Savona se ne va un colpo a Ciampi

Riesplode il dissenso sulle privatizzazioni, la decisione del ministro sorprende Palazzo Chigi Riesplode il dissenso sulle privatizzazioni, la decisione del ministro sorprende Palazzo Chigi Savona se ne va, un colpo a Ciampi Sulle publk<ompany governo diviso ROMA. Le privatizzazioni hanno colpito ancora. Il ministro dell'industria Paolo Savona si è dimesso ieri. E il governo di Carlo Azeglio Ciampi trema. Si conferma che la cessione di aziende pubbliche sia fonte di guai per chi se ne occupi. Ma Ciampi non immaginava un esito così traumatico: è sorpreso dalle dimissioni perché credeva di aver chiuso sabato sera le polemiche in materia. Questa volta la clamorosa disputa che crea forti tensioni politiche riguarda il metodo per privatizzare. Sabato mattina Savona, senza peli sulla lingua, ha bocciato la strategia del presidente dell'Iri Romano Prodi. Con toni altrettanto netti, Ciampi però ha confermato la fiducia a Prodi sconfessando Savona. Il ministro ha preso atto di aver perso l'appoggio del presidente del consiglio e poco dopo le 18 ha annunciato l'uscita di scena. Anche il precedente governo, guidato da Giuliano Amato, fu lacerato dai conflitti sulle privatizzazioni. Ora non è in ballo solo il futuro delle cessioni, una bandiera per il governo nonostante gli scarsi risultati. E' in gioco la tenuta della compagine, vista la frattura interna. All'origine del conflitto c'è lo scontro sull'assetto delle aziende in vendita, in particolare Credito italiano e Banca commerciale. Sotto il profilo tecnico le divisioni nascono da un interrogativo: public company o nocciolo duro? Prodi punta alle public company, società con una miriade di azionisti nes- suno in posizione di forza in partenza, per favorire la democrazia economica ed evitare che le grandi imprese siano in mano a poche famiglie (Agnelli, De Benedetti, Pirelli, Berlusconi). Savona mira a creare nelle public company un nocciolo duro, una pattuglia di azionisti con quote limitate ma sufficienti per il comando, in modo da garantire una gestione adeguata, senza pregiudiziali contro nessuno. Savona ha motivato le dimissioni collegandole esplicitamente «alla situazione di conflitto» con Prodi. Poiché Ciampi si è schierato con il presidente dell'Iri, il ministro ha rinunciato all'incarico ricoperto da sei mesi. Nel comunicato ha «preso atto che il presidente del consiglio dei ministri, cui compete e deve essere riconociuta, specie in questo momento, la piena e alta responsabilità dell'intera azione di governo, ha confermato la sua fiducia per il ruolo che il prof. Prodi ha svolto e che rivendica». Savona avrebbe potuto fare diversamente? Ciampi non solo lo ha sconfessato, ma ha diffuso d'autorità una nota per rettificare le sue posizioni. Commentando le dimissioni, fonti della presidenza hanno obiettato che Ciampi riteneva superato il dissidio. Con la nota di sabato aveva ricordato che le decisioni del governo sulle privatizzazioni sono state assunte «in recenti riunioni» con in ministri «all'unanimità» e quindi anche con il consenso di Savona. In altre parole: non c'erano dissensi aperti. Ieri Ciampi ha richiamato il «metodo collegiale» del governo e l'oppoprtunità di scegliere i criteri per vendere «pragmatica- mente di caso in caso»; non ha senso discutere «schemi teorici astratti». Savona ha precisato di essersi dimesso per «contribuire ad assicurare» anche «la necessaria certezza e trasparenza alla futura azione unitaria del governo». In pratica con il suo gesto si dovrebbe ricomporre l'unità nel governo. Ma l'abbandono dell'incarico è un duro colpo per Ciampi che dovrebbe nominare un nuovo ministro. E poi il governo, uscito Savona, è davvero unito sulle privatizzazioni? In teoria sì. Ma i dubbi non mancano. Da tempo si sente ripetere che il ministro del Tesoro Piero Barucci non gradirebbe fino in fondo l'impostazione di Prodi. Per la privatizzazione di Credit e Comit, Barucci ha accarezzato soluzioni diverse, ipotiz¬ zate anche dalla Mediobanca che ha lavorato sulla costituzione di un nocciolo duro. Sembra più in sintonia con Ciampi il ministro del bilancio Luigi Spaventa, il terzo competente per le aziende pubbliche. La tecnica si intreccia con la politica. Per primo l'ex segretario del pri Giorgio La Malfa ha attaccato Prodi, accusandolo di non voler far comandare nessuno con le public company, per lasciare un ruolo ai partiti. E ieri sera La Malfa ha affermato che sarebbe grave se Ciampi facesse a meno di Savona, mentre va ridotta «l'inefficiente e troppo vasta presenza pubblica». Mario Segni, leader dei Popolari per la riforma, ha invece sostenuto Prodi che «punta all'azionariato diffuso, all'allargamento dei soggetti del capitalismo, a uno scenario economico in cui gli attori e i protagonisti aumentino». Il capogruppo della Lega Nord Roberto Maroni teme che Ciampi si dimetta, che si formi un nuovo governo e si rinviino le elezioni. Roberto Ippolito LA POSTA IN GIOCO GRUPPI DA PRIVATIZZARE ENEL. L'ente, guidalo da Franco Viezzoli, occupa 120 mila dipendenti. Nei suo primo anno di SpA ha registrato un utile netto di 234 miliardi, ma l'indebitamento viaggia sopra i 30 mila miliardi STET. La finanziaria Iri per le telecomunicazioni ha 137 mila dipendenti, 22.926 miliardi di debiti, un utile di 1425 miliardi su un fatturato di 23.167. AGIP. Il gruppo petrolifero che fa capo all'Eni è da sempre uno dei maggiori candidati alla Borsa. Nel '92 l'utile netto è di 126 miliardi. Opera in Italia e in 30 Paesi. INA. L'assemblea l'ha divisa in due società: l'Ina SpA e la Consap. I premi nel '92 hanno superato i 2250 miliardi e il risultato d'esercizio è stato positivo per 202 miliardi. COMIT. La banca milanese ha conseguito nel '92 un utile netto di 263,8 miliardi e un risultato lordo di gestione di 1380,4 miliardi. CREDIT. L'altra banca Iri ha segnato nel '92 un utile netto di 208 miliardi. Il risultato lordo di ge- stione è stato di 1123 miliardi. IMI. Con utili di oltre 241 miliardi e un risultato consolidato netto di 430 miliardi, a fronte di finanziamenti per 47.649. E' già presente in Borsa con la controllata Banca Fideuram. Il ministro dimissionario dell'Industria Paolo Savona Sotto: il presidente dell'Iri Romano Prodi