fiducia a Prodi. E Savona, il caratteraccio sardo, ne tira le conseguenze. Che cosa combina, prof. Savona? «Semplicemente dò le dimissioni, seguendo non un impulso del momento, ma una decisione che maturava già da tempo». Ce la vuole motivare? «L'ho ampiamente motivata al presidente del Consiglio. Posso soltanto dirle che le mie riflessioni vertevano da lungo tempo sulla scarsa chiarezza e omogeneità della linea governativa su un tema fondamentale com'è quello delle privatizzazioni. Alcune linee discutibili procedevano nonostante confliggessero con posizioni ben chiare al l'interno del governo». Intende dire che Prodi faceva per conto suo? «Ripeto che questa questione non si può ridurre a un bisticcio tra professori. Il problema è la politica industriale italiana: prima che cessi la proprietà pubblica delle imprese bisognerà pur decidere come questo debba avvenire. E non possono farlo due persone. Lo deve fare il governo nella sua collegialità. Non voglio neanche discutere di public company o di nocciolo duro. Il problema è definire una politica che non c'è». Questa politica non spetta proprio al ministro dell'Industria? «Teoricamente sì». Ed effettivamente? «Di fatto, sembra che la politica industriale venga definita dalle Partecipazioni statali, cioè dalle stesse aziende che occorre avviare alla privatizzazione». Insomma, lei condivide le critiche di La Malfa al presidente dell'Iri e l'accusa di assumere un ruolo che non gli compete? «Guardi che della polemica di La Malfa con Prodi io non sapevo proprio nulla, finché non ne ho letto sui giornali. Le mie riflessioni sull'argomento matu¬ ravano invece da mesi e il mio disagio cresceva di giorno in giorno di fronte alla sordità rispetto alla necessità di definire preventivamente una politica». Cosa intende, prof. Savona, per politica industriale? «Semplicemente, cosa fare, come, in quali settori e con quali strumenti. Non si può affidare questo compito alle stesse imprese da privatizzare. Si tratta di un classico compito di governo». Prof. Savona, come si debbono fare queste benedette privatizzazioni che in tutto il mondo si son quasi compiute senza colpo ferire? «Guardi, io mi sono appena dimesso. Non mi sembra corretto rilasciare interviste. Le posso dire che sono perfettamente d'accordo con quel che ha scritto Sergio Romano». Sergio Romano dice che le privatizzazioni sono più importanti delle mille piccole beghe del sistema politico italiano e che il tema andrebbe affrontato con la massima serietà e trasparenza. «Esattamente. Ed è quello che io ho chiesto al presidente del Consiglio». Ma si dice anche, prof. Savona, che ci sia una guerra di lobby: da una parte Prodi e quel che resta del partito cattolico; dall'altra Mediobanca e i suoi alleati che, per esempio, avrebbero idee diverse sulla privatizzazione di Credit e Comit. «Qui non è questione di dietrologia. Tutti sanno che io sono amico di La Malfa, ma anche di Cossiga. Su questa questione così centrale per il Paese chie¬ do semplicemente chiarezza e trasparenza. Ciò che non vedo. Dicono che io sia sgarbato: può darsi, ma sapesse quanto mi sono sgolato su questa faccenda...». Insomma non è questione di cattolici e massoni, come qualcuno dice. «Ma figuriamoci. Si tratta semplicemente di definire una questione di evidente importanza: la politica industriale del Paese». Che farà adesso Ciampi? «Non so, spero che provveda». Alberto Staterà

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