Biagi mosaico italiano di Ennio FlaianoMarco Neirotti

e' in uscita da Rizzoli il suo «dizionario ragionato» su personaggi e fatti di casa nostra e' in uscita da Rizzoli il suo «dizionario ragionato» su personaggi e fatti di casa nostra Biagi, mosaico italiano Centosette tasselli: da Aids a Zotico DI ICE VA Ennio Flaiano: «Mi accorgo che siamo in pochi, ormai, a non conoscere l'Italia. Tutti ne I sanno dire qualcosa». Enzo Biagi sottoscrive e si accomoda fra i pochi. E, per «cercare di capire questo straordinario Paese», raccoglie fatti, personaggi e osservazioni e li riordina in un libro, I come Italiani, che Rizzoli sta per mandare in libreria. E' una «guida pratica», una sorta di dizionario con 107 voci (qui a fianco ne pubblichiamo alcune), da Aids a Zotico. Ci sono le città (Bologna, Catania, Milano, Roma), i protagonisti (Casanova e De Filippo, la Lollobrigida e Sciascia, Falcone e Bongiorno), la quotidianità (fame e tv, lacrime e pudore), il nostro linguaggio (da culo a cornuto a vu' cumprà), i fenomeni più attuali (da Tangentopoli alla Lega). Scrive Biagi: «Non mi considero giudice, ma testimone e anche coimputato. Scegliete voi da dove cominciare». Scusi, Biagi, cominciamo da lei. L'hanno chiamata Stakanov: è da poco uscita «La disfatta» ed ecco già qui un libro nuovo. Non è una gran fatica? «No. Il mio mestiere è scrivere. Sulla mia lapide andrebbe bene "Ha vissuto e ha scritto". E poi mi sono anche divertito». Si è divertito con un'Italia così disastrata? «Non ha mai sentito quelle vecchiette che, dopo aver visto il film, dicono: quanto ho pianto, mi sono proprio divertita...». Lei afferma: «E' qui che sono nato: e non ho mai sognato un'altra patria». Ma questa ce l'hanno cambiata tra le mani. «Una volta era la Patria con la maiuscola, tutto aveva la maiuscola: il Dottore, il Maresciallo. Ora ha la minuscola, è lo stesso per Dio. Ma la patria è dove sono sepolti i tuoi». E non ha proprio mai avuto la tentazione di andarsene? «No. Anche se ho viaggiato molto, mi smarrisco all'angolo. Quando vado in un posto cerco il ristorante di sempre, magari si mangia peggio, ma quel luogo conosciuto mi protegge. Capisco perché Fellini non è mai andato a Hollywood. I miei riferimenti sono qui. Non sono mai andato lontano dalla piazza del villaggio, da quella Pianaccio che non c'è nemmeno sulle piantine. Si canta che sono tutte belle le mamme del mondo. Questa è la mia». Una madre sempre più cupa. «Rispetto a un anno fa è incomprensibile. Si muove tra macerie morali, che sono peggio delle altre, perché almeno qualche mattone era recuperabile. Alcuni dicono: ripartiamo da zero. Ma io non so dov'è zero. Questo mi angoscia». Da qualche punto si dovrà pur ripartire. «Oggi tutti sono preoccupati di darsi dei codici. E' segno di smarrimento. Basterebbe tornare a quelle dieci regolette scolpite su una pietra». Lei ha viaggiato molto e... «Viaggiare non mi piace. E' il mestiere che è così». Ma, viaggiando, ha notato un popolo dal quale dovremmo imparare qualcosa? «Un po' da tutti. Noi abbiamo tremato per Crotone, la Cina deve dare lavoro e vestire quel mare di gente, la Germania deve sfamare i tedeschi dell'Est. Non c'è grande allegria». Avremo pur un pregio. «Siamo capaci di grandi semimenti, ma durano poco, sono slanci emotivi». Non rischia, il dono dei sentimenti, di essere un alibi un po' retorico? «Se ci si vuole consolare sì. Ma non dobbiamo consolarci, dobbiamo arrangiarci da soli». Lei scrive di Lourdes. Più che ad arrangiarci, non tendiamo a confidare nei miracoli? «Abbiamo sempre aspettato il miracolo. Siamo specializzati in Santi. Non ci rivolgiamo mai a Dio, ma alla Madonna. Come nella vita: non vale chi sei, ma chi conosci. E' così per un passaporto, una visita medica: conosci qualcuno? Sono andato all'ufficio postale per un vaglia. Mi hanno chiesto: è conosciuto? No, però ho i documenti». Lei assolve o no l'Italia? «Mi associo ad Amendola: cara porca Italia...». Marco Neirotti